Purtroppo la regola sembra confermata. Dove l’islam è in maggioranza, sono possibili solamente 2 forme di governo: una dittatura islamica o una dittatura militare per impedire un dittatura islamica. Ogni forma di democrazia è impossibile, come dimostra il caso dell’Algeria dove il FIS, partito islamico, aveva regolarmente vinto le elezioni ed è stato messo fuori legge da un colpo di Stato militare. In uno stato a prevalenza musulmana la democrazia è impossibile perché l’islam è un’ideologia totalitaria che non può concepire un governo alternativo alla charia, la legge coranica. Purtroppo nel mondo attuale non esistono eccezioni.
Ecco perché sono pessimista sul futuro della primavera araba. Sì, la primavera araba ha rivelato una nuova generazione colta, laica, che vede l’islam come il fumo negli occhi e sogna governi democratici, ma i musulmani restano sempre in maggioranza. E come dimostrano le statistiche, più i musulmani sono numerosi, più i praticanti tendono a egemonizzare la massa dei fedeli tiepidi e ad aumentare le richieste. Secondo una statistica, la soglia di pericolo è il 5 per cento. Per esempio in Francia, dove i musulmani sono l’8 per cento, la carne di maiale è scomparsa dalle mense scolastiche, in alcune città le piscine fanno i turni per gli uomini e le donne, in certi ospedali le musulmane vengono visitate solamente da medici di sesso femminile, in alcune scuole pubbliche si sono “islamizzati” i programmi escludendo Napoleone, Darwin e altri soggetti sgraditi ai musulmani, in certi quartieri è stata proclamata la charia e così via. E tutto questo accade nel paese più laico d’Europa.
Così non c’è da stupirsi che la Tunisia, dove i musulmani sono la stragrande maggioranza, stia scivolando nell’islamismo. Dalla primavera tunisina sono nati almeno 50 partiti, ma secondo i sondaggi è in testa Ennahda, il partito islamico, proibito sotto Ben Alì. Questo partito ha già annunciato che intende proclamare ”una nuova repubblica islamica” e ha imbarcato perfino i salafiti, i musulmani più fedeli al Corano. Pur non avendo ancora preso il potere, Ennahda lo sta già esercitando. Mokhtar Trifi, il capo della Lega dei Diritti Umani, dichiara che le manifestazioni islamiche “sono in aumento in tutto il paese”. Le ragazze sono “invitate” ad abbandonare l’abbigliamento occidentale per abbigliarsi secondo le prescrizioni della charia, nelle piscine degli alberghi si è visto il ritorno al costume da bagno a tunica per le donne e a violenze finora solamente verbali contro le svergognate in due pezzi, la preghiera del venerdì guidata dai muezzin di Ennahda è diventata una prova di forza. Si parla di un ritorno alla poligamia e di proibire l’alcool nelle zone turistiche. A giugno, sotto la pressione islamista, è stata approvata una restrizione ai siti pornografici sul web.
Naturalmente il film antislamico “Né Allah né Padrone” della celebre regista Nadia El Fani, storica oppositrice prima di Ben Ali e oggi dell’islam, vincitore del “Prix international de la laïcité”, è oggetto di una viva contestazione islamica. Nadia El Fani ha ricevuto minacce di morte e perfino una denuncia per blasfemia da parte delle magistratura per la sua pubblica dichiarazione di ateismo (“io non credo in Dio”). Il più famoso regista tunisino, Nouri Bouzid, è stato colpito alla testa da un islamista che agitava una spranga al grido di “Allah Akbar”. Alcuni bordelli sono stati bruciati, un prete cattolico è stato sgozzato, in Avenue della Liberté si manifesta al grido di “ebrei, l’esercito di Muhammad sta tornando”, gli artisti e gli intellettuali ricevono minacce di morte perché il Corano proibisce la musica e la rappresentazione della realtà.
E i segnali provenienti dall’Egitto non sembrano più confortanti, per non parlare di tutti i paesi dove i musulmani sono al potere. Perfino a Gaza, contro la crescente insofferenza dei cittadini presi in ostaggio, Hamas ha dato un giro di vite che priverà per un bel po’ i palestinesi della speranza di avere un loro Stato. La regola senza confermata: con una maggioranza musulmana ogni democrazia è impossibile, per non dire il più elementare rispetto dei diritti umani. Certo, gli attuali governi di transizione potrebbero dichiarare illegali i partiti islamici. Ma questo significherebbe il ritorno a una forma più o meno mascherata di dittatura militare, senza contare i rischi di una terribile guerra civile come quella che ha insanguinato l’Algeria quando il FIS è stato dichiarato illegale.
Dragor