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Creato il 02 dicembre 2010 da Obyinlondon

Documenti ScomodiE’ difficile analizzare quello che sta accadendo nel mondo diplomatico sotto la vicenda dei Wikileaks, rimanendo oggettivi. Per quanto io stesso provi a mantenere un approccio critico verso la cosa ci sono certi muri — come la mia definizione di morale,  la personale curiositá, l’apprensione per le reazioni di un intero mondo diplomatico — che vengono a pararsi nel mezzo dei miei ragionamenti ben prima di osservare obiettivamente la vicenda, e noto che lo stesso accade agli altri.

In sostanza quello che definisce la nostra percezione di Wikileaks — ció che ai nostri occhi la fa apparire come un’organizzazione di resistenza giornalistica piuttosto che un gruppo di anarchici terroristi — é direttamente collegato alle risposte che diamo a queste domande:
E’ lecito per un giornalista infrangere la legge, o la privacy di un cittadino, se come risultato porta alla luce un fatto di interesse pubblico? Come si definisce un fatto di interesse pubblico? Se esiste un documento che prova che un potente politico é invischiato in attivitá illecite é giusto appropriarsene illegalmente e pubblicarlo? E’ ugualmente giustificato rubarlo se le attivitá illecite non sono immediatamente ed incontrovertibilmente dimostrabili dal documento? E se il politico semplicemente “sparla” di altri politici? E’ giusto mostrare l’ipocrisia di questi personaggi pubblici? Come si definisce la linea dove far cadere il limite tra il pubblico ed il privato?

Queste diverse concezioni (ed, in alcuni casi, interessi) fanno in modo che l’opinione verso Wikileaks possa toccare estremi opposti. Pensate a quando Wikileaks pubblicó quel clamoroso video chiamato “Collateral Murder” nel quale si vedeva un elicottero americano fare fuoco su un gruppo di civili a Baghdad (tra cui due giornalisti Reuters, mitragliati perché dall’elicottero le telecamere erano state scambiate per armi): alla pubblicazione del video le parole di condanna da parte dell’amministrazione americana si sprecarono, ma quelle dei giornalisti e dei cittadini spesso non cantarono la stessa canzone.
E’ stato giusto pubblicare quel video? Da un punto di vista si trattava della veritá, quindi non ci sarebbe stato niente di male a pubblicarlo, dall’altra il documento apparteneva al dipartimento della difesa americano, quindi rubato, quindi di provenienza illegale. Personalmente, come cittadino privato, ho apprezzato la possibilitá di vedere il filmato, e mi reputo in grado di giudicare autonomamente se i militari sono stati avventati, i giornalisti sfortunati, o i piani alti americani paraculi; in quel frangente mi sono sentito simpatizzante verso l’operato di Wikileaks.

Pensiamo ora al caso odierno: Wikileaks é tornato alla ribalta per la pubblicazione dei famigerati “US Cables”, ossia lettere di corrispondenza tra il dipartimento di stato americano e le sue missioni diplomatiche in giro per il mondo: il mondo finge di essere sconvolto dal leggere ció che l’America pensa di loro (tranne Berlusconi: quando ha letto che gli Americani lo vedono come “il portavoce di Putin in Europa” a quanto pare si é fatto una risata), e l’America stessa si sente derubata dei propri documenti privati (il rappresentante della Homeland Security americana che ha dichiarato “Wikileaks dovrebbe essere considerata alla stregua di un gruppo terroristico”) ma per un cittadino e lettore informato questa é la fiera dell’ovvio: é un po’ come se io tenessi nella mia scrivania in ufficio un diario nel quale descrivo ció che penso di tutti i miei colleghi: é ovvio che se dovesse venire reso pubblico i miei colleghi scoprirebbero cattiverie esagerate che di persona non direi, é ovvio che i miei colleghi ne risentirebbero, é ovvio che io me la prenderei con chi mi ha rubato il diario, ma forse, tra tutto il marasma, una terza persona dotata di senso critico scoprirebbe che ho scritto cose che tutti pensano e nessuno ha avuto il coraggio di dire: ad esempio non serve un genio per sapere che Berlusconi e Putin sono compagni di giochi (quali giochi ve lo lascio intendere), ma cosa avrebbe fruttato all’America dichiararlo pubblicamente? Il mondo diplomatico va ben oltre il dichiarare ció che si pensa. Certo é facile definire il mondo diplomatico “ipocrita”, ma bisogna anche considerare che a volte questa ipocrisia delimita la differenza tra un dialogo ed una guerra.

Quindi, come privato cittadino, gli US cables mi interessano eccome, ma leggendoli sono anche consapevole che camminiamo tra il realpolitik ed il gossip diplomatico, e cosí dovrebbero fare anche i capi di stato che il giorno dopo si fanno telefonare dalla Clinton per farsi dire “ti assicuro che sei un grande amico!! (non fa niente se ieri ho scritto che sei un ciccione balordo)”.

Mi interessano forse maggiormente le reazioni delle parti in causa: leggere un Frattini che dichiara “Questo é il 9/11 della diplomazia mondiale, Wikileaks vuole distruggere il mondo” mi fa capire quanto l’Italia sia paraculo.
Leggere Berlusconi che dichiara che “i Wikileaks sono falsi” (unico commento del genere in Europa, nemmeno gli americani hanno smentito) e che “Wikileaks pubblica roba da giornali di sinistra” mi fa capire che Berlusconi non ci fa, c’é.
Leggere Ahmadinejad che dichiara “i documenti non sono stati rubati ma piuttosto pubblicati di proposito dall’America” mi fa intendere che nemmeno lui riesce a credere che l’America abbia veramente resistito alle insistenti richieste degli emirati arabi di sganciare una bomba o due su casa sua: forse nel suo egocentrismo crede che gli Americani siano tanto disperati pur di farselo amico?
Credo sopratutto che, come manifesta chiaramente il pensiero di Ahmadinejad, l’America non stia uscendo dalla vicenda con la faccia bruciata come si pensava (almeno per il momento), anzi oserei dire che si é dimostrata piuttosto coerente con il suo operato in materia di politica estera. Certo, scoprire che la democraticissima Hillary spiava membri dell’Onu e chiedeva rapporti sullo stato mentale di presidenti sudamericani non fa guadagnare al paese punti di riguardo, ma considerato che si tratta di documenti rubati vorrei vedere cosa potrebbe essere il risultato di un’operazione simile in paesi come la Cina, il Pakistan… o l’Italia! Forse il pubblico non é ancora pronto a scoprire a quali misure i nostri governi si rivolgono abitualmente per mandare avanti il paese.

Comunque, personalmente, credo che prendersela esclusivamente con Wikileaks sia ingiusto: in essenza Wikileaks non é nient’altro che un sito internet che permette a chiunque possieda documenti confidenziali o secretati di pubblicarli sulla rete senza rischio di rivelare la propria identitá. E’ relativamente semplice puntare il dito sulla moralitá di Wikileaks per permette simili cose, ma se ci sono dei buchi morali lí ce ne sono parecchi altri in chi protegge Wikileaks, in chi fornisce i documenti, in chi li ruba, e forse anche nel governo al quale i documenti sono stati sottratti. Mandare le minacce di morte ad Assange é come mandarle a Zuckerberg.

Vada come vada, l’unica cosa che credo sia concordabile da tutti é che a causa (o “grazie a”) Wikileaks il mondo dell’informazione é cambiato per sempre: grazie all’apolidismo di internet — nonché all’abilitá di tecnici del settore — informazioni riservate che prima venivano rese pubbliche a rischio di famigerate “gole profonde”, o tramite pacchetti anonimi recapitati nelle redazioni, possono oggi venire tranquillamente pubblicate con un clic, dopo essere state fatte rimbalzare lungo un’infinitá di server sparsi in giro per il mondo, spedite ad un server-bunker svedese (questo perché in Svezia é legalmente proibito risalire alla fonte di informazioni di un giornale), ed infine sparate su di un sito internet che cambia ciclicamente i servers di appoggio per garantire la totale protezione dell’”informatore”.

Chi credeva che il crollo della privacy dall’avvento di Facebook, Twitter e Myspace avrebbe riguardato soltanto i privati cittadini sbagliava di grosso: Wikileaks non é altro che la comparativa “politica” di questi servizi, e se Hillary, Barack e compagnia bella tengono tanto ai propri segreti farebbero bene ad alzare i propri livelli di privacy prima di scoprirsi “taggati” in ben altri tipi di documenti.

Personalmente credo che prendersela con Wikileaks sia ingiusto: per un utente esterno Wikileaks non é nient’altro che un sito internet che permette a chiunque possieda documenti confidenziali o secretati di pubblicarli sulla rete senza rischio di rivelare la propria identitá. E’ relativamente semplice puntare il dito sulla moralitá di Wikileaks, ma se ci sono dei buchi morali lí ce ne sono parecchi altri in chi protegge Wikileaks, in chi fornisce i documenti, in chi li ruba, e forse anche nella persona alla quale i documenti sono stati sottratti.


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