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E con le primarie di Palermo finì anche per il Pd la seconda repubblica
Creato il 06 marzo 2012 da David Incamicia @FuoriOndaBlogNon me ne vogliano i militanti del Pd, ma la prima reazione che ho avuto alla notizia della sconfitta di Rita Borsellino alle primarie di coalizione (ma esiste ancora quella coalizione?) del centrosinistra palermitano è stata una sonora risata. E non solo per l'eterna sfiga che pare portarsi appresso il segretario di quel partito - che quando candida un proprio esponente le busca dal vendoliano o dal dipietrista di turno e quando invece rinuncia a correre col proprio vessillo per sostenere il vendoliano o il dipietrista di turno le busca lo stesso - ma pure e soprattutto per aver dovuto assistere all'ennesimo episodio di una farsesca usanza tutta ancorata a un periodo politico e sociale ormai superato dall'attualità.Con la bocciatura della tanto famosa quanto insipida Borsellino, e con la conseguente affermazione di uno "sconosciuto" attivissimo sul territorio come Ferrandelli, stavolta non è caduto soltanto il Pd evidentemente allo sbando, incapace di traghettarsi nella terza repubblica e di assumere con coraggio e senza ambiguità la guida della nuova fase postberlusconiana del riformismo montiano. E' successo molto di più.Con quell'esito difficilmente prevedibile è stata rigettata l'idea stessa di un'alleanza divenuta nei fatti priva di senso da quando proprio Berlusconi non è più al potere, rendendo pertanto sbiadita la cosiddetta "foto di Vasto" e necessaria una reale riflessione interna fra i democratici anche a costo di risolvere definitivamente (e dolorosamente) l'equivoco originario di una convivenza impossibile fra la componente più legata alle logiche conservatrici del vecchio Pci/Pds/Ds e l'area lib-dem rappresentata da personalità oggettivamente più avanti come Veltroni e Letta.Che poi il fattaccio, fra spassosi riconteggi e autolesionistiche accuse di brogli assolutamente coerenti con la tradizionale sindrome di Tafazzi di cui è vittima la sinistra nostrana, si sia verificato in quella Sicilia da sempre considerata un decisivo laboratorio in grado di testare i futuri scenari politici nazionali, è una circostanza che semplicemente aggrava le difficoltà dei democratici a leggere gli eventi e i segnali che provengono non tanto dal proprio variopinto elettorato quanto invece dalla società italiana nel suo complesso.Non mi considero un ipocrita e allora non ho difficoltà a sostenere che le primarie di coalizione sono una trovata che ha del ridicolo, una di quelle astruse e bizantine macchinazioni che solo nel nostro Paese possono trovare applicazione.Le primarie, se giustamente istituzionalizzate nell'ambito di una più ampia riforma della decadente democrazia italiana da sempre fondata sul signoraggio di partiti a perdere, sarebbero una cosa seria ed opportuna solo laddove venissero intese come uno strumento di selezione e di ricambio delle classi dirigenti dei singoli soggetti politici e non di sconfinate e contraddittorie ammucchiate messe assieme, in perfetto stile seconda repubblica, solo per raggiungere la vittoria (ma più precisamente, per impedire alla coalizione avversa di raggiungere la vittoria) sacrificando la concreta sostanza che le superiori ragioni di governo presuppongono.Sull'altro e ugualmente superato versante non vi sono meno grattacapi. Pure Berlusconi, intuendo che la base che ha tradizionalmente guardato al suo impegno pubblico è oggi stretta fra le sirene terzopoliste al Sud e l'opa ostile della Lega al Nord, deve misurarsi con la necessità di ridare un senso e una prospettiva nuovi a quel giocattolo personale che è il Pdl. Ma a differenza di Bersani sta dimostrando, seppure per mero calcolo tattico e fedelmente alla sua natura di inaffidabile guascone, maggiore duttilità mentale nello sforzo di cavalcare a proprio vantaggio politico (e personale) l'enorme consenso di cui godono la figura di Mario Monti e l'esecutivo da egli presieduto.Tanto che non commette errore chi sostiene, anche fra i notabili del Pd, che gli strambi sondaggi di questi tempi, quelli che danno sempre in vantaggio i democratici sullo storico avversario delle cinque precedenti tornate elettorali, sono da prendere assolutamente con le molle e da ritenere inattendibili oltre che privi di ogni logica (Occhetto docet). Perché molto presto nulla sarà più come prima, proprio a cominciare dall'offerta politica di cui godranno i cittadini-elettori.La verità, scomoda specialmente per il Partito democratico il quale, a differenza del Pdl, resta comunque un apparato politico vero seppur sbagliato, è che l'esperienza Monti, sponsorizzata da Napolitano e rafforzata ogni giorno che passa dalla crescente fiducia degli italiani, nell'anno che ci separa dalle prossime elezioni non opererà solo nella direzione di risollevare le sorti economiche del sistema Italia ma riuscirà pure a spazzare via per sempre la rissosa, capricciosa e irrazionale parentesi politica dell'ultimo ventennio, costringendo nei fatti i partiti a ripensare la propria funzione e ad adattare le rispettive piattaforme ideali alle mutate istanze della società.Le imminenti amministrative di primavera, dunque, sono destinate a passare alla storia come l'ultimo capitolo di una lunga epoca politico-civile francamente balorda e di cui non andare fieri come Nazione. L'episodio finale di una scadente sceneggiata in cui si compirà in modo risolutivo il paradosso del conflitto forzoso fra due "morti che camminano". Due coalizioni inadeguate alla complessa missione del governare, già dichiarate fallite dalla storia e - quanto consapevolmente non si sa - in attesa di essere liquidate una volta per tutte pure dal mortificato corpo elettorale da tempo ansioso di consumare la propria vendetta.
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