“Alliscio Nicola!” – mi sono girata un po’ disorientata. Quanti anni erano che non sentivo quest’espressione? Un ragazzino sta “sotto”, e fa la conta per giocare a nascondino. Allora esistono ancora ragazzini in questo quartiere? Ed esistono ancora ragazzini che giocano per strada? Un’ondata di nostalgia, mista a euforia, mista a tristezza, mi assale.
Nostalgia per i tempi ormai lontani dei pomeriggi a giocare a nascondino, a uno monta la luna (che detto così, mi rendo conto, potrebbe avere delle assonanze maliziose, ma che altro non era che il gioco della cavallina, più complicato e intrecciato a filastrocche popolari), al classico un due tre stella, ai giri con le biciclette intorno all’isolato, ai palloncini pieni d’acqua da lanciare addosso ai compagni di giochi, per poi prendersi i cazziatoni dei genitori, per essere tornati a casa fradici, sporchi e con qualche strappo sui pantaloni (che all’epoca non erano affatto di moda!). [E sì, sto proprio invecchiando...]
Euforia per la gioia di questi ragazzini che si divertono davvero con poco. Basta un angolo di strada miracolosamente libera dalle auto parcheggiate, un palo su cui fare la conta, e qualche portone lasciato aperto in cui andare a nascondersi. Infondo i ragazzini di oggi sono uguali ai ragazzini di sempre. A tratti più tecnologici, ma sempre fantasiosi, creativi e pieni di vita.
Tristezza perché sono passati forse 20 anni e qui non è cambiato nulla. Non ci sono parchetti, non ci sono giardini pubblici con due giostrine due per i più piccoli, non ci sono spazi di aggregazione per i più grandi. Non c’è una biblioteca, un cinema, una sala dove organizzare concerti, spettacoli, dove provare i primi accordi con i compagni che come te amano suonare. Non c’è un campo di calcetto, né uno di pallavolo, di basket, di hockey, una pista di pattinaggio, una pista ciclabile, uno skate-park, manco un giardinetto per portare in giro i cani…
In questa città, che negli ultimi vent’anni è cambiata moltissimo, è cresciuta, si è allargata, si è anche un po’ modernizzata, nessuno si è ricordato di creare degli spazi per i giovani. E così succede che abbiamo un bel parco al centro della città, che basterebbe veramente poco per renderlo uno snodo importante della vita culturale giovanile: qualche concerto, qualche manifestazione, qualche serata…, e invece niente! Abbiamo luoghi abbandonati che nessuno si prende la briga di mettere a disposizione della cittadinanza, abbiamo quartieri in cui l’unico centro di aggregazione culturale è l’oratorio, perchè le strade sono pericolose, perchè le frequentano le “brutte persone”.Lo sanno bene i ragazzi di Crescere al Sud, un progetto che riunisce diverse realtà presenti sui territori del Mezzogiorno, e cerca di coinvolgere i ragazzi (dagli 11 ai 17 anni circa) in una inchiesta partecipata finalizzata prima di tutto alla presa di coscienza della situazione in cui vivono, dei loro diritti, seguendo poi un percorso insieme ad un gruppo di adulti (educatori, psicologi, esperti della comunicazione) che li guidano in una vera e propria inchiesta su come vivono i ragazzi (minori) in alcune delle più importanti città del Sud.
Io ho avuto la fortuna di incontrare i ragazzi che partecipano al progetto di Bari, seguito dall’associazione Kreattiva che da anni lavora per la tutela dei diritti dei minori, per la divulgazione culturale tramite l’ormai nota RadioKreattiva, un progetto di radio partecipata per dire no alle mafie, a favore della legalità, che collabora anche con Libera. Li incontro un pomeriggio di maggio nella solita stanza dell’oratorio del mio quartiere, la stessa stanza in cui ho passato la maggior parte dei miei pomeriggi dai 6 ai 16 anni, con le stesse sedie, intorno allo stesso tavolo da ping pong (mai usato per il ping pong perchè la rete non c’è mai stata) e la stessa finestra assolata. Sono una trentina. Alcuni più timidi, altri più spigliati. Ma tutti molto coinvolti nel loro progetto, importantissimo, per far sentire finalmente la propria voce in un mondo fatto di adulti sordi alle urla dei bisogni fondamentali dei bambini e degli adolescenti. “Abbiamo incontrato anche altri gruppi che hanno lavorato per lo stesso progetto in altre città”, mi raccontano, “sono venuti qui a Bari da Napoli, Locri, Palermo”. All’inizio del percorso, sono stati gli stessi ragazzi ad individuare la problematica che sentivano più forte. E infatti ogni gruppo ne ha portata una (o molte) diverse tra loro. Ci hanno lavorato molto, hanno raccolto materiale, hanno fatto interviste, si sono dati degli obiettivi, hanno persino girato un video – molto bello. Hanno provato a raccontare questo disagio. Il disagio di non avere spazio, in una città fatta di strade e palazzi, ma senza spazi per gli abitanti. Di avere scuole che cadono a pezzi, aule senza materiale, palestre disastrate, trasporti malfunzionanti. Ancora peggio se si tratta di minori, spesso impossibilitati a spostarsi dai quartieri periferici al centro storico – anche centro della movida. Tanti di loro vengono da quartieri periferici, ma non solo. A sentirli sembra quasi che Bari sia fatta solo di periferie, che il Sud sia una grande periferia. E hanno ragione.Questi ragazzi hanno lavorato molto (e hanno lavorato bene) per esprimere in modo civile e costruttivo questo disagio profondissimo di doversi adattare a degli spazi inesistenti, cosicché sei cubi di cemento, lasciati infondo ad una strada residui di qualche vecchio cantiere, diventano il punto di ritrovo della generazione di un quartiere intero, in cui per passare il tempo “chiacchieriamo, non c’è molto altro da fare” come dicono giustamente alcuni degli intervistati nel video. Oppure, come racconta un ragazzo di un altro quartiere nello stesso video, “ci siamo disegnati due porte, una su un muro e una su una scalinata, per giocare a pallone, perchè in tutto il quartiere non c’è un campetto, e le femmine ci guardano giocare o passeggiano intorno a questo campo” in attesa di avere l’età giusta per prendere l’autobus da soli o, meglio ancora, la macchina per andare “in centro”.
Ma non tutti hanno la fortuna di essere guidati da adulti preparati, per elaborare questo disagio e sbatterlo in faccia agli altri adulti, quelli che decidono e che non sanno ascoltare. Loro ci proveranno. Nei prossimi giorni andranno a Roma, al Senato e poi in un’aula di Roma3 per incontrare altri giovani che hanno lavorato a questo progetto, provenienti da tutto il Sud Italia, e soprattutto alcuni adulti che non potranno più fare finta di niente. Con l’aiuto di Save The Children proveranno a spiegare qual è la loro idea di città a misura di bambino e di ragazzo. Mostreranno il loro video, con i quartieri disastrati, le proposte di aggregazione e cultura, ci metteranno la faccia per provare a trasformare questa povertà in ricchezza.Perchè, dicono bene loro, “povertà materiale è povertà culturale, povertà o addirittura assenza di sogni, doversi abituare alle distanze senza poterle colmare, doversi accontentare (…) dover urlare forte per far sentire la voce del proprio bisogno al di sopra di tutto questo!”
E allora urlatelo, urlatelo forte che non ci state, che non ci state più ad accontentarvi, che crescere al sud è bello, ma potrebbe essere molto più bello se solo qualcuno si fermasse ad ascoltare i vostri bisogni. Siate coraggiosi e ditelo a tutti che non si può crescere bene isolati nel cemento e accerchiati dalla cultura della malavita. Che l’alternativa c’è, che basterebbe così poco per salvarci e tornare ad essere cittadini giovani ma consapevoli, attivi per il bene del proprio quartiere e della propria città.
Esco dall’incontro con questi ragazzi e ci sono dei bambini che giocano in una piazzetta. Basterebbe così poco, penso. Basterebbe non arrendersi. Basterebbe crederci, come stanno facendo loro. Il cambiamento è già in atto, ci vorrà del tempo, ma non si può più fermare!
[La Rete di Associazioni di Crescere al Sud, durante l'ultima Conferenza Nazionale sull'infanzia e l'adolescenza, ha denunciato che oltre un milione di bambini nel Sud del nostro paese vivono sotto la soglia della povertà - economica e d'istruzione. La regione Puglia, seconda solo al 20% della Sicilia, tocca la triste percentuale del 15,5% rispetto alla media nazionale che si ferma al 10%. Sicuramente la crisi economica mondiale ci ha messo del suo, ma mentre siamo qui a trovare scuse, ci sono bambini che soffrono, che vivono in condizioni allucinanti, e non sono lontani come possiamo immaginare, sono proprio qui, dietro quel palo, a giocare a nascondino!]