Un famoso mito del Fedro di Platone paragona le anime umane a dei carri alati. Trascinati da forze contrastanti, vedono di sfuggita la verità delle idee in un luogo al di sopra del cielo e ricadono in una prigione di carne. Per tornare in alto dovranno attraversare un ciclo di reincarnazioni che durerà da tremila a diecimila anni.
Per quanto ci fossero cosmologie antiche in grado di concepire tempi molto più estesi, diecimila anni sono un periodo lunghissimo non solo rispetto a quello dell’esistenza di un individuo, ma anche a paragone con la storia dell’umanità. A oggi, convenzionalmente, la nostra storia non supera i 5500 anni, e ancor meno, se, con Kant, consideriamo storico solo quanto può essere autenticato dalla continuità di un pubblico colto.
Sebbene gli si possano attribuire significati esoterici, mistici e morali, il mito del Fedro è un racconto sulla ricerca della conoscenza – platonicamente, di una realtà oggettiva fuori dai confini del nostro mondo e della nostra esperienza e dei nostri tentativi di approssimarci ad essa. I diecimila anni, oltrepassando la prospettiva delle persone e della civiltà, suggeriscono che il senso di questa ricerca trascende l’utilità che gli individui e le società possono sperare di trarne. Dal loro punto di vista la ricerca è dunque perfettamente inutile. .Ma deve rimanere tale, perché voler capire qualcosa di più della realtà non significa necessariamente saper trovare quel poco che ci serve nello spazio angusto dell’esistenza individuale e collettiva.
Ci sono persone e società in grado di immaginare orizzonti di diecimila anni, e intere epoche che ne sono incapaci, perfino quando gli effetti delle loro opere li superano di gran lunga. In simili epoche la libertà della ricerca è in pericolo, vuoi che si voglia asservirla alla ragion di stato, alla difesa della razza, o a un presunto ideale di efficienza economica, sempre in combinato disposto con le personalissime ambizioni dei professori. Che Platone, che i mortali della Grecia antica abbiano saputo pensare un orizzonte sovrumano e ce l’abbiano indicato è un debito che nessun calcolo potrà ripagare.