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Creato il 22 febbraio 2014 da Nicola_pedrazzi @Nicola_Pedrazzi
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  Circa un anno fa, mi spaccavo il ginocchio, Grillo vinceva le elezioni, e questo piccolo blog faceva capolino sul web - un evento storico, che verrà ricordato negli e-book di Storia subito dopo il primo tweet di Andrea Scanzi. Questo è il suo ultimo post.
   È stato divertente, giocare a essere uno che ha qualcosa da dire agli altri. E non è stato affatto privo di soddisfazioni: in un anno 60 post e 8000 visite, che in media fa 5 post al mese per 22 visite al giorno - inclusi, devo ammetterlo, i click autonarcisistici, senza i quali la media giornaliera quantomeno si dimezza. Comunque niente male, per delle parole che per più di sei mesi ho digitato in nero sul grigio scuro....
   È stato un esercizietto interessante, per mille aspetti - si capiscono tante cose, atteggiandosi a blogger, precipitando le proprie intenzioni nella cosiddetta «logica della rete» - ma sta cosa di avere un blog davvero non mi convince: per tanti motivi, pratici e ideali, che solo in parte saprei spiegare - motivi, è questo il punto, che non vanno spiegati proprio a nessuno. Scrivere qualcosa - ovunque, ma ma a maggior ragione se si tratta di ipertesto - significa anzitutto raccontarsi, costruirsi, imporre con l'artificio e l'autorità della parola il proprio racconto, la propria narrativa di sè. Come fanno quelle signore grasse dal trucco pesante che ti impezzano negli scompartimenti degli intercity con le storie dei loro nipoti. Si diventa tutti scaltri editori di se stessi e delle due o tre carabattole intellettuali che si posseggono: inutili vanitosi. Io non voglio (re)inventarmi, quassù, o quaggiù, ovunque sia internet (anche questo post, sia chiaro, è una finzione: l'ultima). Nelle condizioni in cui mi trovo, con il tempo che scarseggia e il quotidiano che straripa, preferisco di gran lunga pensare a cosa pensare che pensare a cosa dire, anche perché, come la maggioranza delle persone, la verità è che non ho proprio niente da dire, ancora meno a sconosciuti che rimarranno tali. Per pensare poi, c'è bisogno di silenzio, di un gran bel silenzio. Non di notifiche, visualizzazioni, origini del traffico (il tutto comodamente convogliato sul tuo telefonino, che figata!). In sintesi, un blog non è un luogo del pensiero. Specifico, senza esagerare: un blog non professionale e gestito nel tempo libero è solamente un piccolo, mediocre, e certamente innocuo atto di autocompiacimento. Ho fatto il liceo scientifico e azzardo addirittura una proporzione:
   condivisione : blog = amore : seghe
   Ora lo so, e credo di volerne fare a meno (del blog;).
   PS: di cuore chiedo scusa a Gaber e a Pasolini, per averli tirati in mezzo in questo puerile e vanesio esercizio di finta bravura. Il 5 marzo 2014, giorno del suo compleanno, quest'ennesima innecessaria idiozia costruita a fatica verrà rimossa. Quando e se mai avrò davvero qualcosa da dire agli altri, allora, forse, se sarà ancora di moda, aprirò un nuovo blog. Ma senza disturbare Gaber. Che di Andrea Scanzi ce ne basta uno.

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