Mentre Berlusconi sta cercando con tutti i mezzi, leciti e meno leciti, di far confluire le truppe dei moderati Udc nelle fila del suo esercito in disfatta che manco Hitler con i sedicenni a guerra persa, fra Bossi e Casini si sta giocando una partita ricca di sinonimi di “vaffa”. Per la verità, nonostante le dichiarazioni di ieri sera dell’Umberto a Sky Tg24, le ostilità le ha aperte proprio lui perché occorre considerare che nel lessico verbale di Bossi la parola “democristiano” è sinonimo di farabutto se non peggio, concetto che ha mirabilmente spiegato così: “Casini è uno stronzo. Casini è come quelli che non potendo avere meriti e qualità insultano gli altri. Casini è quel che rimane dei democristiani, di quei furfanti e farabutti che tradivano il nord”. In precedenza stanco di essere insultato su tutte le prime pagine dei giornali italiani e anche di qualche foglio albanese, Casini aveva risposto al Bicefalo con un semplice “trafficante di banche” che, parliamoci chiaro, è meno offensivo di un perdindirindina detto fuori dai denti. Quel “trafficante di banche” a Bossi non è andato proprio giù anche perché, come tutti sanno, i leghisti stanno all’economia come Rutelli alla politica per cui, essendosi sentito dare del “dilettante” ha risposto con l’unico epiteto di cui sia pienamente padrone: “Stronzo”. Però ieri sera Bossi ha detto un’altra cosa, e cioè che lui per portare a casa il federalismo perseguirà tutte le vie democratiche possibili salvo…salvo che qualcuno non voglia fare il furbo, allora “spetterà ai bergamaschi armarsi di qualcosa d’altro che non sia la pazienza”. Detto con il cuore in mano, ma quanti bergamaschi (di sopra o di sotto non si sa), sarebbero disposti a imbracciare un fucile per il federalismo di Bossi? Quanti varesotti o quanti bresciani o quanti brianzoli? Stentiamo a vederli in camicia verde, armati di moschetto e con il libro di Bossi (scritto da Paragone) in mano, marciare impettiti sotto il sole per raggiungere Roma senza fermarsi nella prima trattoria a far pranzo o senza andare a puttane, preferibilmente nigeriane, sul GRA. I leghisti, quelli che parlano un italiano gutturale essendo abituati al linguaggio delle mucche da quote latte, non sono in fondo cattive persone. Ogni tanto, dalle parti del Brenta mettono in piedi qualche banda, rapinano un po’ di ville e stuprano qualche prostituta di colore dando la colpa ai rumeni, permettono alla mafia di infiltrarsi dalle loro parti senza batter ciglio e una volta scoperti danno la colpa al Sud, mica al loro appetito pantagruelico da danè. Si potrebbe dire che quando non fanno gli spocchiosi e non vogliono picchiare i minatori sardi in sciopero che bloccano l’aeroporto di Olbia, sono perfino simpatici, pensano alla loro fabrichétta e vanno al night a sputtanarsi duemila euro in una serata, ma sono bravi, tali e quali ai loro capi, quelli che si chiamano Calderoli, Borghezio, Gentilini, Maroni, l’insonne ingegner Castelli, l’esangue Cota e l’inguardabile Trota. E ci sono intellettuali che si stanno innamorando di loro, e lo dichiarano, e vanno in tivvù, e occupano poltrone senza merito né titoli, e consigli di amministrazione come piovesse, per la serie: “Roma sarà anche ladrona ma quanto c’attizza”!
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Mentre Berlusconi sta cercando con tutti i mezzi, leciti e meno leciti, di far confluire le truppe dei moderati Udc nelle fila del suo esercito in disfatta che manco Hitler con i sedicenni a guerra persa, fra Bossi e Casini si sta giocando una partita ricca di sinonimi di “vaffa”. Per la verità, nonostante le dichiarazioni di ieri sera dell’Umberto a Sky Tg24, le ostilità le ha aperte proprio lui perché occorre considerare che nel lessico verbale di Bossi la parola “democristiano” è sinonimo di farabutto se non peggio, concetto che ha mirabilmente spiegato così: “Casini è uno stronzo. Casini è come quelli che non potendo avere meriti e qualità insultano gli altri. Casini è quel che rimane dei democristiani, di quei furfanti e farabutti che tradivano il nord”. In precedenza stanco di essere insultato su tutte le prime pagine dei giornali italiani e anche di qualche foglio albanese, Casini aveva risposto al Bicefalo con un semplice “trafficante di banche” che, parliamoci chiaro, è meno offensivo di un perdindirindina detto fuori dai denti. Quel “trafficante di banche” a Bossi non è andato proprio giù anche perché, come tutti sanno, i leghisti stanno all’economia come Rutelli alla politica per cui, essendosi sentito dare del “dilettante” ha risposto con l’unico epiteto di cui sia pienamente padrone: “Stronzo”. Però ieri sera Bossi ha detto un’altra cosa, e cioè che lui per portare a casa il federalismo perseguirà tutte le vie democratiche possibili salvo…salvo che qualcuno non voglia fare il furbo, allora “spetterà ai bergamaschi armarsi di qualcosa d’altro che non sia la pazienza”. Detto con il cuore in mano, ma quanti bergamaschi (di sopra o di sotto non si sa), sarebbero disposti a imbracciare un fucile per il federalismo di Bossi? Quanti varesotti o quanti bresciani o quanti brianzoli? Stentiamo a vederli in camicia verde, armati di moschetto e con il libro di Bossi (scritto da Paragone) in mano, marciare impettiti sotto il sole per raggiungere Roma senza fermarsi nella prima trattoria a far pranzo o senza andare a puttane, preferibilmente nigeriane, sul GRA. I leghisti, quelli che parlano un italiano gutturale essendo abituati al linguaggio delle mucche da quote latte, non sono in fondo cattive persone. Ogni tanto, dalle parti del Brenta mettono in piedi qualche banda, rapinano un po’ di ville e stuprano qualche prostituta di colore dando la colpa ai rumeni, permettono alla mafia di infiltrarsi dalle loro parti senza batter ciglio e una volta scoperti danno la colpa al Sud, mica al loro appetito pantagruelico da danè. Si potrebbe dire che quando non fanno gli spocchiosi e non vogliono picchiare i minatori sardi in sciopero che bloccano l’aeroporto di Olbia, sono perfino simpatici, pensano alla loro fabrichétta e vanno al night a sputtanarsi duemila euro in una serata, ma sono bravi, tali e quali ai loro capi, quelli che si chiamano Calderoli, Borghezio, Gentilini, Maroni, l’insonne ingegner Castelli, l’esangue Cota e l’inguardabile Trota. E ci sono intellettuali che si stanno innamorando di loro, e lo dichiarano, e vanno in tivvù, e occupano poltrone senza merito né titoli, e consigli di amministrazione come piovesse, per la serie: “Roma sarà anche ladrona ma quanto c’attizza”!
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