Per dissolvere i cupi pensieri post voto, approfittando del bel pomeriggio di sole ho deciso di andare a vedere la mostra in Triennale Dracula e il mito dei vampiri, che sarà ancora visibile fino al 24/03.
Tapirigna mi ha accompagnato, non per venire alla mostra, ma perchè doveva andare all’ Oviesse in Corso Garibaldi, per cercare un indispensabile capo di abbigliamento che, a quanto ho capito (sicuramente male), le dovrebbe servire per la sua prossima recita. Quando si va per Corso garibaldi alla controra si rischia di vedere più Vip che vetrine: già in passato avevamo rischiato di essere investite da Lapo Elkann, questa volta invece abbiamo corso il pericolo di essere travolte dalla panza di Belen con corteo di fotografi al seguito.
Giunte presso via Cusani le nostre strade si sono divise, peccato poi che io la mia l’abbia persa. Sì perchè io con la Triennale c’ho qualche problema perchè per raggiungerla mi ritrovo sempre davanti Parco Sempione, il baluardico polmone di Milano, che mi seduce dai suoi cancelli come se mi dicesse “passa da me e vedrai che tagli!”. Invece poi mi perdo rischiando sempre di essere travolta da persone che corrono, ovunque, da sole o in comitiva, che falciano qualsiasi ostacolo gli si pari di fronte.
Vabbè comunque, dopo aver stabilito di aver preso la direzione sbagliata e che, se avessi preso l’altra opposta, avrei trovato la Triennale dietro l’angolo, finalmente arrivo a vedere la mostra dei miei sogni. Ora, se non l’avete capito, io sono una patita della letteratura gotica e soprattutto della figura del vampiro, quello vero, non quello in salsa luccicante di Twilight.
Quindi ero già predisposta bene.
Prima di entrare nella prima sala, uno schermo proiettava la prima scena del Dracula di Francis Ford Coppola, giusto per farci ambientare al clima.
La prima sala io l’ho trovata bellissima: è stata curata da Margot Rauch, conservatrice del Kunsthistorisches museum di Vienna da cui provengono molti dei documenti presenti alla mostra. La prima parte riguardava la storia del personaggio storico a cui si è poi ispirato Bram Stocker per il suo romanzo. La ricostruzione storica e folklorica l’ho trovata accurata e molto chiara: erano presenti i famosi ritratti di Vlad Tepes, oggetti di abbigliamento, armi che sembravano usciti dai ritratti di Vlad, libri a stampa dell’epoca in cui veniva citato il famigerato principe della Valacchia e trattati in cui si iniziava a parlare della figura del vampiro (creatura molto diversa da quella a cui Bram Stocker ci ha abituato). La seconda parte era dedicata a Stocker e alla genesi del suo romanzo, che è stata possibile ricostruire grazie al rinvenimento di un blocco di appunti dell’autore, sulle sue ricerche in merito alla storia che avrebbe ispirato il suo personaggio, il conte Dracula.
Fin qui tutto bene (bella storia!), ma poi ho faticato a capire il perchè della seconda sala dove erano presenti degli ambienti realizzati in stile cassa da morto dove in uno c’era Italo Rota che parlava dell’arredamento tipico della casa di un vampiro (ma perchè?) e un altro, sempre stile cassa da morto, ma con un tocco voyeuristico, dai cui fori si poteva spiare l’interno dove erano proiettati i più famosi baci vampireschi della storia del cinema. Il fatto che ci fosse anche quello di Edward e Bella mi ha inorridito, ho subito voltato lo sguardoe qui il mio entusiasmo è notevolmente calato.
La terza sala era dedicata al vampiro nel mondo del cinema: su pannelli sospesi venivano proiettate alcune scene di film che hanno fatto la storia del cinema di genere, intervallate da frasi illuminanti sul significato della figura del vampiro nella realtà moderna. Qui il mio livello di buona predisposizione ha iniziato a scemare perchè mi sarei aspettata qualcosa di più.
Quarta sala: armatura di armadillo indossata da Gary Oldman in Dracula e interessante intervista a Ishioka Eiko, customer designer del film di Coppola: il concept dietro i bellissimi costumi del film mi ha davvero colpito ma mi sfuggiva un po’ il nesso con tutto il resto e mi sentivo un po’ persa.Quinta sala, variazioni sul tema: la donna Vamp e l’uomo Vogue, che cito soltanto ma neanche ne parlo. Mmm okkei, va beeene, gli abiti presenti e commentatati da Giulia Mafai erano fenomenali e mi sono incantata nel guardare il minuzioso lavoro di alta sartoria di quegli abiti da sogno, ma io dico….eravamo partiti così bene con la prima sala! Daaai!
Approfondisci il tema della donna vampiro in letteratura, vai un po’ oltre la Carmilla di Le Fanu, parlami della contessa sanguinaria Elizabeth Bathory che al conte Vlaad, suo vicino di casa, fa un baffo in quanto a nefandezze, su cui si poteva costruire un mondo! Fammi un lavoro di ricerca innovativo. E poi non mi puoi trascurare la fortuna della figura vampirica nelle serie televisive da Buffy ad Angel, da Blood Ties a Moonlight fino ai recenti Vampire Diaries o True Blood. Bella l’ultima parte con le tavole del Dracula di Crepax e alcune tavole inedite de Valentina e Il Vampiro. Ma visto che parliamo di fumetti coinvolgimi i bonelliani. Dylan Dog e, soprattutto, Dampyr.Insomma la mostra offriva molti spunti interessanti che non sono stati sfruttati o non si è avuta la possibilità di sfruttare: alla fine me ne sono tornata un ultima volta nella sala bella a rimirare la prima edizione di Dracula di Bram Stocker. Sospirando infelice per non poterla avere. L’unica cosa che ho potuto rubare sono solo le immagini scattate durante la visita alla mostra. Accontentiamoci.
P.s.1: il catalogo l’ho comprato soprattutto per la parte storica della mostra e ne sono molto soddisfatta.
Ps 2: consiglio il saggio di Renato Giovannoli Il vampiro innominato in cui si cercano tracce vampiriche in insospettabili classici della letteratura da I promessi sposi al Dedalus di Joyce a Il Castello di Kafka fino a Peter Pan di Barrie