Magazine Diario personale
Diciamolo: in un paese in cui la teppaglia da stadio (e non) effettua bombardamenti a tappeto a suon di razzi e pericolosi petardi, i peggiori cinghiali da stadio (e non) devastano impunemente bar, treni e autogrill, e la criminalità da stadio (e non) si mette addirittura a sparare, insomma un paese in cui la sottofeccia violenta, anziché produrre galeotti, produce al massimo tanti ridicoli Johnny Daspo, venir pagati per fare la spia sui CORI, gli STRISCIONI e i RUMORI dei tifosi è un mestiere abbastanza increscioso, col rischio, sempre dietro l’angolo, di cadere nel ridicolo. Proprio per questo andrebbe svolto con un minimo di equilibrio, competenza, intelligenza, senso del limite. Magari, visto che pur sempre in uno stadio ci si trova, capendo qualcosa del calcio e delle sue dinamiche. Ma siamo in italiA. E così arriviamo all’assurdo di multe salate e curve chiuse per i soliti (ormai noiosi, ma questo è un altro argomento) “bù” del cactus rivolti nel derby a un certo attaccante del Milan. Con arrogante ottusità, la procura federale parla di cori “senza possibilità di equivoco espressione di discriminazione per motivi di razza” (“ai minuti 1,4,18,26,33” – danno pure i numeri, quasi quasi me li gioco al lotto). Senza possibilità di equivoco? Siete voi, l’equivoco. Il campo era PIENO di giocatori con la pelle scura, cui nessuno ha rivolto mezzo fiato. (Così come contro la Lazio a nessuno è passato per la testa di “discriminare” Onazi o Keita, mentre ieri a Bergamo facevano – giustamente – “bù” a quel simpaticone di Mexes, e quindi adesso, per coerenza, qualche Einstein federale dovrebbe parlare di inequivocabile razzismo antibiondo e antifrancese…). Chi capisce qualcosina di calcio SA che i “bù” contro l’attaccante in questione sono dovuti esclusivamente al fatto che egli viene percepito dagli interisti come “traditore”, non solo per esser passato sull’altra sponda cittadina, ma anche per il fatto che quando giocava per l’Inter si rese protagonista del gesto di farsi fotografare con la maglia del Milan, e di quello ancor più riprovevole di gettare a terra la maglia nerazzurra. Sono quindi “bù” totalmente “tifosi” e totalmente calcistici, e ci sarebbero anche se l’attaccante fosse un cosiddetto “bianco” (successe, se non ricordo male, a Maurizio Ganz, e allora nessun fanatico antirazzista osò dire che a Ganz si faceva “bù”, senza possibilità di equivoco, per motivi razziali o territoriali). Il razzismo è una brutta bestia. Ma i piagnistei continui e strumentali, le permalosità untuose, l’ottusità castigatoria, gli spottini paternalistici, la malafede esibizionista e furbetta di certo fanatismo antirazzista rischiano di trasformarsi in boomerang (“bù”-merang?) per la causa che pretenderebbero di difendere.
p.s. il Daspo è un semplice provvedimento di esclusione (teorica) dagli stadi. Come ha intelligentemente fatto notare Mario Sconcer-ti, è come se in presenza di un rapinatore pericoloso e sanguinario ci si limitasse a proibirgli “severamente” l’accesso a banche, farma-cie e supermercati…
p.p.s. ma forse sbaglio argomenti, e le nostre autorità calcistiche sono semplicemente… tifoselle. Ogni volta che mi capita di assistere a una partita casalinga di una certa potente squadra torinese, rimango indignato e stomacato dagli insulti urlati contro chiunque per novanta minuti dalla sua bella tifoseria. Ebbene, quella curva è stata chiusa soltanto una volta, consentendo poi in extremis ai potenti torinesi di fare bella figura riempiendola di angelici bambini. Che hanno passato la partita a insultare il portiere avversario. (Che per fortuna era un cosiddetto “bianco”, altrimenti ci fratturavano la minchia col razzismo infantile…)
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