Nonostante abbia una grave carenza di trucidume, mi piace molto fare una cosa nella moda: dissimulare. Mi piace giocare con gli abiti, ingannare quasi. Datemi una felpa che sembra comunissima, ma in verità è in seta, e andrò in brodo di giuggiole.
E così mi piacciono gli oggetti che giocano a fare i punk, un po' come i ricchi che si "divertono" fingendosi poveri, rustici.
Questo non significa, tout court, che una magliettina griffata con buchi e strappi mi piaccia. Ma se si parla di prodotti di altissima qualità, con lavorazioni che sono l'orgoglio del Made in Italy, faccio carte false.
Nella fattispecie oggi parliamo di due marche italiane, Gold Bunny e Giorgio Brato.
Giorgio Brato è un marchio che ha esattamente undici anni, eppure già abbastanza affermato. IL fondatore, Giorgio Braschi, impara a lavorare le pelli seguendo il solco della tradizione familiare, ma decide di usare lavorazioni innovative. La tintura, a mano, è "in capo", cioè avviene sulla giacca finita, creando una serie di sfumature affascinanti.
E la pelle è da guanteria, morbidissimo agnello profumoso. Il chiodo, dal taglio perfettamente asciutto, è anche colorato, dark come azzurro, turchese, verde bottiglia...
Poi ci sono anche altri accessori, come le sciarpe in seta, borse, le ormai straviste scarpe shabby deformi (quelle con la punta all'insù, che prima o poi dovrei vedere che effetto danno sul piede), e altre giacche: il montone, quella da aviazione e una sorta di blazer shabby. C'è anche il trench in pelle, che sembra un accappatoio uscito piuttosto male (e colorato di verde) dalla lavatrice.
Il focus, comunque, rimane sui leggerissimi chiodi, con una sorpresa all' interno: la fodera (in cotone organico quasi sempre) che riproduce una storica cartina di Bologna.
Anche se sono parole abusate, pochi si meritano la definizione di "artigiano contemporaneo" come lui: prodotti di altissima qualità, con lavorazioni sorprendenti, che però non rinunciano a uno stile proprio, che può piacere o meno, certo.
E Gold Bunny? Immaginatevi gli attacchi sbavosi che mi sono presi scoprendo un minuscolo brand artigianale che aveva quella simpatica parolina nel nome. "Bunny". Coniglio! E no, non parliamo del coniglietto dorato della Lindt.Anche questo è un piccolo marchio tutto nostrano, particolarmente apprezzato dalle celebrities. "E 'sti c***i!", direte voi. "E 'sti *azz*." Concordo io. Anche qui la specialità sono le giacche in pelle, leggerissime e sottoposte a trattamenti vegetali, o il vitello stone washed, come si usa per i jeans. Il pezzo cult, nella fattispecie, è il giubbotto in nappa abilmente cammuffato, grazie alla cerniera e al suo peso piuma, in k-way. Ma non mancano materiali come la seta. Le tinte sono molte, e raffinate. Bellissimo il verde un po' terroso e il rosso che vira al bordeaux.Trovare la storia del brand, in compenso, è Difficile. Nasce nel 2008. In occasione dell'ultimo White a Milano, ha collaborato con il lanificio Cerruti per creare un qualcosa di ancora nuovo. Una giacca in cashmere dall'aspetto naturale, "spettinato", poi lavorato con delle cere per renderlo impermeabile, ma che danno anche un sapore vintage. Il risultato quindi è un k-way sorprendentemente soffice e dall'aspetto easy.Beh, detto questo, deliziatevi con le immagini: