Torino incontra Berlino, Berlino incontra Parigi. Apre la sezione Festa Mobile del Torino Film Festival la nuova pellicola di Volker Schlöndorff, Diplomatie. Il regista tedesco di fama internazionale – autore, tra gli altri, de “Il tamburo di latta” (1979), Palma d’Oro a Cannes e Oscar per il miglior film straniero – ha introdotto la proiezione del film, ambientato a Parigi nell’estate del 1944, nelle ore cruciali che hanno preceduto l’ingresso degli Alleati in città e la conseguente liberazione della capitale francese.
“Mia figlia, che ha 22 anni, mi aveva implorato di non fare più film sulla seconda guerra mondiale. Ma quando ho letto questa storia [si riferisce alla pièce teatrale di Cyril Gély Diplomatie, dalla quale il film è stato tratto] sono immediatamente tornato indietro con la memoria al mio primo incontro con Parigi. Era il 1956, avevo 16 anni: me ne sono innamorato. Ho capito subito che dovevo fare questo film”.
Con queste parole Schlöndorff ha spiegato il suo legame affettivo con Parigi, legame che, durante la visione del film, si percepisce al punto da farsi quasi tangibile, grazie alla sceneggiatura firmata da Schlöndorff stesso e da Cyril Gély.
Ma Diplomatie non è soltanto una dichiarazione d’amore del regista alla sua città città d’adozione. È anche un thriller ricco di imprevedibile suspense. Imprevedibile perché, come ha sottolineato anche Schlöndorff in sala, ogni spettatore conosce già “la fine della storia”: Parigi, nonostante l’ordine del Führer di raderla al suolo, non verrà distrutta. È come una tragedia greca: se la trama è nota, l’autore deve operare su un altro piano. La novità sta nel modo in cui la storia viene raccontata.
La tensione si accumula tutta nel confronto verbale tra il generale nazista Dietrich von Choltitz, neonominato governatore di Parigi, e il diplomatico svedese Raoul Nordling, magistralmente interpretati da Niels Arestrup e André Dussollier. Nordling tenta di dissuadere von Choltitz dal dare l’ordine di distruggere la città. È questo il corpo centrale, il nucleo di un film che è essenzialmente costruito sulla parola. L’azione è scontata, non perché poco importante – anzi, è fondamentale che alla fine Parigi NON venga fatta saltare in aria –, ma in quanto ovvia. Per questo motivo costituisce solo la cornice di un lungo dialogo, mai noioso e mai banale, ma frizzante e vivo, anche perché meno incentrato sui tradizionali orrori della seconda guerra mondiali rispetto a quanto ci si potrebbe aspettare.
La sfida di Schlöndorff era quella di riuscire a incuriosire e stupire il suo pubblico pur trattando una materia conosciuta. Con Diplomatie ci riesce, grazie a una sceneggiatura che riesce ad essere sorprendentemente divertente, merito anche dei due eccezionali interpreti. Inoltre, Schlöndorff ha travasato tutto il suo amore per Parigi nelle parole di due personaggi che, come lui, sono – lo dice Nordling ad un certo punto del film – degli stranieri accolti dalla città.
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