a cura di Marius
Mai e poi mai mi sarei, tuttavia, aspettato di vivere un tracollo dei verde-oro tanto clamoroso da oscurare anche il dramma del 1950.
Il Brasile era dato per favorito dai bookmakers di tutto il pianeta, le considerazioni degli addetti ai lavori si basavano anche sul fattore campo ma in aggiunta alle valutazioni sul tasso tecnico e sulle capacità tattiche della squadra guidata per di più da un commissario tecnico che era stato capace di portare la nazionale brasiliana in cima al mondo dodici anni fa.
Le quattro semifinaliste sono composte da fuoriclasse, da ottimi e da buoni giocatori, professionisti del pallone che hanno militato o militano tuttora in molte delle più forti squadre di club del mondo, ben ventotto calciatori di queste quattro nazioni giocano nelle squadre che sono arrivate in questa ultima stagione almeno ai quarti di finale della competizione per Club più difficile e prestigiosa: la Champions League.
La fa da padrone la Germania con tredici calciatori ma il Brasile è appena dietro con dieci, molto lontane Argentina con quattro e l’Olanda con uno solo.
Il Brasile è stato letteralmente schiacciato dalle aspettative di una nazione e da sessantaquattro anni di incubi per un popolo che vive di calcio. Buoni giocatori travolti dallo stress.
Leo Messi rimane un fuoriclasse ma Diego Armando Maradona resta sull’Olimpo. Purtroppo per lui Higuain e Palacio, evidentemente, non sono stati all’altezza di Valdano e Burruchaga.
Diamogli il beneficio del dubbio, Maradona giocò due finali, una vinta e una persa, il 2018 sarà l’ultima spiaggia per Leo.
E alla fine vincono i più forti, la Germania lo ha dimostrato nel corso del mese e nella serata che contava; i tedeschi lo stanno dimostrando anche in Europa, nelle competizioni di Club.
I progetti e il lavoro di una federazione seria portano ai risultati, con continuità, negli anni.
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