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Cosa succede quando a un “bamboccione” viene inaspettatamente tagliato il cordone ombelicale? Terapia chirurgica d’urto nel godibilissimo film dei fratelli Duplass presentato al Sundance 2010.
C’era una volta il cinema indie made in USA. Giovani filmakers degli anni ’80, armati di pochi mezzi, ancor meno soldi, ma ricchi di idee e creatività, iniziarono a produrre i propri lavori dando origine non solo ad un filone remunerativo e popolare, ma anche ad una vera e propria filosofia cinematografica, antitetica a quella delle note majors hollywoodiane. Negli anni successivi, i grandi studi, consapevoli della miniera d’oro e di talenti che si nascondevano in questo laborioso sottobosco, decisero a loro volta di entrare in contatto con queste piccole realtà, creando delle filiali specializzate in prodotti che potremmo definire ibridi: autori indipendenti, ma cast spesso altisonanti, da pellicola mainstream.
E’ il caso della nostra chicca da recuperare: Cyrus è nato dalla mente dei fratelli Duplass, giovani talenti del cinema indie, con la collaborazione di John C. Reilly, eccellente e versatile star, nominato agli Oscar 2002 per Chicago. Il film è stato poi prodotto da Ridley e Tony Scott per la Fox Searchlight Pictures e ha visto la partecipazione di un’altra star perennemente a metà tra indie e Hollywood, Marisa Tomei. Nonostante il budget, gli attori noti e l’ampia distribuzione, Cyrus mantiene il meglio dell’etica cinematografica indie: un’ottima sceneggiatura, tante idee, una regia sensibile e mai invasiva e un cast affiatato.
La pellicola ruota attorno a John, quarantenne depresso e divorziato, che ad una festa incontra la dolce Molly e la vita sembra nuovamente sorridergli. Almeno fino a quando non scopre che la donna vive col terribile e viziatissimo figlio ventunenne Cyrus, che non intende lasciar la madre così presto. Quello che poteva ridursi a un semplice scambio di scaramucce tra l’uomo e il pargoletto diventa, in mano ai Duplass, un attento studio di caratteri, che va a fondo nelle loro debolezze, fragilità, difetti e necessità affettive. Il tutto sorretto da un’ottima sceneggiatura, battute fulminanti e un’ironia mai fine a se stessa, cosa rara oggi anche per un prodotto indie.
I toni da commedia grottesca vanno via via stemperandosi verso la fine, quando il film si tinge di amaro prima dell’epilogo, ma anche in questo caso, il dosaggio dei sentimenti è accurato e misurato e la pellicola non subisce sbavature eccessive, il che permette allo spettatore di entrare ancor di più in simbiosi con i personaggi. Infine, fiore all’occhiello di questo gioiellino da recuperare assolutmente, il magnifico cast: Reilly e Tomei perfettamente in parte, entrambi eccellenti nel comunicare la delicatezza e la complessa psicologia dei loro personaggi, ma la vera rivelazione del film è Jonah Hill, sottile, ambiguo, inquietante, capace di comunicare con piccole variazioni gli stati d’animo contrastanti del giovane Cyrus. E’ nata una nuova stella nel firmamento indie (e non).
TERAPIA FAMILIARE IN SALSA INDIE
Dr. Jack Griffin
Regia: Jay e Mark Duplass – Cast: John C. Reilly, Marisa Tomei, Jonah Hill, Catherine Keener – Paese: USA, 2010