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Durante le scuole elementari mi ero innamorata di un compagnetto di classe, ma oltre a non dirlo a lui, non lo avevo nemmeno detto ad altra anima viva. Amiche in testa.
Il mio amore si nutriva così di pensieri, immaginazione, di parole non dette, ma pensate, …….quello che imparai a definire dopo pippette mentali….
A fine anno scolastico della quinta elementare qualcuna delle mie amichette confidò a tutte che lei aveva perso la testa per un ragazzino della nostra classe. Era il mio amato!!!!
Scoprì in quel frangente che era anche l’amato di ogni sesso femminile della nostra classe, compresa magari anche la maestra. Si confidarono tutte, tranne io. Tutte nutrivano sentimenti nascosti per quel bambino. Io fui l’unica a non dir nulla, tanto pippette mentali erano….pippette mentali continuavano a esser.
Quando arrivai a Lecce, mi resi conto che i miei coetanei di lì, non dico che erano passati ai fatti, ma sicuramente erano più calati nel mondo dei rapporti di coppia.
Arrivata lì riscossi un certo successo. Ero la ragazzina arrivata dal nord (per quanto il nord fosse Roma), che parlava un ottimo italiano privo d’accento, nipote della preside delle scuole medie e figlia della maestra delle elementari.
Pochi immaginavano che ero solo una caduta dall’albero del pero. In realtà mi vedevano come un animale tropicale, piovuta nel loro paese e per questo degno di nota.
Tutto ciò mi causò una certa notorietà e interesse presso i miei coetanei più di quanto in realtà non ne meritassi.
Durante le lezioni di analisi logica o geometria mi venivano passati sottobanco dei foglietti con scritto: Ti vuoi fidanzare con me? E due caselle con il sì e con il no da crociare.
Altri me li ritrovavo al ritorno della ricreazione, tra i fogli dei mie quaderni lasciati sul banco.
Per quanto io al corso di lezioni di coppia insegnato tra i banchi di scuola fossi ancora ferma al livello beginners “pippette mentali” pensai che poi alla fine un po’ di crocette potevo pure arrivarle a mettere.
In quegli anni misi un po’ di crocette, suggellavo così i miei fidanzamenti su carta. Rimasi sempre la ragazzina delle pippette mentali di sempre senza mai montarmi la testa. Con i miei spasimanti oltre ad “un ciao, hai fatto i compiti oggi?” non andavo, in compenso immaginavo lunghi vestiti da sposa, presentazione a miei genitori del mio amore, e grandi festeggiamenti.
Questa gente dopo un po’ si scocciava e indirizzava un altro “ti vuoi fidanzare con me” ad un’altra destinatrice, magari anche senza prendersi la briga di avvisarmi. Ma gira che ti rigira un altro foglietto era pronto anche per me.
Non penso di essermi mai chiesta come nascono i bambini in quegli anni. Del resto arrancavo ancora al livello beginner che proprio non mi andava di impelagarmi in discorsi filosofici.
Ricordo che un giorno un mio compagno disegnò un organo maschile stilizzato sulla lavagna, causando il riso imbarazzato di tutte le mie amiche. Finsi di imbarazzarmi anche io, anche se ignoravo completamente cosa quel disegno rappresentasse.
Poi un giorno la mia migliore amica mi mostrò un libro trovato nella cantina di sua zia. Ci fermammo a casa sua a studiare quelle immagini.
Era un kamasutra degli anni 70. Mi cadde la mandibola di bocca. E mi ci vollero un po’ di giorni per ricongiungerla nuovamente alla mascella.
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