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La quiete sui mercati finanziari è durata solo qualche ora. Dopo una mattinata tranquilla, è bastato che cominciassero a muoversi i futures della borsa americana per far subito capire quale sarebbe stato l'esito della giornata: una'altra mattanza finanziaria.
Non si è salvato nessuno oggi. La borsa di Milano ha come al solito tirato il gruppo nella discesa, ma stavolta anche le altre non si sono fatte pregare, da Francoforte a Parigi, da Londra a Madrid tutte hanno sofferto pesanti perdite.
Inutile dire che lo spread dei btp italiani verso i corrispondenti bund tedeschi è tornato a risalire attorno ai 390 punti, massimo dalla nascita dell'euro, come nuovi record hanno segnato i titoli di stato spagnoli (quelli degli altri pigs ormai nemmeno vale più prenderli in considerazione.
Ormai l'assalto è talmente generalizzato verso l'intera area dell'euro che non si può nemmeno dare più la colpa di tutto al governo Berlusconi, che pure ha le sue manchevolezze, non avendo avuto il coraggio di affrontare subito le riforma strutturali che avrebbero permesso all'Italia di inaugurare un circuito virtuso che le avrebbe permesso di iniziare a ridurre il debito pubblico.
Le responsabilità devono essere equamente divise tra i governi nazionali dei membri dell'Unione Europea, che perseguono solo i loro interessi particolri, principalmente la Germania che si rifiuta di aderire all'emissione dei cosiddetti eurobond, titoli di stato europei garantiti dall'intera unione, che andrebbero a sostituire quelli nazionali, beandosi della sua solidità economica e affidabilità finanziaria che le permette di attirare capitali sui propri titoli, pagando di contro interessi bassissimi.
Altro responsabile è Barack Obama e il suo governo, che dopo aver salvato le grandi banche americane, responsabili delle crisi finanziaria del 2007, con i soldi dei contribuenti americani, non è oggi in grado di contrastarne le azioni. Appare chiaro che negli Stati Uniti il vero potere è ormai in mano alle banche e agli Hedge Fund, che sono in grado di mettere in ginocchio anche le banche centrali, a meno che queste non si decidano ad agire di concerto.
Si è visto anche oggi, quando ad un primo accenno di discesa il governatore della Bce Jean Claude Trichet ha dichiarato che la banca europea avrebbe continuato ad acquistare sul mercato titoli di stato, i mercati hanno avuto prima un momento di indecisione, con un rialzo brusco delle quotazioni, e subito dopo, quasi a voler dimostrare di voler accettare la sfida, hanno ripreso a scendere in modo ancora più violento.
Per chi non lo avesse ancora capito, siamo nel mezzo di una vera e propria guerra finanziaria e ad aggredirci sono proprio quelli che consideriamo paesi amici, dimostrando ancora una volta che dalla caduta del muro il mondo è cambiato profondamente e che gli interessi nazionali, anche di quelli che una volta erano paesi alleati, oggi divergono profondamente, tanto da dover far pensare seriamente a decisi cambi di schieramento.
Per prima cosa bisogna ancora una volta rilevare il fallimento dell'Unione Europea, che mai è riuscita ad essere qualcosa di più di una struttura burocratica e antidemocratica, e come sia stata folle l'idea di creare una moneta unica senza un'unità politica.
Oggi paghiamo le scelte fatte da quei personaggi che tanto hanno propagandato l'idea di un Europa unità portatrice di pace e di prosperità, che si è invece rivelata il mezzo attraverso il quale i poteri finanziari internazionali si sono impadronite del governo del vecchio continente.
Adesso si deve almeno stare attenti che proprio quelle persone si ripropongano oggi come salvatori della patria attraverso un "governo tecnico", perché sarebbe veramente come mettere la volpe a guardia del pollaio.
Difficile dire quando ancora potrà durare l'attacco. Nonostante le ingenti risorse a disposizione non potrà comunque durare a lungo e, dopo aver guadagnato sul ribasso dei corsi azionari, la speculazione si girerà al rialzo. Bisognerà solo verificare allora se esisterà ancora una moneta unica europea e se varrà ancora la pena di far parte di un'unione così inutile, se non addirittura dannosa.
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