di Ferdinando Imposimato
La Voce delle voci
Chi abbia messo le bombe a piazza Fontana, a Piazza della Loggia, sul treno Italicus, alla Questura di Milano e in cento altri luoghi pubblici non si e’ mai saputo sul piano giudiziario. O meglio si era saputo, ma la Cassazione vanifico’ tutte le prove. E alla fine del dodicesimo processo per la strage di Piazza Fontana, dopo trentacinque anni, il colpo di scena: la Corte di Cassazione, seconda sezione penale, con sentenza del 3 marzo 2005, assolse alcuni neofascisti accusati da collaboratori di giustizia, sempre inattendibili se di destra, ma aggiunse che la verita’ era quella contenuta nella sentenza di condanna di Catanzaro del 1979 contro Freda e Ventura. Questi ultimi, pero’, furono assolti in appello e in Cassazione e non possono essere piu’ giudicati. La conclusione della Suprema Corte fu che la strage di Piazza Fontana era stata certamente opera dei fascisti aiutati dai servizi segreti del tempo, che avevano avvelenato la pubblica opinione con notizie false. Alcuni ufficiali dei servizi furono condannati per calunnia e favoreggiamento.
Nessuno riusci’ a sfuggire al condizionamento dei media, neppure l’avvocato comunista di Valpreda, Guido Calvi, che mostro’ non poche incertezze sulla sua innocenza. La demonizzazione degli anarchici fu costruita con abilita’ dai servizi segreti del tempo e da buona parte delle istituzioni preposte alla repressione del terrorismo, tra cui l’Ufficio Affari Riservati del Viminale. Alcune prove furono nascoste per anni ai magistrati milanesi e veneti. E giudici, anche seri e onesti come Vittorio Occorsio, furono ingannati da servizi segreti alleati con gli eversori.
Quando Occorsio si accorse di essersi sbagliato e comincio’ ad indagare contro i neofascisti di Ordine Nuovo venne massacrato con un mitra Ingram dei servizi segreti spagnoli, che ospitavano i neofascisti italiani. Mentre commissari di polizia onesti e capaci, come Pasquale Juliano, che avevano accusato i neofascisti padovani, furono rimossi dall’incarico e privati dello stipendio dal Ministero dell’Interno per abusi mai commessi. Ma questa verita’ storica l’abbiamo conosciuta solo trentacinque anni dopo e nessuno se ne e’ accorto. Il tempo ha cancellato ogni cosa.
Era inimmaginabile una simile diabolica macchinazione ordita da pezzi insospettabili dello Stato, al servizio del potere politico democristiano, chiuso a qualunque apertura alle forze democratiche. I giornali fecero da cassa di risonanza in maniera quasi unanime alla tesi del complotto anarchico, sotto la guida del Corriere della Sera, al servizio dei massoni piduisti. Eppure molti di quegli infedeli servitori dello Stato che costruirono le prove false contro Valpreda, e aiutarono gli assassini neofascisti a sottrarsi alla pena e a continuare nelle stragi, furono condannati per favoreggiamento e altri reati per depistaggi che impedirono l’accertamento della verita’. Ebbene, quello che e’ accaduto 43 anni fa – la strage di piazza Fontana – dovrebbe servire da lezione. Guardare al passato per capire il presente e prevedere il futuro, diceva lo storico Tucidide nel 450 avanti Cristo. Ma molti – complici i media asserviti – fanno finta di non capire.
BRINDISI – LA STORIA SI RIPETE
Oggi sta accadendo la stessa cosa: le bombe di Brindisi sono attribuite prima alla Sacra Corona Unita, poi a un folle solitario, poi agli anarchici greci. E molti, un po’ per ignoranza, un po’ per l’impossibilita’ di credere a una verita’ tremenda, si rifugiano in soluzioni semplicistiche. Che vedono i buoni da una parte e i cattivi dall’altra. L’attenzione generale si e’ concentrata come un fulmine su ipotesi di nuove leggi di ordine pubblico. E nessuno piu’ ricorda le sacrosante ragioni dei disoccupati, dei precari, degli studenti, dei lavoratori, dei pensionati, della corruzione politica, del costo dei partiti. Di fronte alla tragedia di Brindisi, il silenzio tombale della sinistra e del Pd, di Sel, di Italia dei Valori.
Un barlume di speranza nasce dai movimenti non violenti di opposizione democratica e dei giovani, animati da una forte sete di verita’ e che rappresentano i bisogni di chi non si riconosce nei partiti storici, e ormai marci. Tutta la sacrosanta battaglia per la moralizzazione della politica e dei partiti si e’ inabissata nei fondali dell’indifferenza e del silenzio. La magistrale opera di ricostruzione operata da Elio Veltri e da Francesco Paola nel libro inchiesta su “I soldi dei partiti” e’ passata in secondo piano. La denunzia di partiti personali, come Italia dei Valori e Popolo delle Liberta’, e la gestione personale di milioni di fondi pubblici elettorali, lascia indifferente il Parlamento, in cui tutti i partiti agiscono nel medesimo modo. E la stessa assenza di rilievi da parte dei parlamentari di ogni partito rispetto a queste scandalose operazioni che riguardano il denaro pubblico, appare un vulnus intollerabile alla democrazia.
Di fronte a una corruzione endemica che costa 60-70 miliardi di euro all’anno, e’ impossibile che i partiti si autoriformino per eliminare abusi. Tutti i dirigenti di partito hanno taciuto di fronte agli scandali della Lega e della Margherita; non una parola abbiamo sentito da Pierluigi Bersani e da Antonio Di Pietro. Eppure essi sanno che, si legge nell’analisi di Veltri e Paola, «l’enorme finanziamento pubblico, celato dietro il rimborso delle spese elettorali, senza alcun controllo e senza alcuna sanzione, favorisce gestioni oligarchiche, deresponsabilizzazione e corruzione».
Ma non basta, apprendiamo un dato sconvolgente, e cioe’ che «le aziende partito sono solide perche’ hanno entrate certe dei contributi dello Stato, che per alcune aziende superano di dieci volte le spese elettorali». «Piu’ che di profitti occorre parlare di rendite che non hanno riscontro in nessun’altra attivita’ commerciale ed economica, e nemmeno finanziaria e speculativa» (da “I soldi dei partiti”, Marsilio). Come documentano i due autori, l’Idv ha crediti per 32 milioni di euro e debiti per 250.984 e la Lega vanta crediti del finanziamento pubblico per 18,5 milioni di euro e debiti per poco piu’ di un milione. Persino le imprese straniere sono taglieggiate dai partiti e invocano «meno corruzione o ce ne andiamo».
GLI INSOSPETTABILI
La corruzione investe anche personaggi ritenuti insospettabili che in Puglia hanno sperperato denaro pubblico senza il minimo controllo. Scrive il giudice Giuseppe De Benedictis che «la prassi politica dello spoil system era talmente imperante nella sanita’ regionale da indurre il Governatore Nichi Vendola, pur di sostenere la nomina a direttore generale di un suo protetto, a cambiare la legge, per superare gli ostacoli che la legge esistente frapponeva alla nomina di una persona da lui voluta».
Tale documentata, minuziosa ricostruzione di gravi episodi di malcostume o di corruzione e’ l’emblema di questa Italia in via di dissoluzione. Ma il tragico episodio di Brindisi ha spostato l’attenzione della pubblica opinione sugli anarchici informali, che sono una sorta di parafulmini per politici corrotti e impresentabili. Intanto la crisi travolge milioni di persone: i dati testimoniati dalle ricerche della Caritas sono drammatici: piu’ di 8 milioni di poveri e un aumento del 20 per cento dei poveri tra i giovani sotto i 35 anni. E le speranze di lavoro si riducono sempre piu’.
Noi dobbiamo prepararci a lottare contro questi partiti corrotti per favorire il rinnovamento attraverso liste civiche e movimenti che sono necessari in questa fase di transizione. I movimenti sono, ancora e piu’ che mai oggi, i protagonisti di una democrazia diretta mobilitando milioni di cittadini a sentirsi protagonisti e a spingere il governo a scelte che non penalizzino ancora una volta i poveri e i diseredati.
La nascita e la crescita del movimento e le sue iniziative in difesa dei diritti inviolabili dell’uomo – lavoro, casa, salute, reddito dignitoso, giustizia fiscale – sono le sole iniziative di opposizione al regime instaurato dal premier Mario Monti. E consentono la partecipazione di tante persone fuori dai partiti al tentativo di mutamento della politica.
Del mancato cambiamento della legge elettorale devono rispondere tutti i partiti, che hanno simulato una volonta’ di riforma inesistente. Il tempo della decisione era questo. Anche sui personaggi da mettere in campo, spazzando via quelli piu’ volte sconfitti. Di fronte allo spettacolo di oligarchie immarcescibili e di partiti logori e spenti, alla valanga di abusi e prepotenze, agli attacchi agli studenti e ai lavoratori da parte della maggioranza, non basta l’astensionismo. Occorre mettere in minoranza questi partiti responsabili del disastro in cui e’ precipitato il Paese.