Il rieletto sindaco di Verona è il nuovo leader naturale della Lega Nord che registra comunque un calo di consensi. Il PdL è pressoché scomparso mentre si evidenzia il boom dell’ “antipolitica” grillina, con buona pace del Quirinale. Si avvera il pronosticato calo dell’affluenza, inferiore al 70% la percentuale dei votanti come ampiamente pronosticato
Il successo personale di Tosi (LN) non è certo quello del partito di Bossi, ma quello di un sindaco che ha saputo abbandonare la nave alla deriva nel momento giusto, concentrandosi (nel bene e nel male) unicamente sul suo lavoro di amministrazione della comunità che dirige. Tosi potrebbe, dai primi dati in possesso, evitare il ballottaggio, assestando un primo durissimo colpo alla leadership bossiana, resa traballante dal Trotagate e dalle vicende relative ai soldi pubblici spesi per ragioni che esulano dalla politica. Nel capoluogo scaligero si sottolinea il buon risultato di Forza Nuova, con il candidato sindaco Luca Castellini che è attestato intorno al 9,5% (ore 16.50), presentando non poche analogie con l’affermazione del movimento “Alba dorata” in Grecia.
Il sistema di potere del centrodestra berlusconiano cade rovinosamente. Non significa certo che sia terminata la stagione della vera “antipolitica”, quella che poggia i propri consensi sulle clientele e sulle simpatie per il leader con la passione per Priapo. Potrebbe tornare alla riscossa nelle prossime politiche, giusto il tempo di contestare un po’ il governo Monti, continuare con la già nota operazione di imenoplastica, e sperare in un esito favorevole delle prossime politiche. Anche in Italia l’elettorato ha sostanzialmente penalizzato i patti e gli accordi che Angelino Alfano sottoscrive quotidianamente nei suoi incontri con Monti.
Quello che i vecchiardi dei palazzi del potere non potranno più limitare, unicamente con la demagogia delle parole pronunciate da alti pulpiti, è il movimento di Beppe Grillo che potrebbe portare ai ballottaggi ben due candidati in due importanti capoluoghi: a genova Putti si attesta intorno al 16%, Pizzarotti a Parma guadagna quasi il 20%. C’è chi ancora continua a chiamarlo qualunquismo, ma si deve riconoscere l’intensità del plebiscito di popolo a favore del gruppo più vicino alle istanze dei cittadini.
Interessante l’analisi della scomparsa di alcune forze, fortemente ridimensionate dall’incapacità dei propri leader di perseguire una condotta univoca, rispetto alle selve che gli apparentamenti politici possono proporre. Aricò strappa un 8% a Palermo, appena tre punti percentuali in più del candidato del M5S.
Fini e Rutelli escono con le ossa rotte dalla tornata elettorale. Non basterà certo il paraculismo casiniano a tenere in sella la strana triade, alla quale sembra ormai precluso qualsiasi futuro.
Il responso delle urne è stato impietoso nei confronti dei partiti tradizionali, colpevoli di malgoverno e mala amministrazione, e di sostenere un governo non riconosciuto dalla collettività. Alla luce di questi risultati non stupirebbero una serie di scelte volte a togliere la spina al governo Monti, per evitare ulteriori crolli di popolarità.