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dalla Val Susa – quarta e ultima parte

Creato il 06 giugno 2011 da Gaia

terza parte

E comunque c’è chi non si fida di me, mi fa uno strano effetto. I presidianti sono abituati a tenere gli occhi aperti in caso di infiltrazioni di polizia e carabinieri. Una sera, non ricordo se sabato e domenica, in piazzetta ci sono due tizi con l’aria smarrita e un po’ tonta che si guardano in giro – nessuno li conosce. La tecnica per smascherare gli infiltrati è andare dagli individui sospetti e chiedere: “da dove venite?” Se dicono il nome di un paesino della valle si cerca di capire se qualcuno di lì li conosce, o si fanno domande a cui un vero paesano saprebbe rispondere. Di solito sentendosi smascherati si allontanano, o così mi viene raccontato. La cosa assurda è c’è chi sospetta di me. Non mi piace, mi sento gli sguardi addosso, capisco il senso di certe domande, sento addirittura dire frasi offensive – “io non l’ho mai vista…”, mi mortifica dover dimostrare qualcosa che per me è ovvio, cioè chi sono.

Domenica notte la passo nel boschetto con i ragazzi che vengono da Roma. Hanno legna per un falò di ore. Quando ormai quasi tutti sono entrati nelle tende per dormire, inizia a piovere. E’ una pioggia delicata, fermata in alto dalle foglie dei castagni, che non mi sfiora nemmeno. Resto a scaldarmi al fuoco all’aperto, finché i capelli sanno di fumo e l’acqua oltrepassa le fronde e inizia a cadere anche su di me. Salgo alla piazzetta. C’è gente dappertutto, dorme sui cartoni per terra, sotto il tendone, sospesa tra due sedie, a faccia in giù sui bancali. Sembra una convention di barboni. Io mi sdraio davanti al muro dell’azienda agricola, sulla pietra, all’aperto. La pioggia mi cade accanto ma non mi bagna. Dormo come una regina. Mi sveglio con le formiche che mi scorrazzano sul sacco a pelo.Lunedì fa freddissimo e piove. Una manifestazione sì tav piuttosto farlocca viene organizzata dalla CISL a Susa. Osservatori e giornalisti favorevoli dicono che ci saranno sì e no duecento persone. La decisione collettiva è di non rispondere alla provocazione e di lasciare che sfilino pure, senza contromanifestare. Sono molti meno di noi (centinaia e in continuo ricambio che facciamo qualcosa di molto più faticoso e rischioso di una marcia diurna), ma i media non lo sottolineano.Io sono esausta e mi decido ad accettare l’offerta di un pile. Me lo danno Valerio e Antonella, due persone di una generosità straordinaria che mi offrono anche il pranzo, la doccia, e un divano letto su cui dormire. Mi sento rigenerata e torno al presidio per l’ultima notte – volevo andare via, ma letteralmente ho fatto 30 e farò 31. Continua a piovere, saranno dieci gradi. Un fuoco arde in un bidone sotto alla pioggia. Qui c’è gente che di giorno lavora e di notte presidia – non so come fanno a reggere. E’ tutto ordinato e pulito, si fa la raccolta differenziata anche qui in mezzo al nulla. Sono a Palermo adesso, è bella ma vedeste come è sporca e puzza. In Val Susa la gente da sola riusciva a dividere i rifiuti e non lasciare cesso dietro di sè.Serve che vi dica che non è venuto nessuno neanche il primo giugno? Né polizia, né operai. Non potevano: eravamo in troppi che aspettavamo solo di fermarli.La cosa che dovrebbe far incazzare, io credo, qualsiasi cittadino italiano, è che questi cialtroni non sono riusciti a rispettare la scadenza e se ne sono dati un’altra.“Giugno ha trenta giorni e sono quelli che separano la Torino-Lione dal giudizio finale dell`Europa”, annuncia La Stampa. Se non inizieranno i lavori entro fine giugno, “salteranno i fondi europei”. Ma come? Non dovevano già essere saltati? Quanto altro tempo e soldi hanno intenzione di buttar via con questa sceneggiata? Tanto la TAV non la faranno mai. I valsusini non glielo permetteranno. Si sono già riversati su Venaus in decine di migliaia, per smontare un cantiere con le mani nude e accerchiare la polizia. Lo rifaranno se necessario.I no tav restano al presidio. Qui c’è la loro versione di quello che sta succedendo lassù, per chi li vuole seguire.Io parto il primo giugno in treno da Bussoleno. Arrivo alla stazione di Torino in mattinata. Fa freddo, non c’è una sala d’aspetto, i bagni sono solo a pagamento, e così anche l’acqua. Ho nostalgia della Val Susa, dove quel poco che c’era era di tutti.

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