Ognuno di noi, a volte, deve affrontare la depressione e l’obbligo di continuare il proprio lavoro. Qualche tempo fa, parlando con una collega riemersa da una grave situazione familiare, ho accolto la sua testimonianza sulla difficoltà del continuare ad adempiere ai propri compiti professionali pur essendo afflitta da stanchezza mentale e fisica, depressione, ansia, apatia.
Ha condiviso lo sforzo nell’imporsi di portare a termine piccole incombenze necessarie per il suo business e come questo non le abbia dato energia o conforto, aumentando, in realtà, la percezione di “carico” da portare sulle spalle.
Conosco la situazione e, nel lavoro da free-lance, riuscire a mantenere la forza di volontà significa spremere la propria convinzione vacillante vincendo un tiro alla fune con l’indifferenza. Esistono degli escamotage per “tenere botta” in un momento di depressione?
Il lavoro è rimandabile ma, non in eterno. Si può prendere una vacanza però poi si deve tornare. Se non è possibile mettere in pausa gli impegni e se è necessario andare avanti, magari gestendo più attività contemporaneamente, il rischio concreto di errori “cari” è concreto. Questi “errori” possono nascere, per esempio, da disattenzioni, vuoti di memoria, stati di trance, crisi isteriche, arrabbiature oltre misura, scelta di parole sbagliate in comunicazioni di rilievo.
Non sono una psicologa ma, ho sperimentato sulla mia pelle queste emozioni, diverse volte. Mi sono danneggiata mandando in fumo relazioni e opportunità di lavoro. Con il tempo ho scoperto, però, che esistono degli stratagemmi mentali per far fronte all’onda anomala di negatività. Sono soluzioni adatte a un breve periodo, in divenire: si tratta di pensieri a cui aggrapparsi come fossero ancore di salvezza, in grado di traghettarci fuori dalla nube tossica con dei risultati positivi in attivo. Ho trovato degli aiuti in questi accorgimenti, di cui vi parlerò perché credo sia produttivo mettere a disposizione degli altri delle risorse di sopravvivenza.
1) L’energia dei sogni
I sogni vengono chiusi in tanti contenitori: il cassetto, per esempio, è il luogo ideale per quel genere di sogni fondamentali, ma sentiti come fantasie ” e nulla più” (almeno fino a quando non si decide di mettere alla prova questa convinzione). Poi ci sono i sogni nel cassetto della scrivania ovvero quelli più vicini al proprio luogo di lavoro, quelli che abbiamo riposto solo per un periodo nel faldone etichettato più o meno con un “Sarebbe bello”. Sono speranze, sono ipotesi, sono progetti o business plan di attività non ancora realizzate ma, che sapete per certo vi rappresentano e vi stimolano. Bene. In quel cassetto della scrivania, c’è un raggio di sole da tirare fuori, spolverare e far vivere.
Esperienza personale - Prima dell’estate 2013 stavo vivendo un periodo negativo. Confrontandomi con quelle persone che, in seguito, sono diventate mie partner lavorative per un periodo, ho tirato (di nuovi) fuori dal cassetto una manciata di sogni impolverati: vivere (un pochino) con la scrittura, realizzare qualcosa di inerente la formazione, la comunicazione, lo scambio di emozioni, iniziare a risparmiare per comprare, un giorno, un grande casale nel quale avviare la continuazione delle attività che ora prendevano forma nella mia mente. Quest’insieme di idee mi hanno dato energia togliendomi, in un baleno, il mantello pesante della tristezza dalle spalle e portandomi a lavorare con entusiasmo, tenacia e grande iniziativa volitiva.
2) Il bosco ristoratore
Il contatto con la natura aiuta. Una passeggiata all’aria aperta ossigena i polmoni e, più la camminata è lunga e solitaria (con il telefono staccato o silenzioso e senza Ipod), più i pensieri, alla lunga, si distendono, creando il vuoto “caldo” e rilassante intorno a quei vortici mentali di riflessioni ossessive. Facendo spazio, prendendo ad accettate quei rovi intricati che impediscono al sorriso di emergere, dando spazio ai sentimenti e alle preghiere più sincere, ci si incammina su un sentiero di potenzialità. Se il dolore ha uno spazio intimo per emergere e, allo stesso tempo, viene aiutato a sciogliersi da un’insieme di “mani tese”, la speranza per un domani migliore si fa concreta realtà. Queste mani tese possono essere la psicoterapia (o le terapie alternative), lo sport, il contatto con la natura. Il bosco può essere anche un ritrovo figurato, il luogo della creatività espressa dai colori delle immagini emerse attraverso la pittura, la scultura, la scrittura, il ricamo, la cucina. Queste esperienze, oltre a disintossicare i pensieri, spostando l’attenzione da un crogiolo di angosce a un’attività codificata, aiutano ad allentare la presa della tagliola nel cuore.
Esperienza personale – Camminare all’aria aperta, isolarmi nei boschi è la mia medicina anti-depressiva per eccellenza. Le fronde degli alberi fanno scudo intorno a me e le fredde pietre lungo i sentieri diventano panche capaci di accogliere le mie emozioni, prendendosi cura di me, facendomi sedere e fermare, per qualche tempo. Ascoltare il gorgoglio dell’acqua, guardare i flussi, fissare la terra e scorgere i segni del mutamento, anche in pieno inverno, mi ricorda che tutto scorre, tutto evolve, tutto muore e rivive, rinasce germogliando in qualcosa di nuovo, con le radici del vecchio, in un terreno arricchito dagli incontri del presente.
3) Le tabelle di marcia
Per mantenere un minimo di controllo e consapevolezza sulla rotta che si ha intrapreso sono molto utili le tabelle. Le si può utilizzare per gestire il rapporto con il cibo in un momento di dolore, tenendo traccia degli orari in cui ci si nutre, delle quantità, delle emozioni oppure le si possono usare per costruire un compartimento stagno di attenzione e cura nei confronti delle spese per un progetto, delle attività non derogabili, non annullabili. A fine giornata, l’aver compilato tutte le celle della tabella, darà un’idea precisa (anche se, forse, non completa) del momento in cui siamo, delle attività svolte, dei risultati raggiunti. Troveremo fiducia scoprendo di essere riusciti a fare una cosa bollata come impossibile oppure ci renderemo conto di essere riusciti a gestire un’emozione complicata e “ad onda” senza per questo farci del male, per esempio, fumando dieci sigarette in più del solito ma, magari, comprandoci un mazzo di fiori da mettere sulla scrivania.
Esperienza personale – Utilizzo le tabelle di marcia per gestire la mia attività professionale, il mio rapporto con il cibo e per fare il punto della situazione sull’educazione del mio cane. Questi strumenti mi permettono di capire quando le mie emozioni negative influenzano la mia vita e i risultati e mi danno l’opportunità di chiedermi che cos’ avrei potuto fare invece di reagire in un certo modo oppure invece di mangiarmi due fette di crostata e cinque biscotti con il caffè. Capire mi permette di agire. A volte, sentire “la stupidità” di certi comportamenti mi ha permesso di iniziare un processo di cambiamento più strutturale perché, una volta aperto gli occhi, non potevo più protrarre un modo di agire sbagliato… perché ero consapevole di questo stato errato e dei danni che ciò provocava.
Depressione e lavoro si incontrano, prima o poi. Ognuno di noi lo ha sperimentato e ognuno di noi conosce lo sforzo necessario per affrontare l’invasione degli zombie nella mente, riportando gli alieni nel loro pianeta d’origine e ristabilendo un nuovo ordine da un cumulo di macerie. Trovare nuova energia è possibile. Il processo di fusione e modellamento chiamato “Vita” ci mette alla prova ogni giorno, spingendoci vicino ai fili elettrici dei nostri limiti. Andare oltre è un nuovo rischio, un nostro dovere, una nostra avventura. La nostra professionalità subirà cambiamenti e dopo questo viaggio non saremo più gli stessi. Affronteremo il lavoro sotto un’ottica diversa e, a volte, questo travagliato viaggio di riconquista della serenità potrà anche essere futura fonte di reddito. Depressione e lavoro è un’occasione per scoprire qualcosa di nuovo su noi stessi, immaginando nuove reazioni, risposte, produttività.