Ieri sera ho assistito allo spettacolo di Vittorio Agnoletto, Eclisse della Democrazia all’interno della mostra Cassandra a Forte Marghera – Venezia. Direte voi, embè? Bravo! Ma che ce ne frega?
Beh… posso aggiungere che dopo ho mangiato una pizza e masticando meditavo nell’ombra (cit.Lindo Ferretti, Paz), già… perchè sia la mostra che lo spettacolo raccontavano il decennale del G8 di Genova, dieci anni di guerra e di terrorismi planetari con un punto di non ritorno; l’
11 settembre 2001. Quel giorno si manifestò charo un disegno politico globale di cui il terrore è solo uno degli elementi in gioco; gli altri sono l’ordine come necessità e la paura come mezzo per ottenerlo. Il capitalismo ha dal secondo dopoguerra alimentato se stesso e giustificato la sua inumanità ponendosi come alternativa ad un baratro, come miglior mondo possibile se l’altro è fatto di comunisti prima, terroristi islamici poi. Così la guerra, così lo strapotere finanziario sull’economia materiale, così lo sfruttamento e l’impoverimento massificato delle popolazioni del terzo, quarto, quinto mondo, così la riduzione dei diritti civili e sociali nel primo mondo, così tutto è funzionale a quello che viene raccontato come il vero scopo della nostra società:
difenderci dal nemico. Non voglio impelagarmi in quanto alcuni fatti, 11 settembre, attentati di Londra, Madrid siano oggi prossimi a una rilettura storica che metta in luce le oramai provate connivenze di alcuni pezzi dei servizi segreti e dei poteri forti Americani (e non solo) con i presunti terroristi. Non voglio parlare di complotti, perchè non c’è stato nessun complotto, si è trattato di un disegno politico ed economico, di
un modo di gestire il mondo per consegnarlo alla sovranità di pochi. In questo disegno politico il terrorismo era un elemento vitale per iniettare il germe della paura e della volontà di affidarsi a poteri forti capaci di proteggerci. Il vero salto di qualità rispetto alla guerra fredda è stato proprio il
profilo spaziale del nemico. I comunisti erano in Russia, in Cina, qualcuno diceva McCarthy s’infiltrava negli
Stati Uniti e cercava d’insinuarsi nella società americana, ma si trattava comunque di un nemico collocato geograficamente in modo preciso e che aveva una sua autonomia politica e mediatica, parlava una sua lingua senza condizionamenti. Il terrorismo invece è stato raccontato come una specie di gas che s’infilava dapertutto, anche il nostro vicino di casa del Marocco poteva avere in casa 100 kg di tritolo e farsi saltare in aria. Il terrorismo nell’immaginario esiste ben aldilà di quelli che sono i suoi confini materiali e fisici, il terrorismo è un racconto che esiste ed è esistito non solo in fatti concreti ma anche nell’ inconscio timoroso di milardi di persone. Ma ogni narrazione a un certo punto dopo essersi sedimentata perde la sua efficacia primaria, diventa tratto di una cultura e inizia a diventare permeabile ai cambiamenti proposti dagli uomini. Ne consegue che Il terrorismo dopo dieci anni non fa più paura come lo faceva un tempo. Quindi si è rischiato che in un qualche modo la gente possa aver voluto
ridiscutere tutte quelle poltiche attuate in nome della lotta al terrore ma che in realtà era solo politiche per l’ affermazione del capitalismo del terzo millennio. Si è rischiato, ma è stato un rischio calcolato perchè il capitalismo stesso, senza alcuna delega politica, ha prodotto un nuovo anticorpo per non farsi permeare dalla vera democrazia.
Questo anticorpo è il debito, tutti abbiamo un debito, tutti portiamo una croce dalla nascita, tutti portiamo questo peccato originale che in qualche modo dobbiamo espiare donando qualcosa ai creditori. Ma è sull’identità dei creditori che dovrebbe crollare nella coscienza collettiva questo costrutto del pensiero: i miei creditori sono a loro volta debitori di altri creditori che a loro volta sono debitori e così all’infinito.
Un debito non può mai essere estinto, quindi è un nemico perenne, indistruttibile, più forte di Bin Laden, invincibile e radicato all’interno di ognuno di noi, è un peccato cattolico; lo dobbiamo confessare e fare penitenza sapendo che peccheremo di nuovo e ci confesseremo di nuovo e ci puniremo di nuovo.
Quindi quali solo le armi per combattere il debito? La strada maestra sinora è stata quella di trovare degli
esperti di debito, degli economisti, banchieri e fare in modo che siano loro a gestire la faccenda, e quindi sacrificare tutto il resto, la democrazia, i beni comuni, niente è esente da debito, quindi tutto può essere preso, espropriato da chi deve tenere sotto occhio questo tumore incurabile che non uccide il malato ma lo stordisce.
A mio modo di vedere si deve intuire una cosa, avere un planetario insight: non è con le leggi dell’economia che si risolve un problema che le leggi dell’economia hanno voluto coscientemente creare. E’ la ragione che deve riprendere cittadinanza nel dibatitto pubblico e capire che il debito non esiste come fatto sociale che riguarda tutti ma solo come scelte scellerate di pochi criminali del capitale che vale la pena arrestare, processare piuttosto che metterli a governare un paese. Se ci pensiamo bene la faccenda somiglia molto al modo di fare degli strozzini di mafia, ti indebitano, ti fanno fallire e diventano i tuoi padroni, ma le leggi della democrazia queste cose le condannano nei tribunali, quindi è arrivato il momento di andare a denuciarli, tutti.