In queste ore, in Circumvesuviana monta la protesta. Toccati nel vivo, molti hanno finalmente abbandonato l’atteggiamento di opportunistico cinismo per imbracciare le armi della “lotta”. Ma devo subito ribadire che l’attendismo precedente era un metodo indolore per non guardare in faccia alla realtà e che l’attuale posizione guerrigliera è giustificata, ma non ci porterebbe a nulla nel medio e lungo periodo. La guerriglia è una forma di conflitto in cui uno dei due avversari è troppo debole o troppo poco organizzato, per sostenere degli scontri in campo aperto con il nemico. L'esercito guerrigliero, quindi, evita ogni occasione di confronto diretto, e si nasconde disperdendo le proprie forze in unità piccole e molto mobili, che impegnano obiettivi secondari e poco protetti in continue azioni di disturbo. Lo scopo della guerriglia è quello di logorare le forze nemiche, di abbassarne il morale esponendole a rischi continui, obbligandole a consumare mezzi e risorse inutilmente, vanificando i loro sforzi bellici. Mao, grande esperto di questa forma di guerra, definiva la guerriglia come "l'arte di fiaccare il nemico con mille piccole punture di spillo".
Il tentativo di creare difficoltà attraverso il pedissequo rispetto delle norme e il legittimo diniego delle prestazioni straordinarie, nonostante l’indubbio risultato iniziale, cozza, però, con le basi stesse della strategia della guerriglia. Questa si basa, essenzialmente, sulla continua variazione delle azioni di lotta, sull’operare in un territorio sotto controllo e, soprattutto, sull'appoggio della popolazione locale. Come risulterà chiaro a ciascuno di noi, la situazione nel nostro caso specifico è, invece, ben diversa. Le azioni che è possibile mettere in campo, senza sconfinare nel boicottaggio illegittimo e penalmente perseguibile, sono virtualmente poche e finiranno per diventare “spilli spuntati”, che faranno solo il solletico alla controparte. Il rifiuto delle prestazioni straordinarie può essere un utile strumento di lotta solo se temporaneo, perchè, fatalmente si scontrerà con i pregressi impegni economici presi da chi conta sulla retribuzione accessoria per far quadrare il bilancio familiare, magari appesantito da mutui a lungo termine. Ovviamente, poi, per i guerriglieri è fondamentale la possibilità di colpire e “sparire nella boscaglia”. Ma noi, invece, siamo dei bersagli troppo visibili e perseguibili. E perfino l’appoggio popolare è stato minato alle fondamenta. È vulgata comune, infatti, che l’agitazione sia dovuta ai capricci di una categoria di privilegiati che protesta per il ritardo di una sola settimana nell’erogazione degli stipendi. Abbiamo fatto la stessa fine dei calciatori, a cui è stata addebitato lo slittamento del campionato di calcio, facendo credere all’opinione pubblica che la protesta fosse originata da motivazioni economiche (vedi il già soppresso contributo di solidarietà) mentre i motivi profondi sono di carattere normativo. I calciatori, infatti, protestano per evitare il mobbing delle società (a mezzo degli allenamenti separati dei “fuori rosa” in esubero); si vogliono, in sostanza, invertire i rapporti di forza nelle relazioni sindacali. La guerriglia, inoltre, deve poter contare su truppe fortemente motivate e/o con morale alto; la scarsa coesione delle forze guerrigliere, disperse e nascoste, le rende vulnerabili alle diserzioni, con fenomeni di mercenarismo (leggi calarsi le brache). Per evitare queste derive è necessario che gli uomini siano intimamente convinti che i loro sforzi e le privazioni che affrontano sono utili e necessari. Questo implica una propaganda costante e la condivisione assoluta degli obiettivi militari. È mancata, peraltro, una valida strategia di rapporti con l’opinione pubblica che, paradossalmente, in queste ore è schierata con l’azienda più che con i lavoratori, visti come principessine sul pisello da biasimare per la loro incapacità a sopportare il dolore.
Il Sindacato, come si intuisce, non ha finora saputo portare avanti la strategia di guerriglia. Ha peccato, inizialmente, e forse intenzionalmente, nell’individuare lo scenario in cui si sarebbe combattuta la guerra, sottovalutandone le reali difficoltà. Il vero motivo del contendere non è, infatti, il ritardo nella corresponsione degli stipendi. La vera ragione risiede nell’applicazione dei tagli, già ampiamente preannunciati e mai presi in seria considerazione, purtroppo. Più volte da queste pagine avevo preconizzato questo scenario, inascoltata Cassandra. Ora di tempo ne è rimasto poco, ma occorre mettere in campo una strategia diversa. Bisogna pensare ad una sorta di “governo ombra” che non si opponga soltanto alla proposta indecente dell’azienda ma che sappia offrire una risposta propositiva ed alternativa. Non basta, infatti, dire no ai tagli e sostenere l’azione di opposizione con lo strumento della lotta guerrigliera. Bisogna cambiare radicalmente la strategia, mettendo al centro una proposta seria e fattibile, che sia alternativa a quella troppo semplicistica dei tagli orizzontali. Che sappia far perno anche sull’aumento della produttività e sulla riqualificazione della spesa. Ma che non si arrocchi sulla difesa dell’indifendibile. Ma un sindacato che ha sempre gestito le relazioni industriali da una posizione di virtuale supremazia sarà capace di cambiare pelle e trasformarsi in oculato governo ombra? Oppure, come io ritengo, è arrivato il momento di pensare a forme di governace più distribuite che prevedano l’apporto di tutte le forze realmente interessate a cambiare ma gestendo il cambiamento e non subendolo? La virulenza della reazione di queste ore da parte del personale è un’utile base su cui ancorare la nuova strategia. Le difficoltà che si profilano minacciose all’orizzonte hanno ridato vita al senso di appartenenza. Ma ora occorre rapidamente cambiare passo ed incanalare tale forza esplosiva nel più proficuo alveo della proposta.
Ciro Pastore - Il Signore degli Agnellileggimi anche suhttp://golf-gentlemenonlyladiesforbidden.blogspot.com/
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