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Crisi economica, fratture politiche: la Francia di Hollande

Creato il 13 febbraio 2015 da Bloglobal @bloglobal_opi

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di Davide Vittori

L’ascesa di François Hollande verso l’Eliseo era nata nel 2012 con il motto del changement. Ad esso si contrapponeva la rupture che dal 2007 al 2012 aveva contraddistinto, per lo meno nelle intenzioni, la presidenza Sarkozy. Il Presidente dell’UMP, come gli altri omologhi dell’Europa del sud non ha retto la pressione della crisi economico-finanziaria che aveva travolto l’Europa: con l’annus horribilis del 2009 e la stazionarietà della crescita nel 2011 e 2012, peraltro ottenuta con deficit pubblici decisamente elevati (il 7,2% nel 2009, il 6,8% nel 2010, il 5,1 nel 2011) [1], la Francia era ancora nel mezzo del guado tra le cosiddette locomotive del nord e i PIIGS (Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia, Spagna). Alla crisi economica, inoltre, si aggiungevano problemi legati alla giustizia, in particolare per i finanziamenti illegali ricevuti nella campagna elettorale del 2007 [2]: un quadro che, lasciando da parte i meriti del candidato socialista, vedeva l’incumbent sulla difensiva e l’opposizione largamente favorita, come accaduto del resto in tutte le tornate elettorali che hanno coinvolto Italia, Spagna e Grecia. Quattro di questi (Sarkozy, Berlusconi, Zapatero, Papandreu), due socialisti e due conservatori, tutti usciti sconfitti alle urne.

Il cambio di rotta in economia: una promessa mancata

La promessa del cambiamento auspicata da Hollande si rivolgeva all’asse Merkozy – ossia il binomio Merkel e Sarkozy – in particolare verso una dichiarata volontà di rivedere i piani di austerità tedeschi, poco applicati in realtà in Francia, guardando i deficit pubblici strutturali di Parigi. Sia come sia, la prima riforma di impatto è stata quella delle pensioni, che ha abbassato l’età minima a 60 anni, al posto dei 62 previsti dalla riforma Sarkzoy del 2010; una scelta in controtendenza rispetto al resto d’Europa e che ha attirato le aspre critiche di Berlino, per bocca dell’attuale Ministro dell’Economia Wolfgang Schäuble [3].

Guardando alla politica economica in questo scorcio di presidenza socialista, la misura che ha sicuramente suscitato più polemiche è stata l’imposta al 75% per i redditi oltre il milione di euro [4]; tuttavia, dato il non rilevante impatto, di recente Hollande ha dovuto fare marcia indietro, smentendo la politica economica dell’ormai ex Primo Ministro Jean-Marc Ayrault. A questo si è aggiunto il persistente deficit francese, previsto al 4,7% nel 2015: una scelta criticata in Germania [5], ma su cui il Presidente francese è riuscito a mantenersi fermo, promettendo un rientro all’interno dei parametri europei (il famigerato 3%) nel 2017.

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La distanza tra le posizioni di Berlino e Parigi, tuttavia, è meno drastica di quanto possa far trasparire il dibattito pubblico: la ratifica del Fiscal Compact, avvenuta nell’ottobre del 2012, ha riavvicinato le posizioni francesi con quelle tedesche, dopo che lo stesso Hollande in campagna elettorale aveva criticato le misure presenti nel Trattato auspicandone una rinegoziazione [6]: nonostante il dibattito interno al Partito Socialista, in questo frangente a prevalere è stata la linea morbida, più osteggiata dalla sinistra del PS [7].

All’indomani della vittoria socialista nel 2012, l’enfasi sulla crescita economica e sulla diminuzione del tasso di disoccupazione, su cui in questi anni ha pesato lo spettro di una jobless recovery, non si è tradotto in risultati concreti spendibili politicamente nelle successive tornate elettorali, che hanno visto il Partito Socialista sempre sconfitto [8]: mentre in Francia in due anni (2012-2014) la disoccupazione è passata dal 9,4% al 10,5%, in Germania è diminuita dal 5,5% al 4,9%. Hollande può invece rivendicare la riforma – criticata dal principale sindacato francese, la Confédération Générale du Travail (CGT) e dal Front de la Gauche – del mercato del lavoro, che ha sì ampliato la flessibilità in entrata e uscita, ma anche garantito un contributo datoriale obbligatorio per gli schemi assicurativi in materia di sanità. Il Presidente francese ha inoltre varato l’incremento del 2% del salario minimo garantito e la riduzione del cuneo fiscale [9]. Tuttavia, lo choc di competitività annunciato, non si è tradotto in una percezione di miglioramento degli standard di vita francesi. Anche il piano di stimoli alla crescita, varato dalla Commissione Junker e apparso in prima istanza come una vittoria in Europa del fronte progressista su quello conservatore, ha rivelato le sue crepe [10], con solamente 21 miliardi disponibili, che l’effetto leva dovrebbe portare ai 315 promessi dal Presidente lussemburghese.

Le difficoltà interne al Governo: l’ascesa di Valls e l’arretramento della sinistra socialista

Il calo di popolarità, giunta nel dicembre dello scorso anno al minimo storico per la V Repubblica del 17% [11] e la necessità di marcare una discontinuità con il primo biennio di presidenza, hanno indotto Hollande ad un rimpasto di Governo [12], che ha portato Manuel Valls – figura di spicco tra i socialisti e possibile rivale del Presidente alla prossima tornata elettorale – dagli Interni alla poltrona di Primo Ministro. Valls, assurto alle cronache europee per il rimpatrio forzata di una ragazza rom fermata durante una gita scolastica [13], si è dimesso nell’agosto del 2014, in seguito al pesante disaccordo con il Ministro per lo Sviluppo Industriale, Arnaud Monteburg, che aveva definito “un’aberrazione economica” la politica “dogmatica di riduzione del deficit” [14]. Valls, forte anche di un alto gradimento, ha ricevuto un nuovo incarico per formare un ulteriore Governo: questa volta, però, al Ministero dell’Economia è giunto, nell’agosto del 2014, Emmanuel Marcon, ex membro della Commissione Attali e banchiere presso Rotschild. L’uscita di Arnaud Monteburg dal governo, segna l’arretramento della sinistra del PS e la svolta più moderata impressa dall’accoppiata Hollande-Valls. La “fine del laisser-faire invocata da Monteburg [15] all’indomani dell’approvazione di un decreto giudicato “protezionista” dall’Unione Europea [16] è quindi lungi dall’arrivare sotto la Presidenza Hollande.

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Fonte: Screengrab/Elysee

Sul fronte amministrativo-politico Hollande sta tentando di mandare in porto una ambiziosa riforma sulle regioni, volta a diminuirne il numero e a portare la spesa regionale (ad oggi bassa) verso gli standard europei. L’obiettivo lungo periodo è ridisegnare la mappa amministrativa della Francia e a ri-equilibrare il famigerato centralismo d’oltralpe. Secondo il Presidente dell’Associazione delle Regioni Francesi, difatti, la spesa pro-capite per le regioni è di 395 euro, contro una forbice europea che va dai 3000 ai 4700 euro [17]. Il cammino si è sin da subito mostrato irto di ostacoli, non solo amministrativi – con i fondi europei già stanziati per le regioni presenti attualmente e che andranno in scadenza nel 2020 – ma soprattutto politici e identitari.

Il suicidio francese (?)

Oltre la politica economica, la presidenza Hollande si è contraddistinta per il riemergere del dibattito sull’identità francese: una querelle che, ad essere precisi, aveva ripreso vigore già con Sarkozy nel 2010 – allora in calo nei sondaggi e desideroso di riavvicinare una destra francese che stava rivolgendosi al Fronte Nazionale.

Al di là degli attentati che hanno sconvolto recentemente la Francia (non solo alla redazione di Charlie Hebdo), che hanno posto la necessità di rivedere le misure in materia di sicurezza, la questione dell’integrazione degli immigrati di seconda generazione si è accompagnata a un più generale dibattito sulla decadenza (politica e morale francese. Diversi sono i fattori “scatenanti”. In primo luogo, la Francia si è divisa sulla legalizzazione dei matrimoni omosessuali, una vicenda capace di risvegliare le frange più conservatrici del cattolicesimo francese e su cui il Fronte Nazionale ha lanciato gli strali più pesanti. In secondo luogo, il varo di una ambiziosa riforma dell’educazione ha generato diverse polemiche in particolare per i potenziali costi per l’assunzione di 60.000 unità nel comparto scolastico, nonostante tra gli scopi figuri il miglioramento delle scuole periferie [18]. Infine, un recente caso editoriale ha infiammato l’intellighenzia transalpina; Le Suicide français (Albin Michel, 2014) di Érich Zemmour denuncia la perdita di centralità dello Stato in Francia e, al contempo, fornisce una assai controversa tesi sul regime di Vichy, capace di salvare molti ebrei secondo l’autore. Questo pamphlet – accusato di fare il gioco del Fronte Nazionale da alcuni ed elogiato per l’irriverenza e la vis polemica nel proporre le proprie tesi da altri – punta il dito contro la libera circolazione delle persone e delle merci, se si volesse riprendere due cardini delle libertà su cui venne fondata l’Unione Europea. In sostanza, Zemmour critica la deliberata scelta delle élite politiche di aver tolto allo Stato francese il controllo dell’economia e quello dell’immigrazione. L’attacco alla redazione di Charlie Hedbo rinfocolerà questa polemica, nonostante l’appello all’unità del Presidente Hollande. Quanto la Francia si stringerà attorno all’Eliseo, lasciando in secondo piano la polemica politica o addirittura punendo chi la cavalcherà, è ancora prematuro per dirlo. Tuttavia, quello che si può constatare dai sondaggi condotti all’indomani dell’attacco è che la gestione della vicenda è stata considerata positiva dagli elettori: il tasso di approvazione del Presidente della Repubblica ha toccato il 40%, contro il 20% scarso di cui si faceva menzione prima.

Dove, tuttavia, è possibile farsi un’idea sulla percezione del ruolo di Parigi nel mondo è il terreno sempre fertile della politica estera francese. In questo ambito, il punching above its (declining) weight della Francia [19] è stato portato avanti da Hollande con successo, seguendo le orme dell’interventismo del suo predecessore. La memorabile copertina dell’Economist che raffigurava un Sarkozy-Napoleone intento ad andare alla guerra – si ricordino,tra gli altri, gli interventi in Costa d’Avorio, Libia, il ruolo svolto come mediatore tra Georgia e Russia – non può adattarsi allo stile della leadership di Hollande: questo, tuttavia, non ha scalfito l’intraprendenza francese, intervenuta in Mali e nella Repubblica Centraficana, dichiaratasi pronta all’offensiva contro Assad e avendo recentemente condotto insieme con la Germania l’iniziativa diplomatica per la soluzione della crisi nell’est Ucraina.

Conclusione

La forza di Hollande, tuttavia, non si misurerà sulla politica estera, se non nella misura in cui questa sarà collegata al dibattito interno sulla lotta al terrorismo. Le ultime tornate elettorali hanno suonato più di un campanello d’allarme per il Presidente francese, in continuo calo di popolarità. Come insegna la storia delle presidenziali francesi, ciò non significa che l’esito delle prossime consultazioni sia scontato. Tutt’altro: spesso gli outsider sono stati premiati in tornate elettorali minori, salvo poi essere ridimensionati. Un punto su cui il Partito Socialista e l’UMP potrebbero far forza per schierare al secondo turno quel cordon sanitaire che ha impedito, sino ad oggi, l’ascesa del Fronte Nazionale ai vertici della politica nazionale.

* Davide Vittori è Dottore in Relazioni Internazionali (Università di Bologna)

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[1] Si vedano i dati della Banca Mondiale: http://databank.worldbank.org/data/views/reports/tableview.aspx.

[2] BBC (2013), Nicolas Sarkozy to be investigated in Bettencourt scandal, 21 March 2013.

[3] Lefigaro.fr, (2012), Berlin critique François Hollande sur les retraites, 13 Juin 2012.

[4] France24.com, (2012), Hollande vows 75% tax rate for France’s top earners. 6 March 2012.

[5]Deutsche Welle, (2014), France’s flailing economy endangering the eurozone. 18 November 2014. Ultimo accesso: 10 Gennaio 2015 in http://www.dw.de/frances-flailing-economy-endangering-the-eurozone/a-18072388.

[6] Pühringer S. (2013), The implementation of the European Fiscal compact in Austria as a post‐democratic phenomenon, ICAE Working Paper Series, N.15.

[7] Fox B., (2012), Hollande faces down EU fiscal pact rebels, EuObserver, 10 October 2012.

[8] Alle elezioni Europee il Partito Socialista si è fermato al 13,98%, contro il 20,80% dell’UMP e il 24,86% del Fronte Nazionale; alle elezioni municipali il PS ha perso il controllo di circa 150 città, passate per lo più ai conservatori. Anche al Senato, il partito di Hollande ha perso la maggioranza: in questo caso si è trattato di elezioni indirette, attraverso il voto di circa 87mila grandi elettori.

[9] Thillaye R., (2013), François Hollande After One Year. The Silent Reformer or Lost in Reform?, Policy Network Working Paper.

[10] Gros D., (2014), The Juncker Plan: From €21 to €315 billion, through smoke and mirrors, CEPS Commentaries.

[11] LeParisien.fr, (2014), Popularité : Hollande relève la tête, Valls en baisse, selon l’Ifop. 21 Décembre 2014.

[12] France24.com, (2014), France’s Hollande orders cabinet reshuffle amid economy row. 25 August 2014.

[13] Repubblica.it, (2013), Hollande: “Leonarda può tornare. Ma da sola”.  19 Ottobre 2013.

[14] LeMonde.fr, (2014), Arnaud Montebourg plaide pour un changement de cap économique du gouvernement. 23 Août 2014.

[15] Revault d’Allonnes D. e Pietralunga C., (2014), Montebourg: « Le décret sur les entreprises, c’est la fin du laisser-faire», LeMonde.fr, 15 Mai 2014.

[16] La scelta di Monteburg, critico con l’ala più liberista del Partito Socialista, di estendere il diritto di veto del Governo alle acquisizioni di imprese francesi da parte di aziende straniere in settori ritenuti strategici per la Francia, quali energia, trasporti, sanità, acqua e telecomunicazioni ha attirato molte critiche in Francia e in Europa. Per il decreto si veda http://www.legifrance.gouv.fr/affichTexte.do?cidTexte=JORFTEXT000028933611; per le critiche dell’Unione Europea al “protezionismo” francese si veda: World Bulletin, (2014), EU warns France on protectionism, Paris talks tough. 16 May 2014.

[17] EurActiv.fr, (2014), French territorial reform: bigger regions, greater EU influence. 4 June 2014.

[18] Si veda la nota 9  e Clarck N., (2013), French Plan to Add to Already Lengthy School Days Angers Parents and Teachers, NYTimes.com, 11 Febbraio 2013.

[19] France24, (2015), Hollande approval rate doubles in wake of Paris terror attacks, 19 January 2015.

[20] Wong R. e Sonntag A., (2012), The Relativity of Decline. A Reappraisal of French Leadership and Influence in a Time of Global Crisis, Asia Europe Journal, Volume
9,
Numbers 2‐4, pp. 179‐196.

Photo credits: REUTERS/Philippe Wojazer

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