Dalle premesse di una raccolta firme contro la corruzione generalizzata che dilaga sul web (e che ho firmato anch’io) don Luigi Ciotti avverte: “Se la mafia è la peste la corruzione è il suo agente. Il parassita che divora le risorse economiche e morali di una democrazia”.
Non siamo nemmeno usciti dal polverone Cancellieri che scoppia il caso Vendola. I (a lui) lealisti sostengono si tratti di una mascalzonata ordita ad arte da quei furfanti del Fatto.
Quelli che hanno orecchie per ascoltare capiscono che si tratta di una ruzzolata epocale. Con la zeppola maiuscola.
Perché la sola frequentazione (perfino telefonica) di certa gente farebbe perdere punti persino al Dalai Lama. Se fossimo in un paese che adopera ancora la parola Etica.
Ma in Italia, da qualche decennio a questa parte, passa indisturbato un concetto che una volta vidi uscire incontrollato dalla bocca di un onorevole da favola, tale Cirino Pomicino: se un fatto non è punibile dalla legge vuol dire che è lecito.
Ci sono poi quelli che non hanno capito niente, e che continuano a trascinarsi dietro principi da guerra punica. Che sostengono ancora (come se fossimo in un paese del terzo mondo) che l’unico modo di debellare una corruzione diventata metastasi sia quella di isolarla.
A qualsiasi costo.
Anche a quello di rimanere isolati noi.
Parlando di Cultura, ho avuto occasione di ascoltare Livia Pomodoro al consiglio comunale di Milano, una sera in cui prendeva il via un festival che si sarebbe tenuto nei luoghi recuperati alla mafia. C’era anche il ex-procuratore Grasso, e un sacco di altre gente di buona volontà.
Lì la parola d’ordine, unanime, fu: con la Cultura si può mangiare, a patto che sia pulita. Non esiste Cultura senza Etica. O quanto meno non esiste quella nella quale tutti sembriamo credere.
Ci furono applausi a non finire. E sincere congratulazioni.
Ma poi, arrivato il momento, quanti si sentono in grado di portare fino in fondo questa verità. Di spingere affinché si avveri? Guardandomi in giro vedo un ammasso di volontà sfiancate, di vocazioni sconfitte. Brandelli di quello che una volta fu il carattere distintivo di un popolo intorno al falò delle proprie convinzioni.
C’è qualcuno che si ricorda, arrivato il momento, che la Mondadori, di proprietà di Silvio Berlusconi, è uno dei più grandi evasori fiscali del dopoguerra (345 milioni sottratti allo Stato grazie a una legge confezionata su misura)? Che l’Eni – che in Italia si fregia del motto Energia della Cultura- Cultura dell’Energia è accusata da diversi tribunali internazionali di Finanziamento di guerre civili e traffico d’armi, danni ambientali nei distretti petroliferi, cooperazione con regimi militari e qualche altra bagattella da queste parti passata inosservata? (I crimini delle multinazionali. Newton Compton Editori – 2010) Che il “salotto buono” scricchiola da tutte le parti, e che certe amicizie (certi sponsor) sarebbe meglio non averle, visto che c’è ancora chi ricorda quel proverbio che recita Dimmi con chi vai… ecc?
Tra l’enorme quantità di gente di buona volontà che parteciperà quest’anno a degli eventi cittadini sponsorizzati da questi soggetti, in quanti si sono chiesti se fosse o meno etico sorvolare su queste quisquilie soltanto perché l’evento regala un po’ di visibilità, e perché, dopotutto, cosi fan tutti?
Se l’Ilva di Taranto, con i soldi risparmiati dai mancati controlli sulle scorie che stanno ammazzando un’intera popolazione, indicesse un evento a favore dell’aria pulita, in quanti se la sentirebbero di partecipare? (Non aspetto la risposta, credo che non mi piacerebbe)
Ci regalano salsicce fatte con la nostra carne, dicono dalle mie parti.
E noi tutti contenti, a leccarci le ossa.