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DL: Gli elementi di continuità sono messi in evidenza anche dai bordighisti, per i quali però la Cina non ha mai seguito un orientamento socialista, neppure negli anni di Mao. E questo medesimo giudizio essi formulano a proposito dell’esperienza storica del «socialismo reale» nel suo complesso. Tutto è in ultima analisi «borghese». Questo modo di atteggiarsi non è affatto esclusivo della «sinistra». Come dimostro nel mio libro su Stalin, al momento dell’introduzione della Nep è tutta la grande stampa occidentale a celebrare il ritorno del capitalismo e il definitivo fallimento del programma di trasformazione socialista della Russia. A sua volta Kautsky non attende la Nep per denunciare il carattere «borghese» della rivoluzione bolscevica. Per dimostrare questo riprendo una pagina delo mio «Stalin. Storia e critica di una leggenda nera»:
«Pochissimi mesi o poche settimane dopo l’ottobre 1917, senza perdere altro tempo, Kautsky sottolinea come i bolscevichi non mantengano o non siano in grado di mantenere nessuna delle promesse da loro agitate al momento della conquista del potere: «Già ora il governo dei Soviet si è visto costretto a diversi compromessi di fronte al capitale […] Ma più che davanti al capitale russo, la repubblica dei Soviet dovette indietreggiare davanti a quello tedesco e riconoscerne le pretese. E’ ancora incerto quando il capitale dell’Intesa tornerà a introdursi in Russia; tutto dà l’idea che la dittatura del proletariato abbia soltanto annientato il capitale russo, per cedere il posto a quelli tedesco e americano».I bolscevichi erano giunti al potere promettendo «la propagazione, sotto l’impulso dell’esperienza russa, della rivoluzione nei paesi capitalistici». Ma che fine aveva fatto questa prospettiva «grandiosa e affascinante»? Ad essa era subentrato un programma di «pace immediata a tutti i costi». Siamo nel 1918 e, paradossalmente, la critica di Kautsky a Brest-Litovsk non è molto diversa da quella che abbiamo visto in particolare in Bucharin. Al di là dei rapporti internazionali, ancora più catastrofico è, sempre agli occhi di Kautsky, il bilancio della rivoluzione d’ottobre sul piano più propriamente interno: «Spazzando via i resti del capitalismo essa ha espresso più puramente e più fortemente che non mai la forza della proprietà privata della terra. Essa ha fatto del contadino, finora interessato allo sfacelo della grande proprietà privata terriera, un energico difensore della proprietà privata creata di recente, e ha consolidato la proprietà privata dei mezzi di produzione e la produzione di merci». [pp. 105-6 del mio libro].
Non pochi saranno stupiti di questa convergenza dei bordighisti con Kaustky. Conviene allora rileggere (o leggere) Lenin: «colui che attende una rivoluzione sociale “pura”, non la vedrà mai» (LO XXII, 353).
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