Tarantino dopo la viscerale ucronia di Inglorius Basterds si immerge nel genere cinematografico per eccellenza del cinema americano, ovvero il Western, ma lo fa strizzando l'occhio al nostro Spaghetti Western sin dal titolo, in cui evidenti sono anche i riferimenti alla Blaxpoitation e alla volontà dell'autore di affermarne una rivalutazione, con buona pace di quegli appartenenti a quel filone che mai hanno amato questa definizione per il loro genere di cinema all black.Tarantino compie anche un azzardo nei confronti del problema razziale regalando a Waltz un ruolo di pieno e completo riscatto rispetto a quello da lui precedentemente rivestito in Inglorius Basterds e consentendo a Jamie Foxx di indovinare un film capace di fargli risalire la china di un successo appannato da alcune prestazioni non all'altezza dei suoi precedenti e più fortunati ruoli cinematografici, anche se in confronto agli altri protagonisti, Django sembra costituire un personaggio, una maschera nelle mani del regista demiurgo, necessaria per raccontare una storia di riscatto sociale ed umano, possibile solo attraverso gli apparenti comprimari.Il western di Tarantino a parte un inizio in cui ci mette del suo come sempre nel tratteggiare in maniera grottesca i suoi personaggi, ammantandoli di un'aura al limite tra il ridicolo e l'eroico, procede con calma e circospezione nel suo percorso di avvicinamento a quel pathos e a quell'azione sanguinaria che costituiranno il climax del film e questo grazie anche ad un sempre ottimo, ma non riconosciuto, Di Caprio e uno straordinario Samuel L. Jackson che rischia di rubare la scena ai suoi protagonisti, i quali alimentano il fuoco della tensione narrativa intorno alla quale ci accorge come il regista sia riuscito a costruire questa sua nuova opera.Nel rivedere questo suo lavoro, ci si accorge della metodica elaborazione di un percorso narrativo, in cui il montaggio, ancora una volta costituisce uno strumento indispensabile per sottolineare dettagli ed atmosfere che la m.d.p. del regista cattura ed inquadra meticolosamente, sino alla conclusione di un racconto dal respiro ampio, nonostante l'apparente cerebralità di cui è intriso.
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Tarantino dopo la viscerale ucronia di Inglorius Basterds si immerge nel genere cinematografico per eccellenza del cinema americano, ovvero il Western, ma lo fa strizzando l'occhio al nostro Spaghetti Western sin dal titolo, in cui evidenti sono anche i riferimenti alla Blaxpoitation e alla volontà dell'autore di affermarne una rivalutazione, con buona pace di quegli appartenenti a quel filone che mai hanno amato questa definizione per il loro genere di cinema all black.Tarantino compie anche un azzardo nei confronti del problema razziale regalando a Waltz un ruolo di pieno e completo riscatto rispetto a quello da lui precedentemente rivestito in Inglorius Basterds e consentendo a Jamie Foxx di indovinare un film capace di fargli risalire la china di un successo appannato da alcune prestazioni non all'altezza dei suoi precedenti e più fortunati ruoli cinematografici, anche se in confronto agli altri protagonisti, Django sembra costituire un personaggio, una maschera nelle mani del regista demiurgo, necessaria per raccontare una storia di riscatto sociale ed umano, possibile solo attraverso gli apparenti comprimari.Il western di Tarantino a parte un inizio in cui ci mette del suo come sempre nel tratteggiare in maniera grottesca i suoi personaggi, ammantandoli di un'aura al limite tra il ridicolo e l'eroico, procede con calma e circospezione nel suo percorso di avvicinamento a quel pathos e a quell'azione sanguinaria che costituiranno il climax del film e questo grazie anche ad un sempre ottimo, ma non riconosciuto, Di Caprio e uno straordinario Samuel L. Jackson che rischia di rubare la scena ai suoi protagonisti, i quali alimentano il fuoco della tensione narrativa intorno alla quale ci accorge come il regista sia riuscito a costruire questa sua nuova opera.Nel rivedere questo suo lavoro, ci si accorge della metodica elaborazione di un percorso narrativo, in cui il montaggio, ancora una volta costituisce uno strumento indispensabile per sottolineare dettagli ed atmosfere che la m.d.p. del regista cattura ed inquadra meticolosamente, sino alla conclusione di un racconto dal respiro ampio, nonostante l'apparente cerebralità di cui è intriso.
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