Avrete letto della lettera con la quale i cosiddetti Liberal del Partito Democratico chiedono le dimissioni di Stefano Fassina, responsabile economico del partito, il quale sostiene di essere in maggioranza e di essere portavoce delle linee programmatiche adottate dal partito intero:
Le posizioni che Stefano Fassina ha assunto prima, durante e dopo la crisi del governo Berlusconi – si legge nella lettera dell’ufficio di presidenza dei Liberal – sono pienamente legittime in un partito in cui convivono sensibilità e storie diverse. Quello che non è comprensibile è che esse siano espresse dal Responsabile Economico del Pd, ed appaiano in netta dissonanza rispetto alle linee di responsabilità e di rigore assunte giustamente dal Segretario Bersani.
La questione tira in ballo anche Enrico Letta, vice Segretario del partito e che sembra soddisfatto dell’appoggio di Bersani alle misure che prenderà il governo Monti:
I suoi diverbi con Fassina sono arcinoti. «Su welfare e pensioni è innegabile ci siano posizioni diverse che l’urgenza del momento impone di risolvere». Quasi in modo taumaturgico, il vicesegretario Pd immagina il governo Monti levatore di un nuovo Pd più capace di parlare ai ceti medi del nord produttivo. Sul punto specifico, tuttavia, Letta ricorda che «Bersani ha già scelto l’appoggio all’attuale governo», di fatto sconfiggendo «la linea Fassina che chiedeva il voto subito e il niet al governo dei professori».
Secondo voi è il caso di fare un congresso? Io non lo so, perché se il congresso lo facciamo come l’altra volta, tutte queste posizioni – su un tema tanto importante – chiaramente conflittuali stanno dentro un’unica mozione. Nel caso in questione, la mozione Bersani.