We’re always under the radar. Nobody’s ever talked about the Magic in any kind of way besides that we’re not a good team. So that’s all that we hear. But I like it. I like being the underdog, I like people not talking about us because, on one end, it keeps everybody on their heels and makes us really have to work to prove ourselves. If we were always being talked about and always in the limelight, some guys get complacent and we’ve got to stay humble if we want to be successful.
Queste parole sono state pronunciate dall’uomo che non t’aspetti, dal leader che non t’aspetti: Mr. Dwight Howard.
Il discorso sostenuto con estrema serietà e professionalità da Superman, è causato dalla dilagante moda di considerare gli Orlando Magic come squadra finita, una società di cui la finestra temporale utile per vincere si è chiusa.
La crescita intrapresa dal centro più dominante della Lega non solo lo ha portato a divenire il leader di una franchigia NBA ma anche ad essere considerato un papabile candidato al Maurice Podoloff Trophy, l’MVP insomma.
Infatti il numero 12 ha mostrato nuovi movimenti in post basso rispetto alle stagioni precedenti; migliore capacità di leggere i, sempre più numerosi, raddoppi; un tiro dalle tacche che sta iniziando a prendere forma e, soprattutto, un nuovo atteggiamento. Quest’ultimo lo impone come punto di riferimento, e faro, di uno spogliatoglio non facilissimo da gestire. Passo avanti notevole, se si considera che la leadership veniva considerata una grossa barriera per lo sviluppo del possibile MVP.
Ma nonostante il miglioramento, dentro e fuori dal campo, di Howard, nella Association si comincia a non nutrire più speranze in un successo dei Magic, arrivati a un appoggio al vetro e due tiri liberi dall’anello nel 2009 e finalisti di Conference l’anno passato.
Orlando ha chiuso la regular season con un record di 52-30, certamente inferiore al 59-23 della scorsa stagione, ma comunque valido per il quarto seed nella Eastern Conference. Un buon bilancio se si considera che a dicembre, in due differenti scambi, il General Manager Otis Smith ha portato a Disneyland Hedyet Turkoglu, Earl Clark, Jason Richardson e Gilbert Arenas a discapito di Marcin Gortat, Vince Carter, Mickael Pietrus e Rashard Lewis; stravolgendo gli equilibri della squadra.
I maggiori interrogativi successivi alle trades, all’inizio, vertevano sulla mancanza di lunghi che avrebbe portato l’allenatore Stan Van Gundy a far spendere troppi minuti sul parquet a Howard, mentre, dopo aver constato l’ottimo rendimento del centro, sono fioccate critiche sui due giocatori che, nei piani iniziali, avrebbero dovuto condurre la squadra all’interno della postseason a suon di giocate importanti: il turco e Agent Zero; infatti entrambi sembrano non trovarsi a loro agio nell’attacco di Van Gundy, nonostante gli innumerevoli sforzi compiuti dal coach per renderli confortevoli in un sistema che sarebbe in grado di regalare a questi due giocatori 25 punti a partita.
Benché i due giocatori sopracitati non stiano rendendo al meglio, i tifosi dei Magic possono comunque contare su un roster lungo e versatile, in particolar modo tra gli esterni, dove oltre a Jameer Nelson, Arenas e J-Rich si aggiungono Quentin Richardson, JJ Redick e Chris Duhon. Non a caso la lunghezza della panchina sarà un fattore decisivo nel primo turno dei Playoff, contro gli Atlanta Hawks.
Profondità del pino dunque, ma soprattutto la difesa è stata, e sarà, la chiave di volta per questa squadra. A conferma di ciò giungono in aiuto le statistiche: Dwight e compagni hanno concesso solamente 93.7 punti di media agli avversari durante la stagione regolare, il che li pone al quarto posto nella NBA per quanto riguarda questa voce statistica.
Eppure i giornalisti continuano a snobbare la squadra situata nel nord della Florida perché non si vogliono più dare possibilità a un Brother Hedo sottotono, non si crede al fatto che Gilbertone possa dire, ancora una volta, la sua; non si danno aspettative in un progetto che vede il giocatore franchigia in scadenza di contratto nel 2012 e un allenatore rauco sempre più dalla parte sbagliata della lama.
Mentre le rivali si sono rinforzate, i Magic stanno lentamente scivolando nell’oblio.
Affinché “I like being the underdog” trovi riscontro, Orlando si affida a Howard. C’è solo un modo smentire tutti, vincere. E Superman è intenzionato a farlo.
Do you believe in Magic?
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