Magazine Società

Credere e conoscere

Creato il 21 novembre 2011 da Lanterna
Spesso, quando sento le storie di altri atei come me, scopro che vengono da una grossa delusione da parte delle istituzioni ecclesiastiche. Invece io ho avuto un parroco meraviglioso, una persona colta e aperta, sempre tesa verso i giovani e le loro esigenze.
Solo che un bel giorno, a 15 anni, ho capito che io non ero fatta per la fede: non riuscivo a credere in una divinità che se ne stesse nell'alto dei cieli a guardare benignamente i suoi figli e che poi ne premiasse o punisse la condotta. Di più: oltre a non riuscire a crederci, ritenevo che la cosa mi fosse indifferente. Nel senso: che ci sia o no una divinità, non ne ho bisogno per la mia vita quotidiana, perché mi comporto in modo etico (e, se non lo faccio, mi sento in difetto) a prescindere da un eventuale premio nell'aldilà (altra cosa in cui non credo).
Queste sono tuttora le mie convinzioni a riguardo.
L'incontro con il paganesimo mi ha convinta però che ci possa essere un modo di nutrire la propria spiritualità in altro modo, senza dover per forza credere. Io non posso credere, è un dono che non ho, ma posso conoscere il sacro dentro di me. Dove per "sacro" intendo tutto ciò che sta al di fuori della mia prepotente razionalità: emozioni, sentimenti, ricordi, impulsi creativi o distruttivi, desideri e paure, intuizioni e premonizioni.
Da sempre credo che dentro di noi ci sia molto di più di quello che razionalmente accettiamo, ma non ho mai saputo come mettermi in contatto con questo qualcosa. Alcuni lo fanno attraverso lo psicologo, ma mi sembra riduttivo e un po' medicalizzato. Altri lo fanno attraverso la fede, ma io appunto non posso. Il paganesimo lo fa attraverso una serie di tecniche (visualizzazioni e rituali) che non conosco ancora interamente e che voglio approfondire.
Lo so che questo può apparire eccentrico a chi non ha gli strumenti per capire. A mia madre, che si accontenta di un generico cristianesimo senza praticare, la mia scelta appare nella migliore delle ipotesi una ricerca filosofica e nella peggiore un gioco di società. Altre persone si chiederanno perché non posso dire una preghierina come tutti e mettermi l'animo in pace. Altre persone invece si chiederanno il contrario: perché non mi leggo qualche trattato di filosofia o psicologia e amen.
Io credo che i motivi per cui ho intrapreso questo percorso siano perfettamente spiegati da Luca Enoch in Gea: un "pesante" apparentemente rozzo e godereccio spiega alla protagonista che ci sono varie vie per conoscere. I pesanti, per esempio, conoscono attraverso l'eccesso, sia alimentare sia comportamentale. Gea, invece, acquisisce la comprensione delle cose attraverso la musica, ricalcando il comportamento degli sciamani.
Io solitamente, quando c'è qualcosa che mi incuriosisce o mi turba, faccio come Hermione: mi rivolgo ai libri, che mi piacciono e mi rassicurano. Eppure mi rendo conto che questo modus operandi, consolidato in tanti anni, non mi basta più: non voglio più conoscere solo attraverso il cervello, voglio conoscere con tutto il mio corpo. Voglio danzare la conoscenza, mimarla per viverla più intensamente, scoprire quali gesti mi colpiscono nel profondo. Il che non significa solo portare nella danza le mie emozioni, ma anche e soprattutto le mie esperienze e i miei ricordi, per non perderli.
Ricordo per esempio che, poco prima di lasciarmi con il mio ex di 14 anni più vecchio, mi ero infatuata di un mio compagno di master. Mi veniva naturale toccargli i capelli o le spalle, c'ero già abituata e quelli erano gesti che mi venivano spontanei. Anni dopo, quando ero stata sola per troppo tempo e quei gesti avrei voluto compierli su un ragazzo che desideravo e con cui avevo una certa confidenza, mi venivano innaturali: avevo perso la familiarità con quel gesto.
Così come avrò perso la familiarità con i gesti che si compiono con i neonati o con quelli legati alla seduzione di una persona del cui interesse non sei ancora certa.
I gesti si dimenticano, e nessun diario riesce a fissarli per noi. La danza invece aiuta a ricordare anche gesti che credevamo dimenticati, e con esse le emozioni a cui sono legati, e parti trascurate della nostra anima.
La danza aiuta anche a immaginare gesti mai compiuti, a reagire a situazioni in cui non ci siamo mai trovati, a vivere vite che magari vogliamo per 5 minuti ma non certo per tutta la vita.
Del resto, Shiva attraverso la danza crea l'universo e lo riequilibra. Io mi accontento del mio piccolo mondo.

Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :

Magazine