Dubai è una città che riesce sempre a sorprendermi!
Ci si muove benissimo in taxi, il cui costo iniziale è di 3 dirhams (un dirham va diviso per 5,2 per avere l’equivalente in euro). Quindi un prezzo irrisorio!

I tassisti sono tutti o pachistani o indiani. Non devi preoccuparti di trovarlo, perché lui è già alla tua disperata ricerca per catturarti! Passano ovunque e continuamente… se vedono una persona che vuole farsi una passeggiata, l’affiancano per offrire il loro aiuto, a loro non serve vedere una mano o il pollice sollevato…
Hanno una curiosa certezza ” Se sei fuori a piedi, hai bisogno di loro, non c’è dubbio!”
Faccio una premessa importante: il loro inglese è un idioma sconosciuto che crea non pochi equivoci, per cui se non avete le idee chiare, può sballottarvi per ore, alla ricerca della via o del posto che volete raggiungere, semplicemente perché non conoscono benissimo le strade né tantomeno luoghi di ritrovo.
Tutto il tragitto diventa una caccia al tesoro, per cui consiglio di armarvi di pazienza e di umorismo, prima o poi arriverete a destinazione. Un altro dettaglio di notevole importanza è che tutti, indistintamente, hanno preso, qui a Dubai, la patente… molti di loro, hanno dovuto, necessariamente, imparare a leggere e scrivere in inglese… ed i risultati non sono molto incoraggianti!

Erano circa le 16 di un pomeriggio di agosto, caldissimo e afoso, io e mia figlia decidemmo di recarci al Mall of Emirates, un grandissimo centro commerciale, distante circa 15 minuti di macchina da casa, con cinema, negozi, ristoranti e, perfino, una grande pista da sci.
Appena uscite, un taxi ci affiancò e salimmo sulla vettura, una Toyota Camry, che aveva fatto il suo tempo già da qualche decennio.
I sedili erano di un colore tra il beige ed il bianco e recavano macchie scure grandi quanto una mela… rinunciai ad indagare oltre. Il tassista era un ometto, che avrebbe potuto avere 40 o 60 anni, con baffi scuri e capelli impomatati.
Indossava una camicia bianca, una cravatta rossa e pantaloni scuri. Portava piccoli occhiali da vista su un naso affilato con la scure. Gli occhi erano vigili e in continuo movimento.
Mia figlia gli indicò il percorso più breve per raggiungere il centro commerciale, ma non aveva fatto i conti con l’ostinato tassista. In un monologo che solo lui comprendeva, cominciò a gesticolare, indicando a destra e a sinistra, scuotendo la testa e dicendo parole che non riuscimmo a capire… mia figlia rinunciò a ripetere, per l’ennesima volta, che stava sbagliando strada… morale della favola… il tassista decise di fare a modo suo!
Chiesi a mia figlia perché allacciasse la cintura di sicurezza, ritenendola superflua.
Gemma, mi guardò sorniona e disse:
” Lo capirai tra un attimo, mamma! “.
Iniziai a ridere di gusto, fino a quando al semaforo scattò il verde!
Il sorriso mi si congelò sulle labbra. Il nostro impavido tassista, correva come un pilota di formula uno, sfrecciando impazzito su una strada molto trafficata. Sorpassava a destra, a manca, e a coloro che si attardavano a lasciarlo passare, faceva eloquenti gesti con le mani!
Le curve erano una vera gimkana da guidatore suicida.
Le ruote , sull’asfalto infuocato, gemevano e stridevano, mentre il tassista, incurante, continuava la sua corsa.
Guardando Gemma che alzava gli occhi al cielo, in una muta preghiera, cominciai a ridere, non riuscivo a fermarmi, anche perché il pilota, ogni tanto, mi guardava in modo sospetto e accigliato, dallo specchietto. Attraversammo quartieri che non avevamo mai visto, con edifici squallidi e sporchi. Le strade erano, quasi tutte, interrotte per lavori. Nelle soste forzate, causate da semafori e ingorghi, ebbi modo di osservare una Dubai che non riconobbi.
Agli angoli di viuzze strette e buie, sostavano gruppi di indiani, filippini, pachistani. Il loro non era un dialogare, era solo uno stare insieme, una muta solidarietà che non necessita di parole.
La sabbia del deserto, con rachitici ciuffi d’erba giallastra, sparsi quà e là, occupava tutto lo spazio tra un edificio e l’altro.
Un’altra Dubai, quella che puzzava di sudore e fatica, quella dei panni stesi ai balconi, mi si presentò davanti agli occhi.
I lustrini e le paillettes della ricca signora d’oriente, mostrava un altro volto, quello nascosto ai turisti, quello ignorato dai media, quello che imbarazza lo stesso sceicco.
La città dei sogni nasconde i suoi scheletri nella sabbia del deserto! E mentre elaboravo le mie riflessioni, dopo circa 35 minuti, giungemmo a destinazione! Salutammo il nostro eroe ed entrammo nel centro commerciale!
Gemma era visibilmente provata, io, invece, divertita ma anche scioccata da ciò che avevo visto!
La corsa, il cui percorso non avevamo programmato, risultò divertente ma anche istruttivo.
E’ proprio vero che ” Niente capita a caso !”
Senza il nostro ” spericolato ” tassista, non avrei mai immaginato che Dubai non è solo grattacieli, acciaio, specchi e mare limpido!
Ma questa è un’altra storia!
Aster
