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Dialogo tra una marxista-leninista e uno che non sa come si fa

Creato il 17 settembre 2013 da Nicola_pedrazzi @Nicola_Pedrazzi
      Qualche giorno fa bighellonavo per biblioteche in via Zamboni - si, alla mia veneranda età - quando mi si avvicina una ragazzetta felicemente fresca di liceo. L'atteggiamento energico, unito al fastidiosissimo tentativo di dare vita ad un diretto contatto visivo mi fa pensare che si tratti di un classico 3x2 sui cicchetti di Largo Respighi, ma il look mascolino di questa femmina annuncia un'offerta di ben altro livello: un giornale. Nel dubbio, compongo in via preventiva la tipica espressione da «no grazie» - la stessa che fai ai semafori anche se hai il vetro lercio: quella sorta di riflesso facciale automatico che serve più a difenderti dalla tua coscienza che dallo straniero (il quale se vendesse birre sarebbe pakistano, ma poiché lava i vetri non si sa da dove viene...) - avevo già impostato, dicevo, quel tipo di smorfia cui solitamente si accompagna un cambio di passo quando, subito prima di rivolgere lo sguardo all'infinito, mi cade l'occhio sul titolo del periodico offertomi con un sorriso da questa (giovane) donna desiderosa e ignorante di esserlo.
      «Lotta Comunista».
      Uno, due, tre, al quinto passo mi fermo. No, dai. Vuoi attaccare una chioda a una dicianovenne in cerca d'identità? Che nonno che sei, lasciala in pace. Lasciala vivere i suoi anni, lei che è spensierata abbastanza per poterlo fare - a differenza di te, che più che vivere le tue età le osservi da fuori: coglione....
      Tiro dritto. Giro a destra, poi ancora a destra, mi trovo in via Belle Arti. Di fronte a questo:
Dialogo tra una marxista-leninista e uno che non sa come si fa
      Quella ragazzina stava facendo esattamente questo: non sapendo "come si fa", chiedeva al '77. O meglio, all'idea che ha del '77. O peggio: all'idea che i suoi genitori le hanno trasmesso del '77 (bolognese). Qualcuno, in rosa, ha perlomeno avuto la decenza di attualizzare. Anche se sul parallelo suggerito dalla seconda asserzione ci sarebbe da discutere, la prima è, a mio giudizio, di una gravità sconcertante.
      Non è giusto ignorarli, sti cinni. Bisogna che prima o poi qualcuno glielo dica, dell'inganno in cui sono incappati... Inversione a U. Dialogo:
IO: «Perché fai questo?»
Giovane Pseudo-Marxista-Leninista in cerca d'identità (d'ora in avanti GPMLICI): «Argomenta la tua domanda». Risponde peperina, speranzosa circa il mio essere "fascista" e adeguatamente preparata dal collettivo del pomeriggio prima circa l'atteggiamento da tenere in caso di provocazioni.
IO: «Argomenta la tua risposta e io ti spiego la mia domanda», insisto io.
GPMLICI: «Io sono marxista-leninista e credo in un cambiamento radicale della società».
IO: «E pensi che tu stia contribuendo a produrlo?». Non riesco a finire la frase che già mi sto mordendo la lingua: perché non ha senso mai, in nessun caso, porre una domanda così. Ho fatto la  tipica obiezione nichilista che gli indifferenti rivolgono a chiunque si ponga dei problemi che esulino dalla sua persona. Non c'è dubbio: ho fatto una domanda del cazzo.
GPMLICI  «Guarda l'assuefazione che ci circonda. Non gliene frega niente a nessuno. Noi facciamo una piccola ma fondamentale azione politica. Ce n'è davvero tanto bisogno». Una nota di sincera tristezza solca la voce di questa giovane entusiasta, mentre con un maestoso movimento del braccio destro mi presenta Piazza Verdi, come fossi a teatro.
IO: «Sono d'accordo con te» - ammorbidisco - «Ma credi che questo linguaggio mobiliti le coscienze di chi ti incontra?» Mi scoccia riferirmi al suo giornale: mi immagino i pomeriggi passati in redazione, e quel briciolo di sinistra novecentesca che alberga anche in me mi impedisce di denigrare il lavoro altrui, qualunque esso sia. Allora devio il mio indice su una tag scarabocchiata in viola alle sue spalle, tanto per prendermela con qualcosa di inutile.
GPMLICI  «E pensi che quella roba lì a me piaccia, che ci rappresenti?»
      Mi rendo conto di aver appena fatto la tipica figura del vecchio che mischia i vari codici dei zovan nel calderone indifferenziato del "degrado". Cerco di ricompormi, di mascherare l'autogol. Ma davanti a quella ragazzina mi sento.... vecchio.
IO: «Mettiamola così. Credi che sia normale il fatto che tu, ora, in questo luogo, con quel giornale, sei uguale a mia madre più di trent'anni fa? Ho una foto a casa, vorrei fartela vedere. Credi che sia una cosa che fa onore alla nostra generazione? O forse c'è qualcosa che non va, che non ha funzionato? ». Questa volta ho fatto centro, sicuro. Guardo l'orologio, nel tentativo di fare pressione alla mia sfidante rendendole noto che ho di meglio da fare.
GPMLICI: «Beh, ti posso dire che io sono diversissima da mia madre trent'anni fa. Ti potrei mostrare anch'io delle foto...».
      Temo che abbia segnato un altro punto, ma questa volta vado dritto:
IO «Ma non vedi che il tuo problema è unicamente identitario? La politica non c'entra nulla. Non potreste fare una rivista d'arte? O, che ne so, un diario di bordo di quello che vedete... Che bisogno avete di tirare in ballo il marxismo-leninismo? Ma soprattutto: se si afferma di fare politica bisogna porsi il problema di compiere delle azioni nella e sulla realtà. Voi conservate semplicemente lo stile politico dei genitori, peraltro cristallizzato in una poetica mal assimilata, e ne riciclate, a parole, l'ideologia. Al di là della scarsezza di questa operazione carnevalesca che è fuori dalla storia, così facendo vi private di vivere nel cambiamento, rinunciate anche solo al tentativo di imprimergli la direzione che volete, che vogliamo. Non possiamo fare nulla se prima non discutiamo di cosa vogliamo fare, se viviamo nel mito di un passato che manco conosciamo bene e ci riempiamo la bocca di marxismo».
GPMLICI: «Mi fa piacere che dal "voi" sei passato al "noi", compagno» - sorrido come un ebete, inspiegabilmente lusingato dall'epiteto (che lei usa seriamente!). «Hai ragione, discutiamone. Noi siamo qui proprio per questo. Ci piace moltissimo chiaccherare con la gente. Vieni a trovarci al circolo, se mi dai il numero ti chiamiamo. Puoi venire quando vuoi. Scommetto che hai studiato storia...».
IO: sorrido in silenzio, chissà perché arrossendo un poco.
GPMLICI: «Lo sapevo! È la mia stessa facoltà! Spacca studiare la storia, vero? A me la Storia piace tanto...»
IO: «Io veramente ho fatto Lettere modrn.....».
GPMLICI: «Dai prendila una copia del giornale! Costa solo un euro, per coprire le spese della stampa».
IO: «Ne prendo due, ma promettimi che penserai almeno un pochino a quello che ti ho detto».
GPMLICI: «E tu promettimi che penserai a quello che leggi qui... Ti consiglio molto la prima pagina, ma anche il quarto articolo... parla delle banche zombie dell'Europa...»
IO: «L'Europa che tra un anno ti manderà in Erasmus?» Non lo dico, lo mastico, forse lo sorrido.
GPMLICI: «Come?»
IO: «Niente». E allungo i due euro.
GPMLICI: «Mi ha fatto piacere parlare con te. Se tutti fossero come te, la rivoluzione si farebbe domani! Spero di vederti al circolo».
      Mi allontano con un passo da scimmia, inebetito dal quel sorriso rivoluzionario. Alla luce della somiglianza tra la ragazza e mia madre, i pensieri che mi accompagnano alla moto del papi sono, a dire il vero, vagamente incestuosi.
Dialogo tra una marxista-leninista e uno che non sa come si fa
Anno XLIX - Numero 515 - 516                                      Luglio-agosto 2013

      Ogni crisi e ogni ciclo di lotte sociali e politiche chiedono di essere studiati e inquadrati nel loro significato storico. Di che natura sono le crisi? Quali sono il contenuto e la portata dei movimenti politici e sociali? Quale natura e quale peso hanno in relazione al corso mondiale dell'imperialismo, al segno e alle contraddizioni del ciclo mondiale, alla contesa mondiale tra le potenze? Solo sciogliendo tali quesiti è possibile individuare la relazione delle crisi e delle lotte politico-sociali con i tempi e con i compiti della strategia rivoluzionaria, con ciò preservando l'autonomia politica di una posizione di classe rivoluzionaria. Oggi si delinea nelle nuove potenze un ciclo di crisi di modernizzazione, come si è visto in Brasile, in Turchia e a uno stadio più arretrato nelle primavere arabe....

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