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Donald Barthelme - LA VITA IN CITTÀ

Creato il 23 gennaio 2014 da Zioscriba
Donald Barthelme - LA VITA IN CITTÀ
Donald Barthelme
La vita in città.
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“In russo Tolstoj significa «grasso». Suo nonno mandava a lavare la biancheria in Olanda. Sua madre non conosceva neanche una parolaccia. Da giovane si rasò le sopracciglia nella speranza che ricrescessero più folte. Contrasse la gonorrea nel 1847. Una volta un orso lo morse in faccia. Divenne vegetariano nel 1885. Per rendersi interessante, ogni tanto si inchinava all’indietro.”


1 Stavo cercando di scalare la montagna di vetro.
2 La montagna di vetro si erge all'incrocio fra la Tredicesima e l'Ottava.
3 Avevo raggiunto il pendio inferiore.
4 La gente alzava gli occhi per guardarmi.
5 Ero nuovo del quartiere.
6 Eppure avevo dei conoscenti.
7 Mi ero legato dei ramponi ai piedi e in ogni mano stringevo un solido sturagabinetti.
8 Ero a 60 metri d'altezza.
9 Il vento era pungente.
10 I miei conoscenti erano radunati ai piedi della montagna per offrire un po' di incoraggiamento.
11"Testa di cazzo".
12 "Stronzo".
[continua fino a 100]
Un grande cameriere morì, e tutti gli altri camerieri si rattrista-rono. Al ristorante venne espressa della tristezza. Fazzoletti neri vennero adagiati su braccia nere. Vennero distribuite tovaglie nere. Svariate strade lì intorno vennero dipinte di nero - quelle che portavano al locale in cui Guignol aveva servito i piatti col suo tatto leggendario. Le medaglie di Guignol (poiché, come una gran-de birra, era stato decorato più volte, in occasione di esposizioni internazionali a Parigi, Bruxelles e Rio de Janeiro) vennero conse-gnate a sua moglie, La Lupe. Il corpo venne messo a bollire per ventiquattr'ore in un bagno di vino bianco, brodo, olio d'oliva, aceto, aromi, erbe, aglio e fette di limone, e infine esposto en Aspic su un letto di foglie di lattuga. Centinaia di perdigiorno famosi si presentarono a porgere l'estremo omaggio.
Come spesso mi accade al cospetto dei libri di questo delizioso Autore, momenti di esaltazione di fronte ad alcune mezze pagine esilaranti, che sprizzano assoluta genialità, come quelle proposte qui sopra, alternati a momenti di noia per altre parti più cervellotiche e poco ispirate, quasi che Barthelme, spaventato dalla troppo elevata gradazione della propria irriverente intelligenza, decidesse di usare di proposito una qualche sorta di intellettualistico “diluente”. Saltabile a piè pari (ma questo vale sempre) la sdottoreg-giante prefazione: far presentare Barthelme da Latronico, con tutto il rispetto, è un po' come far presentare Mozart da Jovanotti. Perché lo fate, o italici editori?

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