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Dino Scantamburlo: idee per il congresso

Creato il 28 maggio 2010 da Renatocappon

Dino Scantamburlo: idee per il congressoDa opposizione ad alternativa

Il Partito Democratico di Padova si prepara ad effettuare il congresso provinciale, quello cittadino e a rinnovare i coordinamenti dei 92 circoli della provincia e dei 19 circoli della città.

Un atto di democrazia e di partecipazione rilevante, proprio di un partito di massa che intende essere attivo e che vuole contare in tutto il paese.

Dopo i risultati elettorali del 2009 e, in particolare, delle elezioni regionali del 2010 che hanno registrato una caduta gravissima ed allarmante dei consensi per il P.D. anche nel territorio padovano, al punto da rischiare che il partito appaia quasi residuale nel panorama politico, siamo invitati – da subito – a cercare di capire perché abbiamo perso larghe fette di elettori cattolici e di elettori della sinistra, in che cosa abbiamo sbagliato e stiamo sbagliando rispetto all’identità del nuovo partito,  alle proposte politiche che abbiamo tentato di fare, alle modalità dei rapporti che teniamo con i cittadini, alla scelta che abbiamo fatto dei leaders nazionali e locali (a tal proposito, impressiona – in senso favorevole – la giovane età della classe dirigente britannica di maggioranza e di opposizione e non solo di quel Paese) e ai comportamenti che essi adottano.

Forse, dobbiamo meglio dire: rispetto alla non identità del partito, alle nostre proposte politiche incerte, incomprensibili, contraddittorie o sommesse, al rapporto elitario e un po’ presuntuoso che teniamo con i cittadini, rispetto alla nostra presunzione di avere ragione nei tempi medio-lunghi perché saremmo più lungimiranti nell’ottica politica e nelle proposte di governo, rispetto ad alcuni leaders non più adeguati e a un sostanziale nostro mancato rinnovamento, alla ricercata soddisfazione di creare distinzioni e separatezze interne, alle ambivalenze di molte nostre proposte…

- Di fronte alla Lega, forza politica ormai pienamente legittimata di potere e di governo con la quale dobbiamo e dovremo misurarci nel Governo, in Regione, in Provincia, in molti Comuni, in vari enti, e che a volte arriva ad anticiparci, seppure a suo modo e con soluzioni discutibili o errate o inaccettabili, in non poche questioni “vere”,

- di fronte alla sinistra la cui cultura socialdemocratica è in evidente profonda crisi da almeno due decenni in ambito europeo e non è in grado oggi, di fornire proposte interessanti,

- a un liberalismo che è costretto a cercare norme e regole per reggere le così complesse e rischiose sfide odierne dell‘economia e del mercato,

- alle amministrazioni regionale veneta e provinciale padovana appena rinnovate che potrebbero restare per lungo tempo nelle mani del centrodestra,

noi del Partito Democratico siamo obbligati ad abbandonare le nostre vecchie categorie non solo di natura ideologica e politica, ma anche culturale e dobbiamo fare lo sforzo di ragionare con criteri mentali e di riferimento del tutto diversi e rinnovati nell’organizzare il partito, nel parlare con la società, nel fare proposte, con il bando totale sia a nostalgie e a velleità di recuperi, come a ripetere schemi e moduli di azione superati (è il non-partito di Berlusconi che finora ha vinto; è il movimento o, per certi aspetti il partito-esercito a immagine viscerale del suo leader assoluto che ha portato la Lega al risultato di oggi; niente di simile ai partiti tradizionali!),

e dobbiamo farlo non solo perché vogliamo dar vita a un partito nuovo (né somigliante ai D.S., né alla Margherita; non appiattito sull’area cultural politica D.S.; non esiste più la vecchia Federazione!…), ma perché è la società che ce lo chiede, è la sua mentalità che è cambiata e che si evolve velocemente e che non ci segue se noi non cambiamo e se non le trasmettiamo con coerenza un interessante e credibile progetto di società aggiornato e moderno, se non le diciamo anche quello che vuole sentirsi dire e che ad essa interessa.

Sono scenari nuovi e così complicati che si aprono e noi dobbiamo tentare di dare risposte nuove

per l’economia e le sue gravi crisi ricorrenti, con pesanti ricadute nel lavoro e nel risparmio di tantissimi cittadini,

per l’occupazione dei lavoratori dipendenti (100.000 cassintegrati in Veneto, ad aprile 2010!),

per la stabilità dei lavori tradizionali e di quelli nuovi dei giovani,

per la loro previdenza futura di fronte alle prospettive così incerte,

per ritornare rapidamente a investire rilevanti risorse per la scuola, la formazione e la conoscenza,

per l’”emergenza educativa” che riguarda le nuove generazioni e che coinvolge con specifiche responsabilità le famiglie, la scuola, le varie agenzie educative,

per dare strumenti concreti ed efficaci ai giovani affinchè affrontino con iniziative personali e in autonomia progetti di vita e di lavoro,

per la tenuta delle attuali pensioni dei lavoratori dipendenti e delle pensioni sociali,

per cercare di superare la presente frammentarietà e costruire nella città capoluogo e nei nostri paesi una nuova coesione sociale fatta anche con gli immigrati,

per la politica di welfare (sanità e servizi sociali, lavoro e previdenza) che sarà basata certamente su minori risorse finanziarie e che perciò dovrà dotarsi anche di risorse alternative (spesso presenti e disponibili nei nostri territori) e di criteri innovativi di applicazione da inventare,

per la diffusione di una cultura del limite mentale e operativo nell’uso del nostro ambiente,

per le forme nuove di energia da sostenere e da attivare con convinzione e con coraggio,

per prepararci a gestire le applicazioni del federalismo a livello regionale e provinciale, se e quando questo sarà operativo:

certo, questioni difficili da prevedere e da interpretare, ma su di esse siamo invitati a riprendere a parlare, ascoltare, confrontarci nei circoli della città e di ciascun paese del padovano, nelle nostre piazze, nei gazebo, alla domenica e nei giorni di mercato, nelle occasioni di aggregazione paesana e di quartiere, arrivando a definire delle proposte precise e stabili…

E, accanto a queste questioni, i temi fondamentali del senso dello stato, del rispetto delle istituzioni, della difesa della prima parte della Costituzione, delle urgenti riforme istituzionali, della legalità, della libera informazione, temi sacrosanti che vogliamo e dobbiamo continuare a difendere (anche se non ci portano voti in più) e tutti i temi più di carattere nazionale e internazionale sui quali sono impegnati in particolare i nostri parlamentari e consiglieri regionali.

Entro questa cornice e questo sfondo di politica ampia che costoro sono chiamati a offrirci, proviamo a impegnare il Congresso provinciale e il nostro agire politico nei prossimi tre anni prevalentemente sulle questioni che si riferiscono ai

temi politico-amministrativi dello sviluppo, del vivere da parte delle diverse componenti sociali e della coesione sociale nell’ambito della nostra provincia e dei suoi Comuni (v. sanità, servizi sociali, scuola, formazione, lavoro, mobilità, viabilità, trasporti, ambiente, energia, immigrazione, urbanistica…),

tenendo conto anche di questioni più immediate e “popolari” che non possiamo liquidare sbrigativamente come demagogiche o proprie dell’antipolitica e che altri, invece, evidenziano e che sono percepite di interesse anche dalla gente vicina a noi, perché spesso sono vere: basti pensare agli effettivi eccessivi costi della politica…

Pertanto, i nostri congressi non diventino una “conta” interna, organizzativa, riservata solamente agli iscritti, ma siano un momento alto di pensiero e di confronto sullo sviluppo di oggi e di domani nel padovano, di definizione e di rilancio della nostra identità politica in ambito locale, della programmazione politico-amministrativa ampia in ambito provinciale, finalmente più legata al sentire comune e alle aspettative comuni.

Qualche idea:

Tutte le candidature, in particolare quelle del segretario provinciale (che è bene che  siano più di una e che nascano in maniera davvero libera e non preconfezionata o contrattata tra pochi), siano accompagnate da un progetto di come configurare il PD padovano e attivino un confronto con gli iscritti e i simpatizzanti per accogliere i loro contributi. Il confronto arricchisce ed apre a nuovi scenari. Perciò sarebbe utile, come è già stato suggerito, avviare dei focus di consultazione dell’associazionismo, delle categorie dei lavoratori, delle imprese e dei commercianti, senza tralasciare chi si occupa di sanità, di scuola e di cultura in genere…

Il partito padovano si impegni a dare una forte caratterizzazione propria al Partito Veneto per cercare risposte più pertinenti alla specificità del nostro territorio. E questo può avvenire, se ogni provincia del Veneto si assume la responsabilità di ascolto e di dialogo con i gruppi sociali intermedi e con quanta più popolazione possibile e se anche il partito provinciale padovano diviene più attivo ed esigente nel definire i tratti di un partito regionale che divenga finalmente capace di parlare ai cittadini veneti, facendolo in modo ascoltato e autorevole.

Dove è consentito, il partito padovano operi con convinzione e fermezza affinchè siano riviste alcune norme statutarie e regolamentari e favoriscano una partecipazione più diretta degli iscritti e degli elettori alle scelte politiche regionali (con elezioni primarie ed espressioni della preferenza di voto dovunque è possibile).

Per noi può esistere per alcuni aspetti il riferimento alla città di Padova, come pure per singole questioni, all’operato di varie amministrazioni comunali di centrosinistra della provincia,  virtuose e innovative: ad esempio, alcune Unioni di Comuni particolarmente attive ed efficaci che hanno superato particolarismi e chiusure amministrative, la capacità che dimostrano di ragionare insieme e con lungimiranza attraverso le IPA di alcuni territori, le iniziative permanenti di carattere sociale avviate su specifici settori, gli esempi di convivenza e di accettabile coesione sociale realizzati da Comuni, specie dell’Alta che hanno le più elevate percentuali di presenze di immigrati in provincia di Padova….

Padova, seppur con alcuni problemi, è una città aperta e dialogante, ricca di iniziative, che ha scelto di non chiudersi nella paura, ma di gestire le nuove sfide che la società complessa ed eterogenea pone.

Padova e altri Comuni hanno cercato di privilegiare il “noi”, al posto del “particulare”, la cura delle persone e del territorio, l’aver attivato una comune responsabilità per uno sviluppo nuovo, l’aver posto l’educazione come cardine della cittadinanza.   Il capitale sociale ha lavorato bene assieme, trovando dei punti di raccordo in un patto efficace tra enti pubblici, imprese, reti sociali…, mettendo al centro l’idea del futuro da costruire, lo sviluppo complessivo di tutta la comunità.

Come suggerisce il consigliere regionale Sinigaglia e ragionando sul suo contributo, potremmo condensare in alcune parole il nostro impegno:

Conoscenza, Cura, comunità, capitale sociale.

Il sistema economico, messo a dura prova dalla crisi globale, ha bisogno di innovazioni radicali. I distretti industriali progrediscono con l’aiuto decisivo delle componenti della ricerca e della conoscenza. Dobbiamo riuscire ad accompagnare le nostre aziende, le nuove economie a dare una risposta di lungo respiro alla crisi presente, dando valore, significato e ricadute operative ai parchi della conoscenza e mettendo assieme gli operatori economici, industriali, artigianali, agricoli e commerciali riuniti nelle loro associazioni e nella Camera dei Commercio e operando in stretto raccordo con i giovani delle scuole superiori distribuite nei vari territori provinciali.

Cura del territorio: il territorio va visto e fruito come risorsa finita, da rigenerare, da riusare…  è da pensare a riconnettere le comunità periferiche, la centralità dei centri storici,  delle piazze e degli spazi pubblici della città e dei paesi.

La cura, il prendersi cura: della città, del teritorio, delle relazioni; la cura delle persone…, in un nuovo patto educativo per i nostri bambini e ragazzi e di convivenza sociale costruttiva e gratificante.

E’ dimostrato come la comunità, la cura, il benessere sociale, siano fattori determinanti anche per il benessere economico.  Diversamente, è lo scontro di tutti contro tutti…

Una comunità (nei quartieri della città e nei paesi): è l’abc della politica, rete salda e aperta di relazioni, è la misura da rispettare sia nella cura del territorio, sia nella cura delle persone, ovvero nel welfare. Il sistema pubblico di servizi alla persona si è profondamente modificato di fronte alla frammentarietà, alle divisioni del tessuto sociale, alla carenza di risorse. E’ tempo di attivare un sistema ancora piu’ allargato, un welfare di comunità, che tenta di mettere assieme i servizi sociali (v. i piani di zona delle Ulss e la nostra presenza in essi), le reti sociali, i quartieri, i medici, le associazioni, il volontariato, il rapporto di vicinato, le parrocchie… nell’assunzione in carico dei casi. L’ente pubblico non è piu’ da considerare erogatore di servizi, ma regista coordinatore, attivatore di risposte possibili.

E nel patto sociale da rifondare, questa responsabilità collettiva dell’esser comunità va assunta a tutti i livelli.

Sarà utile operare per una nuova etica della comunità, attenta alle famiglie dei lavoratori che stanno perdendo il posto, che siano immigrati e no, ai bisogni dei minori e dei giovani, degli anziani, dei disabili.

Partito significa associazione di dirigenti, iscritti, simpatizzanti, elettori, alla pari, di tutte le aree del territorio, al di là dei voti ottenuti nelle elezioni in ciascun comune e pertanto l’attenzione e il coinvolgimento effettivo da parte dei dirigenti vanno diretti a tutti.

Le decisioni circa i programmi, le alleanze politiche nei comuni, le nomine importanti nei vari enti devono divenire, escludendo decisioni solitarie o di “pochi privilegiati”, l’esito effettivo di un processo che ha coinvolto nella discussione e nella ricerca delle soluzioni tutte le persone interessate e attrezzate per dare un utile contributo, oltre alla totalità degli organi di partito a ciò deputati:

per una vera democrazia nell’agire interno del partito.

Costruire il Partito Democratico comporta un’ardua sfida di novità e di modernità rispetto al bagaglio culturale e politico che ognuno di noi reca in sé e che è costituito da esperienze, sensibilità e competenze certamente utili, ma in ogni caso bisognose di rinnovamento radicale, spesso di cambiamento. Non può essere vissuto nel disorientamento e nello sconcerto, ma nell’impegno forte e nell’ottimismo.

Note politiche operative:

a – Il Partito si impegna ad attivare quanto prima un Circolo in ciascun Comune iniziando, in quelli che ne sono privi, dall’azione degli amministratori comunali di maggioranza o di opposizione che rappresentano in ciascun comune l’espressione visibile e riconosciuta del partito e provvedendo contemporaneamente ad allargare a nuovi aderenti la presenza locale del P.D..

Urge accrescere il numero dei tesserati che è rapidamente e notevolmente diminuito nell’ultimo anno: non è l’unica forma di aggregazione, ma non è neppure superata. Il partito non può avere forma e organizzazione troppo leggera fino ad essere evanescente, ma deve essere riconoscibile e stabile.

b – Il Partito attiva il Forum permanente dei consiglieri comunali del P.D.: esso viene convocato con frequente periodicità per le attività di formazione politica (iniziative annuali di formazione politico-amministrativa), di informazione legislativa e amministrativa (che può avvenire ad opera dei parlamentari e dei consiglieri regionali o provinciali), di indirizzo specifico di natura politica o amministrativa da fornire per attività comuni che gli amministratori sono chiamati ad assumere nei Consigli comunali (di presa di posizione, di risposta o di iniziativa). In tal modo il partito provinciale, senza trascurare il quadro politico generale nel quale è inserito e del quale si aggiorna, si caratterizza in prevalenza per le questioni politico-amministrative provinciali che interessano la vita quotidiana della gente e tiene stretti contatti con circoli e territori.

c – Allo scopo di agevolare gli incontri tra iscritti, con simpatizzanti, cittadini e associazioni in ciascun territorio, la dirigenza provinciale opera per giungere ad attivare un locale, sede del P.D., in ciascuna delle aree territoriali di zona della Provincia.

d -  In una stagione politica nella quale gli eletti padovani nel Parlamento, nella Regione e nel Consiglio provinciale provengono quasi esclusivamente dalla città capoluogo, è più utile che il nuovo Coordinatore provinciale provenga dal territorio extraurbano, cosicchè sia percepito dagli  iscritti e dai cittadini come capace di meglio rappresentare l’intera provincia.

e – Sono da tenere sempre distinte in maniera netta le funzioni politiche, programmatorie, di indirizzo e decisorie del gruppo politico dirigente provinciale, dalle mansioni esclusivamente esecutive e operative del personale dipendente o volontario che opera nella sede del partito, a servizio dell’intero partito in egual misura.

f – E’ da adottare particolare attenzione a conferire al partito – anche nei segni e nei simboli adottati, in tutto ciò che lo caratterizza e che ha rilevanza esterna e che da aspetto formale può divenire sostanziale nella percezione comune di iscritti ed elettori - le caratteristiche di partito nuovo, estraneo alle appartenenze e alle forme del passato. Anche le attuali sedi regionale e provinciale assumano una conformazione adeguata al nuovo partito.

Le difficoltà non sono esigue, anzi, la sfida è ardua, ma vogliamo viverla con tenace impegno e lungimirante fiducia, non rassegnandoci in alcun modo alla presente situazione,

ma volendo fermamente tornare ad essere quanto prima, maggioranza politica nei nostri Comuni, nei Consigli provinciale e regionale, nel Parlamento.

Dino Scantamburlo

 


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