Magazine Diario personale
Ogni tanto torna. Come a dire - bada che non ti libererai mai veramente di me, io sono sempre là, in agguato, sempre pronto ad aggredirti. Sono la tua maledizione, dice, mentre ti prende per mano dicendoti ora ci facciamo un giretto. Quella cosa informe che soffia sul fuoco del nulla (l'abisso, capito?), e ti costringe a ricollocarti nella mappa della vita. Tutti hanno una loro mappa - un orientamento, dei punti di riferimento. Ecco il dolore è quella strada pericolante che ti costringe a rivedere la mappa. Ed è proprio inciampando - con un incidente, tornando corpo - che te ne accorgi. Forse mettendola al contrario ci vedi più chiaro? Forse eliminando un percorso e seguendone un altro puoi continuare a andare? Si va per trial and errors, ma non è che se ne esca. E la vita sembra questo percorso qui tra la constatazione del dolore e il tentativo di arginarlo; il dolore il sottofondo sinistro che ti accompagna sempre, ma del quale ti sforzi di abbassare il volume. In mezzo succedono cose, tipo le relazioni, un'illuminazione, un lavoro, cose così. Ma il fondo è questo.Le cose non vanno mai come lo vuoi tu. C'è quella cosa che si chiama realtà e che niente, te la tieni. La forza per cambiarla - per mettere un po' di io nel cosa - non nasce a caso. Dopo un po', in effetti, il dolore diventa familiare, e lo si prende in modo progressivamente diverso. Non si può tornare bambini e piangere a dirotto mandando a fanculo la realtà, perché tanto puoi permettertelo perché ci sarà chi si farà, al posto tuo, carico di quella. Non puoi, capito? Ma essere adulti è proprio questo: non poter delegare la realtà. E questo è infinitamente doloroso...Il dolore è sottorappresentato,o frainteso - il messaggio (della realtà) è, ne riparliamo dopo che ti passa. E lei (la realtà) con le gambe accavallate, sorniona, lo mette in chiaro da subito - nessuna concessione al disperato tentativo dei tuoi desideri di farmi coincidere con essi. Nessuna fessura aperta sulla cortina di silenzio che ci separa. L'unica felicità che è concessa al poeta (in senso molto lato) è la poesia: il passaggio dal sentire acuto, pungente, violento, al trasformarlo in un che di dicibile - così quella cosa informe si può toccare! così metti io nella realtà! - dato che lei scorre indifferente, è un modo sempre fallito per afferrarla. Ma davvero dura solo un attimo. Poi c'è la pubblica amministrazione, la scadenza per la presentazione della domanda, la graduatoria, la rendicontazione finale, il centro unico di prenotazione, l'assessorato alla cultura, mediaset, la fiera del mobile, le elezioni, il biglietto d'ingresso, i criteri di valutazione, i minuti gratis per le telefonate, i patti territoriali, i requisiti, l'irpef, il modello unico, il regalo alle maestre, la cassa integrazione, il panettone, la raccolta firme, il traffico, le statistiche sui divorzi, i protocolli d'intesa, gli incassi del giorno, le slot machine, la presentazione del libro, la promozione del prodotto, i venture capital, il call center, la bronchite, la riunione di condominio, i malintesi, la lavatrice, il patrocinio dell'Ente, monte dei paschi di siena, il sistema fognario, ogni tanto qualcuno si ammazza, poi si va avanti. E' la vita. Sì ok ovvio, è che ogni tanto me ne dimentico, e quando me ne ricordo me ne meraviglio come la prima volta che l'ho scoperto: ah, la vita è questa? Non pensavo.Che c'entra l'abisso con tutto questo. E' vero, mi scusino i teorici dell'abgrund. La chiamerei piuttosto vertigine.
[Questa diaristica usurata ha del patetico. E per rendere quest'ultimo ancora più insopportabilmente lacrimevole, questa è l'appendice. Quel momento che devi spegnere tutto, assolutamente tutto, devi abolirti e deve esistere solo lei: la poesia. Quando può farsi spazio lei tutto torna meno soffocante].
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