Il duca bianco. Lo conosciamo tutti così. David Bowie. All’epoca, poco prima della pubblicazione del suo primo album, si atteggiava a voler diventare «l’Elvis Presley inglese». Devo dire che dopo innumerevoli ascolti di album live e bootleg di questo poliedrico artista, l’impresa gli è quasi riuscita. Se poi David Bowie non è diventato il Pelvis de noantri, semplicemente lo si deve alle sue mille sfaccettature e interessi, che fin dalla giovane età lo hanno portato a scandagliare i pi+ù disparati terreni musicali. E così, l’omonimo David Bowie, che esce nel 1967 sotto l’etichetta Deram Records (il “periodo Deram” sarà proprio un marchio di fabbrica del primo, indeciso, Bowie), in piena ondata beat-rock, è il frutto di una commistione di stili che si riflettono sulle tendenze della moda musicale della swinging London dell’epoca. In 14 tracce, alcune anche riadattate da lavori passati, abbiamo il vaudeville, le visioni mistiche, la psichedelia e il teatro: in Please Mr. Gravedigger per far finta di cantare sotto la pioggia, si mise l’impermeabile in sala di registrazione e si alzò il bavero frugando con le mani in una sacca piena di sassolini (quindi anche già un po’ schizzato…): fuso.
Dentro ci sono i Beatles, i Pink Floyd e addirittura qualcosa di Frank Zappa (Freak Out per intenderci), ma su quest’ultimo accostamento mi assumo le mie responsabilità. E poi il folk inglese e temi orwelliani. Poco, pochissimo di acustico presagisce il futuro avvento di Space Oddity. Bowie sembra isolarsi dal resto del mondo, vagando senza idee (o forse con troppe in zucca) da un territorio all’altro, scrutando tutto, prendendosi tutto. Questo primo album, dunque, lascia letteralmente senza parole, nel bene e nel male.
Io ve lo consiglio, evitando magari l’edizione Deluxe, troppo ripetitiva (altre 14 tracce in versione mono-mix sono una mazzata, il secondo cd di inediti è più stuzzicante ma se ne può fare a meno): perle restano Rubber Band e Love You Till Tuesday, ma nel complesso è tutto molto piacevole e brioso. Come and Buy My Toys, Join the Gang, When I Live My Dream e Silly Boy Blue, sono solo alcuni degli esempi di brani che furono proposti a molti artisti emergenti dell’epoca. Non li voleva cantare nessuno, li prese Bowie. Che non li cantò, li personificò.