Personalmente, a distanza di una vita, posso dire che il primo canto del cigno, How to make enemies and irritate people (1994), con un ottimo Mike Dirnt (Green Day) al basso, era una perfetta e degna chiusura, un album pazzesco che si chiudeva con la splendida I wrote Holden Caulfield (forse il vero motivo per cui ho letto Salinger). L'ultimo scioglimento seguiva invece una serie di album (tre) andati sempre in calando e se è vero che il già citato Bark like a dog è un album certamente buono per il genere, Television city dream (1998) segnò il passo del declino tentando di rialzare la testa con il positivo Emo (1999) e crollando definitivamente col bruttino Teen punks in heat (2000) dove, personalmente, salvo la sola I will always do, che però non vale, visto che è una cover degli italianissimi Manges.
Brevissimo riassunto delle puntate precedenti che ci porta per undici anni a spasso tra raccolte, live, bootleg, album solisti di Ben Weasel (così così...), side project più o meno definitivi, fino al 15 marzo scorso... una cosa è certa: per quanto piccola, inutile, sottovalutata e schifosa sia la mandria di fan dei Weasel tra loro sappiamo che nessuno si accontenterebbe di un Eh già per comprare un CD. Nemmeno per scaricarlo illegalmente. E non è poco, visto che da queste parti è rimasta più la passione per lo stile dei Ramones ed il punk rock fatto di due-note-due (ok, anche tre o quattro in realtà) e non una macchina da soldi truccata che, al contrario, non ha mai vissuto in camerino con Ben Weasel e soci.
Il primo approccio è con il retro del CD e la nota negativa, di cui già si sapeva, è la mancanza di Jughead, il quale aveva già fatto sapere di non considerare questi Screeching Weasel la band per la quale lui stesso ha suonato per 15 anni. Figlio di un vecchio accordo con l'amico Ben, John Jughead sapeva che nessuno dei due avrebbe mai usato questo nome in assenza dell'altro. Ben Weasel/Foster in questi anni è però passato in mezzo a decine di diatribe legali tra vecchie etichette discografiche e vecchi amici, tanto che oggi è un po' più solo nonostante la vecchia band sia tornata insieme e conti tra le sue fila Dan Vapid, storico membro del team da sempre tra i più presenti. Si notano anche le presenze di Mr. Frank (MTX) e Joe King (Queers), amici di vecchia data e di tante battaglie. Forse a Ben non serve più Jughead, né la sua chitarra né la sua amicizia, forse non gli serve altro che rivedere la donnola protagonista di un disco. La cosa positiva sul retro del CD, invece, è che si nota è una maglia dei Chicago Bears, una t-shirt con stampato il numero 34 di Walter Payton. Non c'entra un cazzo ma era ora che 'sta gente di Chicago sdoganasse un po' di passione per la palla ovale e per la squadra del paesello.
E l'album? Già, interessa anche questo? Forse sì. Dell'album non se ne sentiva la mancanza anche se devo ammettere che negli ultimi 5 anni non sentivo la mancanza di nulla di ciò che ho ascoltato, visto che tutto sta filando via dentro un mortorio e la musica, anche la più commerciale e spensierata, si appiattisce su X Factor e Amici e toglie ogni senso al gusto delle melodie. Non si sentiva la mancanza di First world manifesto, ma devo ammettere che 11 anni sono serviti a riordinare idee e note e a sfoderare qualcosa di bello, frizzante, coinvolgente, molto vicino al genere più utilizzato dalla band nei suoi anni migliori, quel tiro ramonsiano (pessimo neologismo se vogliamo, ma potrò pure scrivere come pare a me, no?) veloce ed incisivo, un suono che va bene per la primavera, fresco e affamato di vita e spensieratezza, roba che non impegna ma ti fa venir voglia di fare due coretti melodici con alpini castrati e un paio di passi di danza su uno dei tavoloni dell'irish pub qua dietro. Non mi sono impegnato a scoprire cosa ci sia dietro la scelta di rimettere insieme labbanda, forse che Ben abbia visto la luce (come capita, a volte, ai musicisti di Chicago), forse che Ben abbia voluto chiudere un cerchio con un qualcosa che fosse degno di essere ricordato se non dal mondo, almeno da quei fan che non hanno mai avuto intenzione di lasciarlo né si sono stancati di ascoltare storie di donne, di birra, e di ordinaria vita quotidiana. I pochi pezzi impegnati di solito hanno raggiunto ottime vette di qualità nella storia dei Weasel, ma l'idea di essere aggressivi e politicizzati ha sfiorato spesso in modo blando le logiche di Foster, molto più attratto da storie d'amore ironiche e puzzolenti e che anche stavolta se ne esce con 14 tracce spensierate alcune delle quali superiori a buona parte di quei riempitivi infilati in vecchi album.
Alcuni pezzi poi sarebbero meritevoli di ben altre track list, penso così su due piedi a Dry is the desert, Baby talk e Little big man, allo stato attuale una le mie preferite. Poi, ripeto, prima di recensirlo, un album andrebbe studiato, imparato, ascoltato, "letto", compreso e assimilato... io non l'ho fatto, ma questa non è una recensione voi non dovete permettervi di tirarmi per la giacchetta. Forse non è mancanza di passione o di voglia, forse quello che non mi sconvolge, non mi spinge più a leggere tutti i testi cinque minuti dopo che ho comprato l'album o ad avere sempre gli auricolari e l'iPod che fa girare i loro MP3 alla nausea è dovuto alla casualità della vita, ai suoi momenti. Non è noia, non è nemmeno la vecchiaia che incombe. Ci sono periodi che non tornano più, tutti i periodi non tornano più a dire il vero, ed io resto ancorato a quel decennio che furono i '90 come l'ultimo davvero capace di regalarci del rock indipendente e tirato di vero livello. Servirebbe un blog per scrivere la storia di quel decennio attraverso gli album e le band essenziali, rendendo omaggio al più fiorente e ricco periodo punk-hard core in epoca... post-punk.
Che devo dirvi? Di comprare First world manifesto? Se non vi piace il genere o se non avete mai sentito nominare gli Screeching Weasel lasciate perdere, da queste parti raramente si parlerà di roba che va bene per tutti. Ma se non avete la mente chiusa e vi piace considerare una più variegata esplorazione musicale un giorno vi potrei dire cosa ritegno essenziale degli SW.
Nel frattempo, anche se in questo preciso momento, mentre le dita picchiettano su una tastiera troppo vecchia e sporca, mentre dalle cuffie dell'iPhone esce proprio First world manifesto, mentre per un attimo ho rivisto coi miei occhi la mia mano sfogliare i vinili dell'Aaargh! a Modena per scovare un nuovo album degli SW risentendo gli odori di quel posto, respirandone di nuovo la polvere, mentre tutto questo corre così rapidamente nella mia testa, molto più di quanto non facciano le dita sui tasti, continuerò a pensare che a casa mia la musica sembra morta da un pezzo, esistono solo accompagnamenti e nulla che ti faccia battere forte forte il cuore. E continuo a pensare che la storia dei Weasel si è allungata più del dovuto, avrebbero potuto regalare qualche inedito, come quello dei Manges, fermandosi però sul serio, come gruppo, come storia, a quella volta in cui Ben Weasel dichiarò al mondo che non lo avrebbe più rifatto. Quand'era? Ah, già, pochi secondi dopo la fine di I wrote Holden Caulfield...
I loved you for the minute
when you decided to tell me the truth
I heard you and that night I cried for you
I know that you're alone just like everyone else in the world
Don't tell me that things don't get better
'cause sometimes they do
Sometimes they do and I know they will for you
The days are getting shorter
and you're forgetting the things you just said
I'm hoping that you'll move ahead
I wonder if you'll ever come to realize what I always knew
I wrote Holden Caulfield and so did you
I wanna know if you wanna wake up
I wanna know when you'll stop dying
for what you've done
stop crying for what you've done
it's only the past
it's only life
what have you done that's so bad
it's only life so don't waste time
why don't you stop crying
for what's done for what is done
Invece lo ha rifatto... ci starebbe un Ops! I did it again... o un Eh già... Invece siamo salvi, tutto sommato... the weasel's screeching again. Pace.