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Dalla Spagna contro i 343 'bastardi' francesi: la prostituzione non è un diritto degli uomini
Da Rottasudovest"Il manifesto in questione ha il merito di provare come la prostituzione sia cosa degli uomini" sostiene. E lo dimostra: "La prostituzione non è qualcosa che facciano o esercitino le donne, ma è quello che fanno gli uomini con loro, quando, disumanizzate, trasformate in oggetti o mercanzia, accedono al loro corpo mediante il denaro. Il linguaggio tradizionale ci inganna. Le donne non 'si prostituiscono', sono prostituite. La prostituzione funziona su un continuum di violenze in cui alcuni uomini condizionano un certo numero di donne per metterle a disposizione di altri uomini". Anche la 'libertà di prostituirsi' rivendicata da alcune donne non deve trarre in inganno. "Sono povere, arrivano da regioni e Paesi economicamente depressi, appartengono a minoranze etniche o a popoli colonizzati, sono entrate nel mondo della prostituzione molto giovani, abbondano i casi di abusi nell'infanzia e sono frequenti le situazioni di alcolismo e tossicodipendenza. In queste condizioni, evocare la 'libertà' è un controsenso e pretende solo spostare l'oppressione di genere, sociale e razziale che comporta la prostituzione". Il termine puttana non è solo un insulto, ma è "l'attribuzione di un'identità" perché "nella fantasia maschilista la puttana è un essere lascivo, in un certo senso subumano, tanto desiderabile sessualmente quanto profondamente disprezzabile. Ma se si ammette l'istituzione della prostituzione, la puttana è la donna per antonomasia. Da quest'ottica solo una cosa distingue le donne prostituite dalle altre: le prime hanno un prezzo, quello delle altre non è ancora stato fissato. Di fatto la prostituzione costituisce la pietra angolare della costruzione dell'identità maschile, secondo i parametri della dominazione patriarcale". Dunque non è una questione di sesso, ma di dominazione, l'esistenza "di una riserva di donne a disposizione del capriccio degli uomini", per affermare la "loro preminenza nella società, per quanto questa aderisca ai proclami o alle politiche di uguaglianza". La prostituzione, sottolinea Rabell, impone "il dibattito sulla società che abbiamo e le relazioni umane a cui aspiriamo". Per questo va affrontata con la stessa forza con cui gli statunitensi difesero l'abolizione della schiavitù, sostenendo che "nessun cittadino americano poteva vendere o comprare un altro essere umano". Nel caso della prostituzione bisogna difendere "il destino di milioni di donne e bambine, violentate e trafficate in tutto il mondo, perché i bastardi di tutti i Paesi continuino a detenere il privilegio ancestrale". In gioco non solo il destino di donne e bambine, ma anche della democrazia, "che non può essere tale sulla base di una simile disuguaglianza strutturale tra uomini e donne. Bisogna impegnarsi nell'emancipazione delle donne e in una nuova identità degli uomini, forgiata nel rispetto e nell'empatia e non nella brutalità sempre latente, di un potere di diritto divino". Per arrivare a questo bisogna "combattere le cause della prostituzione e le situazioni che la favoriscono, perseguire lo sfruttamento e smascherare l'industria del sesso. Ma bisogna anche mettere fine, con la convinzione o con la forza della legge, all'arroganza dei bastardi. La prostituzione non è un diritto degli uomini. Una società democratica, al contrario, deve proclamare e rendere effettivo il diritto delle persone a non essere prostituite".
Grazie, Lluis Rabell, che ci pensino anche a latitudini italiane.
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