Magazine Religione
Cristianesimo vissuto Consigli fondamentali alle anime serie
di Dom Francesco di Salles Polline, certosino
Continuazione 2 parte 4
VII. La meditazione.
Gli esercizi che riguardano la mente hanno necessariamente il primo posto, poiché la mente tiene il primo posto tra le facoltà umane. Ma fra gli esercizi della mente ve ne sono due sui quali voglio richiamare più vivamente la tua attenzione: e sono la meditazione e l'esame di coscienza.
- La meditazione! ma essa è buona per i religiosi, mi dirai.
- Sì, è cosa certamente buona per i religiosi; ma potrebbe anche essere cosa ottima per te. E tu diventerai difficilmente un cristiano sincero, se non ti abitui alle riflessioni serie, che si chiamano meditazione. Forse te ne fai un'idea molto più complicata di quanto non sia in realtà.
Ma dimmi, sai che riflettere sopra una lettura che fai, su un pensiero che ti trovi nella memoria, su un'istruzione che ascolti? Riflettere su un dovere da compiere, su un lavoro da seguire, su mezzi da prendere? Riflettere, cioè, considerare attentamente nell'intimo una questione che t'interessa, perché riguarda la tua vita pratica, e richiede una decisione. Riflettere, chi non lo sa fare? E chi non lo fa? L'uomo serio si chiama per l'appunto un uomo riflessivo. Tu che vuoi essere un uomo serio, son sicuro che hai già contratto abitudini di riflessione, e ne fai molte, forse troppo inquiete sul tuo presente e sul tuo avvenire. Tu sai dunque riflettere.
D'altra parte sai che cosa significa pregare. Pregare è, trattenersi con Dio, sia con sentimenti interni, sia con parole esterne. Poiché vuoi essere cristiano, hai già delle abitudini di preghiera seria; poiché non può essere cristiano chi non prega. Questo lo sai benissimo.
Ebbene, giacchè conosci queste due cose, la riflessione e la preghiera, tu saprai prestissimo meditare; perché la meditazione non è altro che l'unione della preghiera con la riflessione. Sotto qualunque forma tu la faccia, qualunque sia il metodo a cui t'appigli per aiutarti, allorché rifletterai pregando, o pregherai riflettendo tu mediterai. Ed è appunto questo che ti voglio suggerire.
In questa unione della preghiera con la riflessione, che è la meditazione, troverai tre vantaggi considerevoli:
1° Le tue preghiere diventeranno più serie, più profonde, più vive. Ti abituerai a non recitare meccanicamente delle formule, senza gustarne il senso. Non ti potresti immaginare quali profondità di senso racchiudano le preghiere della Chiesa. Il Pater esempio, che tu reciti così spesso, è un mondo infinito. Nell'Ave Maria, negli atti di fede, di speranza, di carità e di contrizione, tutte le parole contengono dei tesori. Non è un peccato recitare con leggerezza cose così belle? La recita meccanica delle preghiere vocali è segno di un cristiano superficiale, e conduce l'uomo a mentire perpetuamente a se stesso. La realtà dei sentimenti del suo cuore non risponde alle parole che dice. E una simile menzogna pratica, in uno degli atti più sacri della vita, in verità, fa pena.
2° Troverai nella meditazione un altro vantaggio, quello di santificare e vivificare le tue occupazioni. Il tuo lavoro è troppo naturale; nel corso pratico della tua vita giornaliera, Dio non occupa il posto vivente che gli è dovuto. Tu ti agiti in un movimento affatto umano, senza far entrare Dio nelle riflessioni e nelle preoccupazioni, che la tua vita t'impone. Abituandoti ad unire la preghiera con la riflessione, la meditazione fa entrare l'elemento soprannaturale nel quadro della tua pratica.
3° E quindi risulta un terzo vantaggio, che è l'unità della tua vita. Tu ora sei troppo scisso in due. Quando sei nella preghiera, la tua mente non ci si trova abbastanza, restando essa negli affari e nelle preoccupazioni esteriori. Quando attendi al lavoro, non ci si trova abbastanza Iddio. La tua preghiera non è abbastanza umana e il tuo lavoro non è abbastanza cristiano. Non è abbastanza umana la tua preghiera, perché è o troppo distratta o troppo astratta. Nei momenti felici, essa è troppo fatta di sogni e d'immaginazioni, che sei tentato di pigliare per divozione. Nel corso ordinario essa si trascina nella dissipazione. Il tuo lavoro non è abbastanza cristiano, perché è troppo naturale e troppo terreno. Tu non sei lo stesso in Chiesa e sul lavoro. Sei come un serpe tagliato in due; il corpo si agita da una parte, mentre la coda si torce dall'altra.
Ed io vorrei riunire questi due tronconi della tua vita; vorrei che tu fossi uno... il medesimo da per tutto, cristiano da per tutto, nel lavoro come nella preghiera, nella tua vita esteriore come in Chiesa, mettendo anzitutto Dio ovunque al primo posto, giungere poi ad amare Lui solo. Il cristiano è un uomo tutto di un pezzo, la sua vita intera si ispira ad un solo principio, è un... uomo!
L'abitudine di meditazione che ti consiglio ti condurrà ad essere questo. Quando saprai unire la riflessione alla preghiera, tu diventerai uno; perché dovunque rifletterai sarai portato a pregare; e dovunque pregherai, sarai portato a riflettere. Vedi come allorché il serio e il soprannaturale si danno la mano abbracciando tutta la tua vita, tu diventerai un cristiano? Ora credo che comprenderai perché e come ti consiglio la meditazione.
Non mi domandare il metodo per arrivarvi. Ci sono tanti metodi, ch'io sarei molto impacciato se volessi sceglierne uno per te. Del resto io non ti conosco; può darsi che non t'occorra alcun metodo; può essere che tu abbia bisogno di un metodo molto semplice; forse sei di quelli che non sanno fare un passo se non appoggiati ad un meccanismo complicato. È cosa che deve decidere il tuo direttore. Secondo la mia abitudine, io cerco di lumeggiare i primi principii, lasciando alla tua buona volontà la cura di metterli in pratica.
Del resto, devi comprendere che la meditazione che io ti consiglio non consiste tutta in questo breve esercizio che farai ogni mattina pigliando un libro, sul quale rifletterai davanti a Dio. La mezz'ora o il quarto d'ora di riflessione, che si chiama comunemente la meditazione formale, non dev'essere che la preparazione della tua vera meditazione, vale a dire, del tuo stato meditativo. Poiché se mi comprendi, devi sforzarti di diventare un uomo riflessivo e di preghiera, che unisca abitualmente la riflessione alla preghiera, nel corso della giornata. E bisogna che tu giunga a farlo in un movimento di vita semplice, facile, pratico, egualmente scevro di naturalismo e di sentimentalismo, egualmente lontano dall'esagerazione e dalla dissipazione.
VIII. L'esame di coscienza.
Ecco una questione vitale fra tutte; qui sta il centro del meccanismo della vita cristiana. E ne capirai il perché. Tu hai una mèta: Dio; hai un cammino: la conformità alla volontà divina; hai i mezzi per questo cammino verso questa mèta: gli esercizi di pietà. Mèta, cammino, mezzi, tutto questo deve sostenersi, legarsi e non formare che una cosa. La mèta vuole il cammino, il cammino vuole i mezzi; i mezzi devono assicurare il cammino, e il cammino raggiungere la mèta. È in tal modo che tu concepisci la vita cristiana, non è vero?
Ora che cosa è che riallaccia il cammino alla mèta e i mezzi al cammino? Ci vuole qualche cosa che ti assicuri che il tuo cammino va diritto alla meta, e che i tuoi mezzi favoriscono efficacemente il tuo cammino. Bisogna che tu ti renda conto della meta, del cammino e dei mezzi. E ciò non isolatamente, ma in una sola e medesima veduta simultanea, a fine di stabilire la correlazione dei mezzi al cammino, e del cammino alla mèta.
Non leggere questo correndo, ti prego, perché desidero che tu comprenda bene, qui più ancora che altrove; poiché qui sta il nodo della tua vita.
Voglio che la tua vita sia una, ed è qui che troverai il mezzo pratico di renderla davvero una. E se non cerchi di avere un'idea chiara e distinta di ciò che qui ti dico, perderesti il meglio di quest'operetta, perché non ne vedresti il concatenamento e ti sfuggirebbe l'attuazione.
Dunque bisogna vedere se tu servi realmente Dio per primo e Dio solo, che è la mèta; se vivi in comunione di conformità alla volontà di Dio nell'accettazione e nell'azione, che è il cammino; se finalmente impieghi gli esercizi utili, che sono i mezzi.
E bisogna vedere queste tre cose con un solo colpo d'occhio. E come vederle? Con l'esame di coscienza.
Esso deve renderti conto di queste tre cose: Vai alla mèta? Sei sulla buona strada? Usi i mezzi efficaci? Se esso non ti rende conto di queste tre cose ad un tempo, è insufficiente e non adempirà alla sua missione.
Tu vedi che sono importantissime domande quelle che si propongono all'esame. È la tua vita intera che dev'essere scandagliata negli strati più profondi. Ed osservando non bisogna accontentarsi di sguardi superficiali ma è necessario saper discendere nelle profondità e nella realtà delle cose.
- Ma allora, mi dirai, l'esame è una cosa singolarmente difficile! - Conveniamo anzitutto che non può darsi esame serio ed efficace in altra maniera, e vediamo se, per farlo così, la pratica è difficile.
IX. Il macchinista.
L'anima è una, ma le sue disposizioni interne sono molteplici assai. Le une sono buone, le altre cattive. Tu hai delle inclinazioni o delle abitudini virtuose, come il sacrificio di te stesso, l'umiltà, la carità, la sobrietà, ecc.; hai pure delle tendenze perverse, come l'orgoglio e la sensualità, che sono le due più grandi. È sotto l'influsso di queste inclinazioni e tendenze che tu agisci. Quelle che sono buone ti fanno andare dalla parte di Dio; quelle che sono cattive ti fanno andare dalla parte di te stesso. Infatti hai capito che non vi sono che queste due direzioni nella vita: o la ricerca di Dio o la ricerca di sé. Per conseguenza il problema è molto semplice poiché si riassume così in questi due termini: C'è ricerca di Dio o ricerca di te stesso?
- Ma non mi pare completamente semplice. Ci sono in me tante tendenze, tante inclinazioni, tanti sentimenti! Come giungere a conoscerli tutti? E se non li conosco tutti, non sarò mai sicuro di non ingannarmi.
Ascoltami. In un treno vi sono parecchie carrozze; ogni carrozza ha parecchie ruote. Quante ruote da far camminare affinché il treno avanzi! E bisogna che tutte camminino, e che tutte insieme siano trascinate in un medesimo movimento e mantenute nella medesima direzione. Il macchinista che è incaricato di regolare il cammino del treno, lo sa benissimo. Tuttavia credi che lui si preoccupi del numero delle ruote? È l'ultimo dei suoi pensieri. Credi forse che abbia da mettere in moto ciascuna ruota, l'una dopo l'altra? Ce ne vorrebbe del tempo! E si otterrebbe un bel cammino! Il suo lavoro è ben più semplice.
Egli ha alla mano una chiavetta, che comanda il vapore. Quando vuol mettere in moto il treno, farlo avanzare o indietreggiare, accelerarne o rallentarne la velocità, pone la mano sulla sua chiavetta; un piccolo giro ed ecco fatto! E tutte le ruote camminano, e il treno tutt'intero obbedisce ad un giro di chiave. Vedi che gran movimento cominciato e diretto da un colpo di mano.
Lo stesso succede all'anima tua. Per quanto numerose siano le sue disposizioni, per quanto molteplici i movimenti, occorre solo un giro di mano affinché tutti seguano una determinata direzione. Non deve essere più questione di pigliar le une e gli altri ad uno ad uno, come per il macchinista non è più questione di pigliare ad una ad una le ruote del suo treno.
- Ma com'è possibile questo, mi domandi? - Avviene con la stessa facilità e semplicità con cui agisce il macchinista.
- Benissimo, mi dirai; ma la semplicità della manovra del macchinista suppone ancora che il treno sia formato e che tutto sia a posto. E il lavoro per formare un treno non è già più l'affare d'un giro di mano.
- Sì, ma per quanto riguarda l'anima tua, puoi star tranquillo: è Dio stesso che forma il treno. Egli ha incatenato l'uno all'altro il tuo corpo e la tua anima, le tue facoltà, le tue disposizioni e le tue attitudini. Egli ha preparata la via della sua volontà, per la quale devi camminare. Egli accende e mantiene il fuoco della grazia santificante e il vapore della grazia attuale.
Senza dubbio dovrai di quando in quando rivedere e pulire ciascuno dei pezzi del meccanismo.
È quello che devi fare nelle confessioni ordinarie, ma soprattutto negli esercizi annuali, che devono essere il rinnovamento di tutti i congegni dell'anima tua. Siffatto lavoro di revisione e di riparazione ha un'importanza capitale, ma non è quello che ora ti voglio insegnare. Ciò che qui ti voglio dire, riguarda unicamente il cammino del treno e la maniera di dirigerlo. Dunque per assicurare il buon cammino della tua vita, che cosa hai da fare? Semplicemente quello che ha da fare il macchinista; cioè aver l'occhio attento e girare a proposito la chiavetta che comanda il vapore. Ecco quello che si fa con l'esame di coscienza.
Ma qui ho bisogno di lasciar un istante la parola ad un autore, il cui libro m'ha ispirato il meglio delle riflessioni che t'ho esposto finora. Ardisco raccomandarti la lettura dell'opera sua, per quei giorni in cui sarai deciso alle riflessioni serie. Egli completerà vantaggiosamente ciò che qui soltanto ho potuto abbozzare troppo imperfettamente.
X. Lo sguardo interiore.
Come bisogna fare l'esame di coscienza? Con un'occhiata. Gettata dove? Nel centro del cuore. Per vedere che cosa? Una sola cosa, la disposizione dominante. E che cosa è questa disposizione dominante? È il sentimento che fa muovere il cuore. Difatti io non faccio nulla, senza che il mio cuore sia spinto a farlo da un pensiero, da un sentimento che lo determina. Quando domando a qualcuno: Perché fai questo? egli mi risponde: Per la tal ragione. Questa ragione è il pensiero che lo fa agire; e questo pensiero è la disposizione dominante del suo cuore in quel momento.
Ebbene è questa disposizione, questo pensiero, questo sentimento che l'esame deve colpire. Perché? Perché è ciò che fa muovere il mio cuore, e determina la mia condotta. Quando l'ho colpito, io so a che punto mi trovo e dove vado. Se vado diritto, cioè, a Dio, tutto è in regola e non ho che da continuare la mia strada. Se vado di traverso, cioè, alla mia soddisfazione, raddrizzo la mia intenzione.
Ma è facile cogliere questo sentimento, questa disposizione dominante? Facilissimo, costa semplicemente un'occhiata. Dov'è il mio cuore? E guardo e vedo. Vedo benissimo se va diritto o no, e perché va o non va diritto ciò balza agli occhi quando si vogliono aprire.
- È tutto qui l'esame? - Sì, tutto; o almeno ne è l'essenziale. Fintantoché questo non è fatto, non ci può essere esame serio; quando questo è fatto, l'esame è assicurato.
- Ma, e gli altri pensieri? gli altri sentimenti? e le azioni? - Ah! ecco... I pensieri, i sentimenti che non dominano, non sono pericolosi. Essi non hanno importanza seria, se non quando giungono a dominare, dirigere il cuore. Ma quando giungono a tal punto, sono alla loro volta colpiti dall'occhiata dell'esame.
E quando ho successivamente afferrato i sentimenti buoni e cattivi, che fanno muovere il mio cuore, allora come conosco profondamente l'anima mia! Conosco tutte le molle della macchina; con ciò è facile il dirigerla. Ho detto i sentimenti buoni e cattivi, perché bisogna vedere il bene come il male, poiché è lo stato del cuore che si tratta di conoscere.
Quanto alle azioni, la conoscenza del numero non è importante se non per i peccati mortali, che bisogna confessare esattamente; la conoscenza delle altre azioni non importa, se non per aiutare la conoscenza della disposizione dominante che le fa conoscere.
- Ma allora l'esame di coscienza è facilissimo? Il più facile di tutti, uno sguardo. E posso farlo in un istante, tanto sovente quanto vorrò.
Ma, e la contrizione? e la risoluzione?... Quando lo si sa fare, l'occhiata contiene tutto questo. Io veggo, mi pento, rettifico.
XI. Semplicità dello sguardo.
Per meglio capire la semplicità di questa manovra spirituale, che deve assicurare il buon andamento della tua vita,
ricorda
1° che il tuo fine è essenzialmente uno: glorificare Dio;
2° che il tuo cammino è essenzialmente uno: seguire la volontà di Dio;
3° che le molteplici disposizioni e movimenti dell'anima tua devono essere dominati dalla grazia;
4° che la disposizione principale formatrice della tua pietà è la docilità a Dio.
Per conseguenza di che cosa deve assicurarti l'occhiata? dell'esistenza in te di questa disposizione dominante, che comanda a tutto. Sei docile a Dio? Ecco in conclusione quello che bisogna vedere. Se non lo sei, non cammini dritto; se lo sei, cammini necessariamente diritto, e tutto va bene, Difatti sta lì la vera chiavetta che comanda il vapore. Quando tu sei pieghevole e docile, l'anima tua è aperta al vapore della grazia, che si precipita nel meccanismo delle tue facoltà e le trascina con tutti i loro movimenti nella direzione della gloria di Dio. Se sei recalcitrante, la chiavetta è chiusa, la grazia è fermata all'entrata, e il movimento cattivo che tien l'anima tua chiusa a Dio, ti trasporta nella cattiva direzione.
L'occhiata ha per unico scopo di verificare se l'anima tua è aperta o chiusa; mantenerla aperta, quando è aperta, e in caso contrario aprirla. È dunque cosa difficile? E che cosa costa? Non altro che sincerità. Sei risoluto, sii o no, di essere cristiano? di non esserlo per metà, ma seriamente, a fondo? cristiano senza viltà e senza falsità? Tutto sta li.
Se ti senti in cuore il bisogno di Dio, non ho più nulla da aggiungere, tu m'hai capito. Va' avanti risolutamente, sono sicuro che farai strada e buon viaggio.
Ma basta forse all'occhiata di assicurarsi unicamente dell'esistenza di questa disposizione principale, che è la docilità? - Si, e ne capirai subito il perchè. Quando tu sei docile, la grazia entra. Entrando, ti dà luce. Questa luce è quella di Dio. E su che cosa si proietta? Su Dio, su te e sulle creature. Su Dio che è la tua mèta; su te, che sei in cammino sulle creature che sono i tuoi mezzi. Su Dio, affinchè tu lo conosca come devi. Su te, per vedere i difetti che ti restano, le virtù che ti mancano, i risultati ottenuti, le disposizioni da cambiarsi, i bisogni da soddisfare, le risoluzioni da prendere. Sulle creature finalmente, per vedere quelle che bisogna eliminare, quelle di cui bisogna servirsi e il modo di servirsene.
E con l'aiuto di questa luce, che cosa vedi su Dio, su te e sulle creature? Come ho già detto nel capitolo della grazia attuale, vedi esattamente i punti da vedersi, secondo le necessità attuali del tuo cammino. Così tutto è nella buona luce: la mèta, il cammino e i mezzi. Ed è la grazia, che ti pone così in luce tutte le cose. E se non le vedi in questa luce, non vedrai mai niente, o vedrai tutto al rovescio. Ed è l'occhiata che assicura l'entrata di questa luce.
Cosicché per conoscere tutto quello che hai da conoscere, ci vuole la grazia; per introdurre la grazia, ci vuole la docilità; per mantenere la docilità, ci vuole l'occhiata; per dar l'occhiata, ci vuole la sincerità; la sincerità, cioè, la buona volontà. Ebbene, dimmi, capisci adesso la manovra fondamentale del tuo cammino nella vita cristiana? Ne intendi la semplicità? Vedi come, per compiere tutto quello che contiene il messaggio dell'Incarnazione, che è il piano di Dio e il tuo programma: Gloria a Dio nei cieli, pace all'uomo in terra, non si richiede, in ultima analisi, che una sola disposizione: volontà? Ecco la sola cosa domandata da Dio e cantata dagli Angeli. La buona volontà, non voglio dubitare che tu l'abbia. No, non può esser fra noi questione di falsità e di viltà. Ebbene lascia ch'io ti additi il solo ostacolo, contro cui vanno ad urtare le buone volontà dei principianti e ignoranti. Essi vogliono, come si dice, cercare il pelo nell'uovo; e siccome quello non si trova, essi girano qua e là senza nessun profitto. A principio sarai tentato di trovare l'occhiata troppo semplice, e la complicherai, credendo che si debba fare di più. Invece di sottometterti, mediante l'intimo sguardo, praticamente ed efficacemente all'azione di Dio, ti sconvolgerai tutto per vedere di più e far di meglio. Il che vuol dire che sarai ancora portato a far assegnamento sulla tua azione più che su quella di Dio. Abbi fede nel Salvatore che ti dice: Seguimi e non camminerai nelle tenebre, ma avrai il lume della vita. Sì, seguilo, mediante lo sguardo interiore; tien l'occhio fisso sopra di esso, e vedrai presentarsi le occasioni di virtù, imporsi le risoluzioni, scuotersi i vizi, operarsi le trasformazioni, e svilupparsi la tua vita. Ti sentirai diventar cristiano per mezzo di Dio. (continua)
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