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Dal lodo a twitter: l’evoluzione della comunicazione politica

Creato il 21 aprile 2014 da Libera E Forte @liberaeforte

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L’ultimo in ordine di tempo è il presidente del Consiglio Matteo Renzi, che ricorre agli hashtag per snocciolare le misure decise dal Consiglio dei ministri. È così che il capo del governo comunica, in tempo reale, tutte le novità, che riguardano non solo i famosi 80 euro al mese, ma anche le auto blu, le spese degli enti locali, le forze di sicurezza.

L’evoluzione della comunicazione politica non è però iniziata ieri. Dalle lenzuolate di Pierluigi Bersani al blog di Grillo, passando per i “salva”, “cresci” e “semplifica Italia” di Mario Monti e per il “decreto del fare” di Enrico Letta, il linguaggio dei politici è cambiato nel tempo. E non solo ammicca alle nuove forme di comunicazione (i cinguettii su twitter sono ormai all’ordine del giorno), ma sempre più spesso ricorre a titoli, spot e frasi a effetto. Che spesso diventano tormentone, per  rimanere definitivamente nel linguaggio comune.

Tecniche ed espedienti impiegati anche nell’attività parlamentare, e non solo, appunto, in tempi recenti: è del 1996 il “lodo Maccanico”, che doveva portare a un accordo sulle riforme tra centrodestra e centrosinistra, poi naufragato. Così come la bozza Boato, elaborata per arrivare a un’intesa sulla giustizia, mai raggiunta, all’epoca della Bicamerale presieduta da Massimo D’Alema.

Poi fu la volta dei lodi Schifani e Alfano, bollati dagli avversari politici di Silvio Berlusconi come “norme ad personam”. Il primo a usare il termine “par condicio” per indicare la necessità, in campagna elettorale, di garantire parità di accesso ai mezzi di comunicazione a tutte le forze politiche, fu invece l’allora presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro.

MC

 


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