Non stupiamoci se questa storia si trasformasse tra qualche tempo in un film di successo. Il percorso di Jimmy Butler, senior da Marquette, trentesima scelta assoluta dell’ultimo Draft da parte dei Chicago Bulls, assomiglia a quello di Michael Oher, giocatore di football la cui vita è diventata prima un libro e poi una pellicola molto famosa, The Blind Side, con Sandra Bullock. All’età di 13 anni Butler è stato buttato fuori di casa dalla madre, e dopo un periodo trascorso dormendo sotto i ponti cercando di soravvivere, ha trovato una nuova famiglia che lo ha accolto e gli ha indicato la via per centrare i suoi obiettivi. Una storia difficile da raccontare: lo stesso Butler ci ha messo molto tempo a trovare il coraggio per parlarne pubblicamente.
“So che pubblicherai la mia storia. L’unica cosa che ti chiedo è di non scrivere in maniera tale che le persone si sentano in colpa e provino compassione per me. Non lo sopporto, non c’è niente di cui dispiacersi. Queste difficoltà mi hanno reso l’uomo che sono“, ha detto Butler a Chad Ford, giornalista di punta di Espn. Butler, ragazzo texano di Tomball, è stato letteralmente gettato fuori di casa a calci dalla madre (il padre l’avevamo già perso per strada) e all’età di 13 anni si è ritrovato senza una famiglia, senza una casa e senza un soldo in tasca. Cercava di sopravvivere spostandosi da un amico all’altro, restando con un tetto sopra la testa per qualche settimana, poi era costretto a cambiare aria.
In casa già c’erano sette figli e si diceva che Jimmy fosse un ragazzo problematico. Inizialmente Michelle disse a Butler che poteva restare qualche notte ma dopo alcuni mesi la signora si convinse a tenerlo sotto il suo tetto. Jimy doveva però essere un modello per i più piccoli, frequentare le lezioni e migliorare i suoi voti. “Mi hanno accettato non perchè fossi bravo a giocare a basket ma per quello che ero. La signora Lambert mi ha dato amore, ciò di cui avevo bisogno“, dice Jimmy, che nell’anno da senior a Tomball HS brilla e chiude a 20 punti e 9 rimbalzi di media. Nonostante queste prestazioni non arrivano borse di studio e si ritrova in un Junior College, a Tyler. Qui domina, con trentelli e quarantelli, e viene nominato nel quintetto All American.
A questo punto le grandi università si fanno avanti, Kentucky, Clemson, Mississippi State, ma Michelle Lambert lo spinge a Marquette, dove secondo lei Butler può ricevere la preparazione accademica migliore per potersi fare una vita anche dopo il basket. Con coach Buzz Williams le cose non sono subito rose e fiori, anzi, Jimmy trascorre in panca l’anno da sophomore, è frustrato e vuole tornare a casa, ma la signora Michelle lo convince a restare e gli dice che il coach fa questo solo per il suo bene. Infatti Butler cresce e impara, alle spalle di due fenomeni come Lazar Hayward e Wes Matthews. Nell’anno da senior è la stella delle Golden Eagles, 16 punti e 6 rimbalzi di media, e attira l’attenzione degli scout Nba per il suo essere un vincente, polivalente e ottimo difensore (nella sfida contro Providence annulla Marshon Brooks). La senior night a Marquette è il momento più toccante della vita di Butler e della signora Lambert probabilmente. “Sono felice e orgogliosa di lui. Finora tutti hanno sempre dubitato di Jimmy. Lui ha cambiato la nostra vita, ha reso migliore la nostra famiglia“, ha detto la signora Michelle. La replica a Jimmy: “La adoro. Loro sono la mia famiglia, Michelle è mia madre“. Terminata la stagione collegiale, Butler si concentra in vista del Draft, domina il Portsmouth Invitational dove viene nominato Mvp, impressiona scout e gm al Draft Combine di Chicago e anche tutti i provini con le squadre sono eccellenti. “Spero che qualcuno gli dia una possibilità, nessuno finora ha mai creduto in lui. Sono pronta a dare il mondo a coloro che gli daranno una chance“, dice un’emozionata signora Michelle. E quell’occasione arriva, dai Chicago Bulls, che lo scelgono con la trentesima e ultima chiamata al Draft. Jimmy ce l’ha fatta, ha vinto. Ora comincia un’altra grande sfida.