Le foto di Steve McCurry, di mille colori, riposano appese su pareti di stoffa nera, che pendono dal soffitto una avanti all'altra, come strati sovrapposti di realtà trasparente. Ognuna sfondo e primo piano insieme.Giorgia guarda negli occhi il papà sorridente, mentre la mamma, pazientemente, le cambia l'ennesimo pannolino sporco.Ora siamo tutti insieme, seduti sul bordo di una fontana, in quella luce di sera che rende le foto più belle. Appena dietro i palazzi illuminati del centro, l'obiettivo aperto abbastanza da rendere sfumata la realtà in movimento, che rimane sullo sfondo.Scatti. Questi e mille altri sarebbero quelli che avrei provato a catturare domenica, in un giorno come un altro a Genova.Avrei provato, dicevo, perché non ho potuto. Ieri sera, stanco, arrabbiato e distratto, ho lasciato una valigia sulla metropolitana, al capolinea. Io non lascio mai valigie in giro, o almeno è quello che credevo.Il mio trolley nero, tanto insignificante fuori quanto importante per il suo contenuto, ha viaggiato solo per tutto il centro di Milano. Perduto per sempre. Dentro c'era la mia Nikon, un obiettivo speciale regalato alla laurea, un maglione verde con lo scollo a V e una decina di cd musicali a cui ero particolarmente affezionato.Accadono, talvolta nella vita, piccoli avvenimenti che possono apparire insignificanti alle persone che ci stanno intorno e, in ultima analisi all'umanità intera, ma che, ai nostri occhi, sono immani tragedie.



