Con il passare del tempo i sentimenti, le emozioni e gli istinti si trasformano e subentra la personalizzazione razionale con cui si analizzano le risposte del nostro corpo e della nostra mente agli accadimenti quotidiani, fino a diventare, però, spirito di conservazione. In più esiste la possibilità che questo status degeneri al cospetto delle provocazioni e delle incomprensioni, quando anche le linee di principio (la tolleranza, l’altruismo e la disponibilità), basilari per tenere in equilibrio i rapporti nella società attuale, iniziano a vacillare. In questo intreccio scivolano via le incongruenze di tutti i gironi, in una fase controversa e intricata dove la crisi economica assoluta, la mancanza di riferimenti ideologici, la disaffezione politica e soprattutto la mancanza di benessere e lavoro stanno esacerbando gli animi. Non c’è più tempo per attendere i cambiamenti che un Paese “vecchio” come l'Italia necessita, per sperare in un posto di lavoro che non c’è e difficilmente arriverà, per piegarsi ai diktat delle Autorità sovranazionali, per prepararsi ad altri sacrifici e per accettare l’invasione del territorio. Si, perché in molti vedono proprio la presenza degli immigrati nel nostro Paese come una minaccia per il lavoro e per la sicurezza, un po’ sulla falsariga dell’occupazione meridionale del nord negli anni del benessere economico di oltre trenta anni fa. A Roma la risposta ad un centro di accoglienza per giovani orfani rifugiati è stata eclatante e rappresenta la fotografia di un Paese non più disponibile al dialogo ed all’accoglienza. A Milano, dove vivo da oltre vent’anni, osservando i cambiamenti di questa metropoli multietnica noto mutazioni e distorsioni, anche se molto meno alienanti. I dormitori sono stracolmi, le code ai centri alimentari di beneficenza sono lunghissime, le case occupate continuano ad aumentare costantemente ed è palpabile lo scetticismo e la nostalgia. In questo quadro crescono i timori di un’esplosione sociale: le manifestazioni di questi giorni innalzano la soglia di attenzione e gli scontri, i feriti e le diverse fazioni iniziano ad assumere posizioni estreme. La tensione sale e tutti sembrano aver ragione, anche se qualcuno dovrà avere pur torto in mezzo a questo prolungato diverbio sociale. Il "distorto" spirito di conservazione sta prendendo il sopravvento e c’è chi lo cavalcherà per utilitaristici benefici di consenso. In preda alle “umoralità” l’Italia sta continuando a perdere terreno rispetto al resto dell’Occidente in termini culturali ed economici, ampliando un divario già decisamente ampio. La deriva fobica, antipasto della repressione delle idee, è dietro l’angolo ed il disgusto ed il disprezzo sono un pericolo devastante sulla via dell’autodistruzione sociale. La libertà di espressione ed il dissenso sono dimostrazioni di democrazia, la violenza un po’ meno.
Magazine Opinioni
Con il passare del tempo i sentimenti, le emozioni e gli istinti si trasformano e subentra la personalizzazione razionale con cui si analizzano le risposte del nostro corpo e della nostra mente agli accadimenti quotidiani, fino a diventare, però, spirito di conservazione. In più esiste la possibilità che questo status degeneri al cospetto delle provocazioni e delle incomprensioni, quando anche le linee di principio (la tolleranza, l’altruismo e la disponibilità), basilari per tenere in equilibrio i rapporti nella società attuale, iniziano a vacillare. In questo intreccio scivolano via le incongruenze di tutti i gironi, in una fase controversa e intricata dove la crisi economica assoluta, la mancanza di riferimenti ideologici, la disaffezione politica e soprattutto la mancanza di benessere e lavoro stanno esacerbando gli animi. Non c’è più tempo per attendere i cambiamenti che un Paese “vecchio” come l'Italia necessita, per sperare in un posto di lavoro che non c’è e difficilmente arriverà, per piegarsi ai diktat delle Autorità sovranazionali, per prepararsi ad altri sacrifici e per accettare l’invasione del territorio. Si, perché in molti vedono proprio la presenza degli immigrati nel nostro Paese come una minaccia per il lavoro e per la sicurezza, un po’ sulla falsariga dell’occupazione meridionale del nord negli anni del benessere economico di oltre trenta anni fa. A Roma la risposta ad un centro di accoglienza per giovani orfani rifugiati è stata eclatante e rappresenta la fotografia di un Paese non più disponibile al dialogo ed all’accoglienza. A Milano, dove vivo da oltre vent’anni, osservando i cambiamenti di questa metropoli multietnica noto mutazioni e distorsioni, anche se molto meno alienanti. I dormitori sono stracolmi, le code ai centri alimentari di beneficenza sono lunghissime, le case occupate continuano ad aumentare costantemente ed è palpabile lo scetticismo e la nostalgia. In questo quadro crescono i timori di un’esplosione sociale: le manifestazioni di questi giorni innalzano la soglia di attenzione e gli scontri, i feriti e le diverse fazioni iniziano ad assumere posizioni estreme. La tensione sale e tutti sembrano aver ragione, anche se qualcuno dovrà avere pur torto in mezzo a questo prolungato diverbio sociale. Il "distorto" spirito di conservazione sta prendendo il sopravvento e c’è chi lo cavalcherà per utilitaristici benefici di consenso. In preda alle “umoralità” l’Italia sta continuando a perdere terreno rispetto al resto dell’Occidente in termini culturali ed economici, ampliando un divario già decisamente ampio. La deriva fobica, antipasto della repressione delle idee, è dietro l’angolo ed il disgusto ed il disprezzo sono un pericolo devastante sulla via dell’autodistruzione sociale. La libertà di espressione ed il dissenso sono dimostrazioni di democrazia, la violenza un po’ meno.
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