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E se l'Italia fosse colpita dall' "uragano Totò"?

Creato il 03 settembre 2011 da David Incamicia @FuoriOndaBlog
E se l'Italia fosse colpita dall'
Sul magazine statunitense The Boston Globe, come purtroppo da tempo e a ragione avviene da parte degli osservatori esteri quando si parla delle vicende italiane, si è di recente preso spunto dall'impatto suscitato sulla popolazione locale dall'uragano Irene per compiere un raffronto con la situazione del Belpaese.
Un articolo ha provato infatti a immaginare che un uragano chiamato "Totò" (si poteva scegliere il nome Ruby ma dubitiamo ugualmente che avrebbe scatenato la pronta reazione della Protezione Civile; molto più giusto, vista la reputazione di cui ora godiamo nel mondo, identificarci con un "principe della risata") si avvicini pericolosamente verso Roma, per poi con grandi virate dividersi in due puntando contemporaneamente verso Milano e Napoli. E che a 24 ore dall'impatto il sindaco della Capitale Alemanno si rivolga alle telecamere impartendo solenni ordini mandatori ai romani su quali quartieri e ospedali dovranno essere evacuati in poche ore, mentre il premier Berlusconi reciti a memoria sulle proprie tv il solito spartito che "l'Italia è pronta ad affrontare ogni emergenza".
Bene, la domanda finale che il giornale americano si pone è la seguente: come reagirebbero i cittadini italiani? Se, per esempio, si trovassero di fronte alle opzioni del seguente ipotetico sondaggio:
1) Ascolto ed eseguo disciplinatamente ogni direttiva delle autorità
2) Spengo subito la tv e scappo gridando "si salvi chi può"
3) Cambio canale e impreco perchè non trasmettono più la partita
come risponderebbero?
Al di là dell'oceano nutrono iI forte sospetto (e come non capirli?) che la risposta numero 1 riceverebbe la più bassa percentuale di voti, a conferma dell'assoluta mancanza di fiducia degli italiani nei confronti del proprio ceto politico.
Quando a New York il sindaco Michael Bloomberg è apparso in televisione e si è rivolto alla città a poche ore dall'arrivo di Irene, avendo dietro di sé tutto lo staff addetto alla sicurezza della "Grande Mela", i cittadini hanno ascoltato e seguito le sue indicazioni con la massima attenzione. Ogni comprensibile ansia e paura è stata vinta dalla certezza di potersi affidare a persone competenti e in grado di fronteggiare qualsiasi evenienza. Perché, come spiega la stampa a stelle e strisce, tutti hanno avuto la sensazione di essere guidati da professionisti adatti al compito e non da cialtroni.
Anche quando hanno parlato il presidente Obama e il suo segretario per la sicurezza interna Janet Napolitano, gli americani hanno capito che il governo federale di Washington aveva già approntato per tempo tutti i piani necessari e si sono sentiti confortati. Nessuno dei newyorkesi, pertanto, si è sentito abbandonato alla vigilia di una possibile catastrofe. Tanto che non s'è registrato panico fra la popolazione.
La fine della popolarità della presidenza Bush, che subito dopo l'11 settembre era salita a livelli equiparabili solo a quelli di Roosevelt durante il secondo conflitto mondiale, iniziò non tanto per le difficoltà in Iraq e in Afghanistan quanto invece per l'inadeguatezza dimostrata in occasione dell'uragano Katrina abbattutosi su New Orleans. In quell'occasione non solo gli sfortunanti abitanti della "Big Easy" ma la gran parte degli americani si riscoprirono di colpo insicuri, perché capirono che a Washington c'erano degli incompetenti in posti di grande responsabilitá.
Quando questo accade in una democrazia come gli Stati Uniti, in cui il sistema politico è ancora strutturato in modo che il cittadino possa velocemente correggere le cattive scelte, le persone sbagliate al posto giusto vengono spazzate via attraverso l'urna elettorale. Uno dei motivi della storica vittoria di Barack Obama è proprio questo: la voglia di punire i repubblicani per i loro errori interni più per quelli commessi in politica estera. In base al principio della "Accountability", vale a dire della democrazia responsabile. In parole semplici: se sbagli, paghi.
In Italia, di contro, i cittadini hanno a lungo permesso che una "casta" di politici circondata da schiere di tirapiedi continuasse ad essere rieletta e nominata ad incarichi di grande responsabilità, pur in assenza di particolari meriti e competenze. Per di più, la famigerata legge elettorale "porcata" ha addirittura amplificato il fenomeno, privandoci del tutto della possibilità di scegliere i rappresentanti. E allora nel nostro Parlamento troviamo numerosi pregiudicati, ma pure "imbecilli o sgualdrine qualsiasi imposti dal capo partito in cima alle liste" (tanto per citare una efficace espressione dell'analisi del Boston Globe). Chi viene eletto ad una carica pubblica negli USA non può quindi fregarsene del giudizio di chi lo ha eletto, qui da noi è invece la regola.
Il nostro Paese, senza bisogno che arrivi l' "uragano Totò", deve immediatamente munirsi di un sistema elettorale democratico ma anche riappropriarsi della propria coscienza civile, per imporre ai suoi politici di essere pienamente responsabili nell'esercizio della funzione pubblica. Solo cosí si potrà fare piazza pulita di profittatori e corrotti, selezionando una classe dirigente realmente in grado di guidare l'Italia fuori dalla crisi morale, ancor prima che economica, in cui è sprofondata. Una nazione da sempre tra le più ricche di capitale umano, non può continuare a essere governata dai peggiori. Ed è bene che questo cominciamo a capirlo da soli, non attendendo che ce lo vengano a dire da fuori.

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