Come suggeriscono titolo e, meglio ancora, copertina, L’impostore è una variazione sul tema del doppelganger, che nel racconto del terrore ha sempre esercitato gran fascino sin da William Wilson (da cui prende chiara ispirazione), magnifica storia breve di Edgar Allan Poe. Sin dalle prime pagine, dove si assiste alla morte di un uomo per mano del suo doppio; poi Dylan, come spesso gli accade, si lascia trasportare dagli eventi e si imbatte nel folle di turno.
Il Dylan di Alessandro Billotta, nel suo più che mai lungo camicione fuori dai calzoni, si rivela particolarmente passivo, ingenuo e più che mai spettatore, protagonista di una sceneggiatura svelta e dagli espedienti affrettati.
Il segno del buon Nicola Mari contribuisce a una certa altalenante incoerenza. Lui che in gioventù apprezzavo sulle pagine di Nathan Never, nel suo stile corrente dimostra padronanza di un uso affascinante del nero, ma, nella ricerca di maggior dettaglio nelle figure umane, finisce per mancare in caratterizzazione del personaggio o nel rispetto delle proporzioni (gambe di donna che difficilmente reggerebbero il resto del corpo o un Dylan che legge un giornale che pare un lenzuolo – che poi i britannici sono famosi per il formato tabloid). A volte comunque, i suoi volti hanno il dettaglio inquietante dei primi piani di un Freghieri o di un Bacilieri e altre una certa deformazione riesce perfino a essere funzionale al senso di inquietudine che il genere richiede.
Da anni non leggevo il personaggio, ma è difficile farsi convincere a riavvicinarlo da questo episodio.
Abbiamo parlato di:
Dylan Dog # 317 – L’impostore
Alessandro Billotta, Nicola Mari
Sergio Bonelli Editore – gennaio 2013
brossurato, bianco e nero, pagine 96 – € 2,90
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