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Il nome Ebola evoca qualcosa di sinistro, di grave e di sconosciuto. In questi giorni è in corso l'ennesima epidemia di febbre emorragica Ebola in Uganda. La febbre emorragica Ebola (il cui nome deriva da un fiume della Repubblica Democratica del Congo) vicino al quale si verificò il primo focolaio epidemico nel 1976 (allora il paese si chiamava Zaire) quasi contemporanemente ad un secondo focolaio che si verificò il Sudan meridionale. Quelle prime due epidemie colpirono 318 persone in Zaire (con 280 morti, l'88%) e 284 persone in Sudan (con 151 morti, 53%). La paura che questa malattia incute è derivata dalla sua altissima mortalità (60-70%), dalla mancanza di cure specifiche, dall'assenza di strumenti di prevenzione (tipo vaccini) e dagli inevitabili sospetti sull'uso bellico (o terroristico) che simili virus possono generare.La malattia, molto simile alla Febbre emorragica di Marburg (i cui primi casi si verificarono nel 1967 in Germania e nella ex-Jugoslavia tra i ricercatori che lavorano con materiali genetici di scimmie ugandesi), è determinata da un virus della famiglia dei Filoviridae - perchè i virus assumono spesso una forma filamentosa - (la stessa della febbre di Marburg) in cui si riconoscono 5 sottotipi di cui 4 che colpiscono l'uomo e un quinto (Reston) identificato negli USA che colpisce solo le scimmie.Dal 1976 ad oggi vi sono state epidemie in Repubblica Democratica del Congo (1976, 1995, 2007 e 2009), in Sudan (1976 e 2004), in Gabon (1994,1996 e 2001), in Sudafrica (1996), in Uganda (2000, 2007 e 2011) e in Congo (2002). Tutte le epidemie sino ad oggi - nonostante la gravità della malattia - sono state contenute numericamente (la più grave interessò in Uganda nel 2000-2001, 425 persone, di cui 224 (53%) morirono).Naturalmente il contenimento è derivato anche dal fatto che in quasi tutte le epidemie i medici e le autorità sono stati in grado di circoscrivere il focolaio (la trasmissione avviene per contatto inter-umano) e dal fatto che la trasmissione aeree (quella più pericolosa) è molto bassa.
L'Ebola fa paura è vero. In Africa Ebola ha ucciso molto, ma molto meno, che decine di altre malattie ritenute, da noi, più banali (il morbillo o la malaria, per fare un esempio). Allora è chiaro che la paura assume un altro valore che è quello - da sempre terrore delle autorità sanitarie di mezzo mondo - di una diffusione in aree diverse dell'Africa. Perfino nel cinema questo terrore è stato descritto (tra tutti il film del 1995 Outbreak - in Italia, Virus letale- con Dustin Hoffman, Morgan Freeman e Rene Russo) con grande intensità (nel film il virus si chiamava Motaba).
Il virus Ebola è infatti classificato dal Decreto legislativo 81/08 come "agente biologico di livello 4" - ovvero il massimo per pericolosità in esseri umani (assieme al Vaiolo e alla Febbre di Lassa) e soprattutto come "agente di bioterrorismo di categoria A", ovvero la massima pericolosità possibile dove fattori quali la facilità di diffusione, l'alta letalità e la capacità di scatenare panico ne fanno una possibile arma micidiale.
La paura di una diffusione, casuale o peggio voluta, incombe ancora una volta sull'umanità, e come avviene per tutti gli agenti patogeni di cui non si riesce a scoprire l'origine, il sospetto di una "mutazione non naturale" tormenta l'animo umano.
Per ora - oltre agli sfortunati e per ora fortunatamente pochi africani che contraggono Ebola - la vera strage Ebola la sta facendo, da anni, tra gli Scimpanzè e i Gorilla che sono stati decimati da questa malattia.
Ecco la pagina del CDC (Centers fo Disease Control and Prevention) su Ebola