Da qualche tempo la stampa riprende spesso l’argomento della violenza sulle donne, anche a causa del terribile incremento dei fatti di sangue di cui sono vittime. Lo fa tuttavia, salvo lodevoli eccezioni, con modalità che trovo rituali e piuttosto “fiacche”, tali da ingenerare abitudine, quasi ascrivendo maltrattementi e persino uccisioni alle caratteristiche iconiche del soggetto maschile. Noi nonne non dobbiamo affatto condividere, ma al contrario mantenere viva la nostra indignazione per proteggere quanto possiamo le donne che ci sono vicine.
Qualche cifra, dalla lettera aperta di GiULiA (giornaliste libere autonome).” Nel 2011 sono state 127 le donne uccise da uomini. Un omicidio ogni tre giorni. L’ultima vittima del 2011 è stata Stefania Noce, universitaria di 24 anni. La sua vita e’ stata stroncata da 7 coltellate inflitte dall’ex fidanzato. Nel 2012 lo stillicidio è ricominciato con Antonella Riotino, 21 anni , studentessa. Uccisa da un ragazzo che i giornali , le cronache tv , i titoli in prima serata hanno definito il “fidanzatino” . Sarebbe stato più appropriato chiamarlo stalker, visto che per mesi l’aveva minacciata di morte. Sono già dodici i casi riportati dalla stampa nella prima metà del gennaio 2012.” Il tredicesimo è cronaca di oggi.
Non siamo in Afghanistan, dove, con la complicità di sua madre (!), un marito ha ucciso la moglie ventiduenne perché metteva al mondo solo figlie femmine, ma anche in Italia la maggior parte dei delitti è commessa da uomini vicini alla vittima. “E – sempre da GiULia -… colpisce la frequenza con cui si usano, per raccontare questi crimini contro le donne, categorie come “delitto passionale”, “raptus di follia”, “non sopportava di essere lasciato”, o che si leggano titoli come: “l’ex confessa: la amavo più della mia vita”. ”Gelosia”, “passione”, “amore” diventano facile movente e persino attenuante. Almeno nella considerazione e condanna sociale. Del resto abbiamo aspettato il 1981 perché le attenuanti previste dal Codice Rocco al delitto d’onore venissero abrogate”Quale il ruolo di noi nonne rispetto a questa preoccupante situazione? Augurandomi che nessuna faccia parte della categoria delle maltrattate, nel qual caso non è mai troppo tardi per trovare il coraggio di reagire, penso che debba essere interpretato su due fronti. Il primo – ne ho detto qualcosa parlando della coppia in crisi – è l’intervento diretto, l’unico caso in cui lo raccomando: dobbiamo difendere con ogni mezzo le nostre figlie e nipoti se sono in pericolo a causa di un partner a rischio. Il secondo fronte è quello socio-culturale, più ampio e vario. Si tratta di promuovere nelle nostre famiglie un modello razionale, civile, rispettoso della reale uguaglianza tra i sessi. Un risultato raggiungibile quando tutti gli educatori (a cominciare dai genitori/nonni) lo condividono con convinzione.
“Non si può - scrive la filosofa Lea Melandri – confinare la violenza contro le donne, «dagli omicidi domestici agli stupri e maltrattamenti», nello spazio della cronaca nera, «come se non riguardasse le disuguaglianze di potere e la cultura che ha segnato per secoli il rapporto tra i sessi» E sottolinea il ruolo che anche la scuola e le istituzioni debbono svolgere“in un programma che parta dall’educazione dei sentimenti”
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