Adesso il Pd deve dire se voterà o meno in Aula per autorizzare l’arresto del deputato Silvio Berlusconi. Se vuole governare e fare qualche riforma, ha bisogno di Silvio. Ma non può neppure non votare e salvare l’uomo contro il quale è da 20 anni che combatte per farlo uscire dalla scena politica. Certo, vista l’età andrebbe agli arresti domiciliari, ma questo è secondario. Siamo di nuovo in un cul de sac, con Grillo che saggiamente sta a guardare e con l’ennesima grana per il centrosinistra, con un centrodestra che naviga nel pendolo del maglio giudiziario.
Quanto accaduto impone un paio di riflessioni. La politica ci rende ingovernabili, è un miraggio pensare che il Nord abbia un governo e il centrosud del Paese invece no. In tutto il Paese non esiste un potere solido al punto da garantire la tenuta del sistema. L’unico potere solido, da Nord a Sud, che offre un’immagine di sicurezza alla gente è la magistratura. Almeno sceglie, decide, o sì o no, nel bene o nel male. Ma decide.
La politica? La politica è una sede vacante sul fronte del potere legislativo e di quello esecutivo. Distribuisce il controllo del potere, si preoccupa di scalare le banche o di sputtanare chi ci prova, con i mezzi illeciti che la politica si arroga da sempre, ivi compresi i dossier e i complotti. Di un anno fa l’ultimo caso nazionale, con vittime eccellenti senza un rinvio a giudizio tranne che l’espulsione dal partito nonostante reati mai contestati. Ma è un altro discorso.
La sentenza del Tribunale di Milano ha una valenza storica per il Paese perché dimostra quanto il quadro politico, nonostante le elezioni e le coalizioni, fragili e a volte dannose in termini di consenso territoriale, sia più che mai fluido, in movimento, in transizione profonda.
La partita vera deve ancora iniziare.
Vista com’è la faccenda, c’è chi scommette che il Pd non ha scelta e che voterà per l’arresto. Potrebbe perderci la faccia? E allora, di nuovo al voto? C’è chi dice che il Pd cadrà in piedi, che il voto del ceto medio, cattolico e moderato, che non si fida ancora di Grillo, deluso dal centrino di Monti e dopo aver bussato alla porta del Carroccio sui temi etici senza aver trovato dall’altra parte qualcuno che l’aprisse, potrebbe aggrapparsi allo scoglio del Pd, come una cozza.
L’altro giorno il giornale tedesco Finanzen.net ha pubblicato due pagine contro l’Italia. Non fanno differenza, i tedeschi, tra Nord e Sud. Parlano dell’Italia come di una mina vagante nel sistema euro, per l’ingovernabilità e per l’imprevedibilità degli scenari politici. Scrivono che siamo un peso morto, e che pur essendo la terza economia dell’area euro, senza la benevolenza tedesca, l’Italia sarebbe giù fuori dalla moneta unica. La Germania non sta messa bene, un po’ cerca l’alibi per dire che il male sta fuori casa, ma torto non ne ha e deve far riflettere che ci veda sempre e solo col mandolino in mano. Anche l’idea di una macroregione non è considerata come via di fuga.
La condanna a Berlusconi trasferita in Parlamento è il nodo gordiano da risolvere. E i tempi? Forse neppure quelli contano, prima o poi la copertina corta arriva a scoprire i piedi del voto dietro l’angolo, e a misurare il reale consenso dei partiti, di quelli che si dicono contenti per aver vinto senza poter governare, di quelli che hanno vinto una battaglia, lasciando sul campo tutte le truppe.
Stefania Piazzo