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Domani il presidente Monti andrà in Vaticano per la sua prima visita ufficiale. Incontrerà il Papa e il segretario di Stato, cardinale Bertone. E' presumibile, o meglio, è auspicabile, che tra i temi sul tappeto ci sia anche la questione dell'Ici (ora Imu) sui beni immobili gestiti da enti ecclesiastici per fini "non esclusivamente commerciali", espressione che attualmente permette a questi enti - per il solo fatto di avere posto all'interno degli immobili in questione un luogo di culto - di non versare l'imposta ai Comuni di competenza. Il vaticanista del "Fatto Quotidiano", Marco Politi, in un articolo del 6 gennaio scorso ha indicato una serie di temi che potrebbero entrare in un confronto tra Italia e Vaticano:
«Un’ “operazione-Cortina” anche per scovare gli enti ecclesiastici che non pagano l’Iva. Se i Comuni, assistiti dalle agenzie governative, prendessero in mano seriamente la faccenda, si assisterebbe a belle sorprese. A Roma, tanto per fare un esempio concreto, la giunta Alemanno ha portato alla luce evasioni ecclesiastiche per quasi 10 milioni di euro. E nella capitale non è finita! Immaginiamo quanto una ricerca su tutto il territorio italiano potrebbe portare alle casse pubbliche.
Il premier Monti andrà in Vaticano entro la fine del mese (o al massimo ai primi di febbraio) per un incontro con Benedetto XVI. Successivamente la delegazione italiana avrà un colloquio con il Segretario di Stato cardinale Bertone. “Gli sherpa sono già al lavoro”, spiegano negli ambienti governativi. I tecnici ministeriali stanno preparando i dossier bilaterali e internazionali.
In piena crisi la questione delle risorse economiche da destinare al bilancio statale italiano – e da reperire da chi le evade – riveste un’importanza primaria. In questo senso la missione Oltretevere del premier assume il carattere di un test sulla capacità e la determinazione del governo di imboccare una via europea nel trattare le questioni economiche con le autorità ecclesiastiche.
Metodo europeo (o ancor meglio americano) significa gestire la materia con l’imparzialità e il rigore di chi esige da tutti i soggetti giuridici lo stesso comportamento fiscale senza chiudere gli occhi dinanzi a prepotenze e senza cadere nel vizio italiano di uno stato forte con i deboli e accondiscendente con i forti. Non è questione di clericalismi o anticlericalismi, ma solo di correttezza fiscale. Sono parecchie le novità che da questo punto di vista Monti potrebbe inaugurare.
1. Il nuovo governo ha deciso recentemente che i proventi dell’8 per mille dell’anno 2011, destinati dai contribuenti allo Stato, non saranno più distribuiti a pioggia (magari tornando a coprire spese ecclesiastiche) ma finalizzati a due obiettivi precisi: la protezione civile e l’edilizia carceraria. Un’innovazione importante perché dà un senso alle scelte dei cittadini. Se il governo annuncerà in anticipo la destinazione dei fondi della tassazione del 2012 avrà compiuto una rivoluzione a costo zero. Stimolando il contribuente a indirizzare la sua quota Irpef per l’ambiente, la cultura, la situazione carceraria ecc. Le autorità vaticane hanno sempre impedito finora che lo Stato annunciasse in anticipo cosa farà dei soldi, considerandolo una “concorrenza illecita” nei confronti dell’8 per mille che va alla Chiesa. Non c’è motivo di assecondare questa pretesa.
2. Mesi di discussione sull’evasione dell’Ici hanno chiarito alcuni fatti precisi. Esistono enti ecclesiastici (o non profit di vario indirizzo) che godono dell’esenzione legittima per edifici destinati esclusivamente a uso di culto o “attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative, sportive” come dall’art. 7 della legge del 1992. Tuttavia è noto e provato che esiste una “zona grigia” di enti che evadono l’Ici giocando sull’equivoco della legge del 2006, la quale estende l’esenzione anche a immobili “sedi di attività che non abbiano fini esclusivamente commerciali”. Il cardinale Bertone ha riconosciuto che ci sono aspetti da “studiare e approfondire”. Il cardinale Bagnasco, presidente della Cei, si è detto disposto a “valutare la chiarezza delle formule normative vigenti”. Il disordine nasce unicamente dalla formula “non esclusivamente commerciali”. È venuto il tempo di abrogarla semplicemente. Non è materia concordataria. Governo e parlamento possono procedere autonomamente.
3. L’attività degli azzeccagarbugli viene favorita dal fatto che le diocesi non pubblicano i loro bilanci integrali, comprensivi di tutti i beni patrimoniali e immobiliari. Le autorità e i media ecclesiastici tacciono da mesi caparbiamente su questo tema. Il premier Monti può prendere esempio dalla legislazione tedesca che vincola l’ottenimento di fondi pubblici alla pubblicazione del bilancio integrale dei soggetti interessati. Infatti in Germania i bilanci diocesani sono accessibili al pubblico. È un ottimo modello da introdurre in Italia.
4. L’8 per mille alla Chiesa cattolica è chiaramente deragliato dagli obiettivi previsti dalla riforma del Concordato del 1984. Lo scopo, a suo tempo, era di garantire alla Chiesa più o meno quello che lo Stato pagava con le “congrue” ai parroci. Il sistema adottato, falsando il peso delle scelte dei contribuenti, ha portato la Cei a incassare cinque volte di più. Nel 1989 la Chiesa otteneva 406 miliardi di lire all’anno: oggi il miliardo di euro, che incassa, equivale a quasi 2000 miliardi di lire.
La legge istitutiva dell’ 8 per mille prevede l’attivazione di una commissione bilaterale per intervenire sul gettito. È urgente che Monti chieda ai suoi interlocutori vaticani la convocazione della commissione. La soluzione migliore è di riformare il meccanismo esistente, attribuendo i soldi dell’Ici soltanto in base alle scelte espresse (senza che siano ridistribuite truffaldinamente – come avviene oggi – anche le somme derivanti dalle quote non espresse!). In via immediata c’è la proposta di ridurre il gettito al 7 per mille.
5. Il Vaticano non paga nemmeno una parte delle spese per l’evacuazione delle sue acque sporche. È una prepotenza e un aggravio di bilancio inammissibile in questa stagione.
Ecco, poche semplici innovazioni che un governo tecnico può fare benissimo».
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