Io credo che già si poteva intuire, dopo sei mesi di zitto, che il presente blog è ufficialmente preda di un esaurimento nervoso. Nessuna voglia più di scrivere, di raccontar(mi), meno che mai di ragionar di tè – che pure continua a sgorgare, limpido, unica trasparenza in questi miei giorni (mesi) opachi. Per tanti di quei motivi, troppi e troppo miei per dirli qui o altrove; le solite sciocchezze e immensità: quel che importa è il risultato.
Anche l’appendice usa-e-getta della fan page su Facebook, che in questi mesi ho alimentato a mo’ di cuore artificiale, si è chiusa in questi giorni senza avvertire, tirando via la spina con un catartico strattone. E bon. Un po’ di vero silenzio, finalmente.
C’era bisogno di specificare? No, non c’era. Ma passavo di qui, l’istinto è stato quello di affacciarmi a sussurrare un cauto c’è nessuno? rivolto anche – soprattutto – a me stessa. Nessuno c’è.
Spolvero un angolino, prima di andare, ci appoggio un quadro e una poesia; com’ero solita fare, prima, le volte che qualsiasi altro dire mi sarebbe parso inutile, vuoto, insincero, superfluo. Ecco.
Di una cosa sola sono certa: se un giorno tornerò a scrivere, voglio che sia per troppa felicità (sempre stata fanciulla di poche pretese, io, eh, bisogna ammetterlo); voglio che sia perché mi riconosco.
Fino ad allora (e potrebbe essere ben lungo, come allora; anche come tipo sempre), boh. Credo che in questi casi si usi pronunciare, per togliersi dall’imbarazzo, un semplice e auspicabile arrivederci.
Arrivederci, caritutti. Senza tanti convenevoli.
Sere
~
Andrew Wyeth, Wind from the sea
Viene a cercarti l’anima
come fanno i suonatori sui tasti
prima di riversarvi la piena della musica -
ti rintrona per gradi -
prepara la tua friabile sostanza
per il colpo celeste
con martelli più deboli – uditi in lontananza -
poi più vicini – poi talmente lenti
che il tuo respiro ha tempo di assestarsi -
la mente – di gorgogliare imperturbata -
e scaglia – un solo – fulmine – imperiale -
che scotenna la tua anima spogliata -Quando i venti prendono i boschi tra gli artigli -
l’universo – tace -
[E. Dickinson, in Centoquattro poesie]
Andrew Wyeth, Christina’s teapot