I discorsi da pausa pranzo in Clinica possono essere molto pittoreschi, normalmente ci raccontiamo i casi strani in cui ci siamo imbattute durante la mattinata o negli ultimi giorni, così per lo meno scarichiamo un po'. È la nostra maniera profana di fare debriefing.
Oggi per esempio una di noi raccontava la storia della paziente inglese che durante la stimolazione ormonale si è chiusa in casa per settimane,, fino a che un giorno è comparso Gesù nella sua stanza, che le ha detto che il fatto che Kate Middleton avesse appena partorito fosse sicuramente un buon segno in vista della sua ricerca di gravidanza.
Che se Kate Middleton partorisce, i suoi sudditi saranno baciati dalla dea fertilità, no?
Ecco. Ringraziamo la signora inglese per averci regalato momenti di ilarità e preoccupazione per la salute mentale di certe nostre pazienti, ma da lì è un attimo passare al trend-topic della settimana: Kate Middleton partorisce e dopo 6 ore dal parto, splendidamente truccata, pelle lucente e boccoli perfetti, si presenta al reame con il bimbo in braccio .
A me questa cosa è sembrata di pessimo gusto: va bene il marketing reale, va bene che i rotocalchi debbano vendere, mettetela come volete, ma sul serio avevamo bisogno del falso mito della donna perfetta che a 6 ore dal parto ha già dimenticato le contrazioni e la dilatazione vaginale, ed è pronta a sfidare il mondo su tacco 12? Che ne è stato della sempreverde foto della madre raggiante ma spossata, ritratta nella stanza d'ospedale che tiene in braccio suo figlio? Perché non va più bene? Può sembrare un falso problema, qualcosa di leggero di cui parlare dal parrucchiere: invece c'è molto di più dietro, ci vedo la scelta di mostrare l'emancipazione della donna come qualcosa che prescinde dal dolore e dall'essere stanca e con le occhiaie , ogni tanto. Dare in pasto alla gente solo le gioie e i sorrisi truccati. " Donne, imparate dalla Kate, che si è rimessa subito in piedi e ha sceso con regalità le scale dell'ospedale! "
Mi sembra poi diretta conseguenza di questi gossip che io, durante una mia giornata lavorativa, debba affrontare discussioni con donne di 50 anni piangenti perché il test di gravidanza è negativo, di questo tenore:
Paziente: Signorina, ma lei è italiana o spagnola?
Paziente: Ecco, allora la conosce lei quella ballerina, la Carmen Russo, o quell'altra cantante, la Gianna Nannini, che loro sì ce l'hanno fatta ad avere un figlio ed erano pure più grandi di me! Perché loro sì e io no?
La domanda è quella che ci frega, a noi coordinatrici, e a cui io non so mai rispondere in maniera convincente (segue arrampicata di specchi sul tono di " signora, ogni donna è un mondo a sé ").
Perché loro sì e noi no? Perché la Nannini sì e tu paziente che ti stai rovinando la pensione pagando un trattamento dietro l'altro non ce la fai? Perché la Kate ha già il vestito abbinato al tacco e la pelle di pesca, e le mie amiche dopo il parto si sentivano la stanchezza del mondo addosso e non avevano paura di dirtelo?
Come al solito mi faccio domande che non hanno risposte uniche, ognuno interpreta le questioni a modo suo: forse mi attacco troppo a un mondo ideale in cui le donne possano ispirarsi ad altri modelli, smetterla di confrontarsi alle ricche e famose, vivendo come deprecabile anche un momento naturalmente faticoso come quello del diventare madre e dare alla luce.