Anna Lombroso per il Simplicissimus
Basta ipocrisie e buonismi. Voglio che quando discendono il sacro fiume ci siano leggi severe per il loro respingimento. Voglio che tornino alle loro villette bifamiliari e ci stiano, visto che non vogliono integrarsi, parlano quei loro dialetti gutturali, hanno comportamenti violenti e trasgressivi. Voglio che se osano oltrepassare il confine padano per seminare il veleno del loro fondamentalismo, se pur nella loro partita contro il resto del mondo: Roma, salvo incamerarsi e spendere arbitrariamente contributi elettorali, Europa, salvo fare lo stesso coi fondi comunitari, Africa, salvo “investire” in Tanzania, tutti gli altri, salvo inalberare il logo mondiale dell’Expo sui manifesti dei loro riti satanici, ecco voglio che li deportiamo sulle loro montagne, condannandoli alla loro caligine meteorologica e intellettuale.
Abbiamo il coraggio di essere razzisti nei confronti di chi rivendica la superiorità della casuale nascita in un luogo che dovrebbe “naturalmente” limitare agli indigeni, privilegi, beni, trattamenti di riguardo immeritati, abbiamo il coraggio di essere xenofobi nei confronti di chi si dichiara estraneo all’appartenenza al consorzio della solidarietà, forestiero nei territori dell’umanità, ostile ai vincoli stretti in nome dell’uguaglianza e dell’amicizia che rende civili, quindi migliori.
Abbiamo il coraggio di esserlo non solo con i loro “ideologi”, che comunque hanno poco lavoro vista l’esiguo manifestarsi del lampo dell’intelligenza, non solo con i loro dirigenti e rappresentanti, con i loro slogan e la loro turpe propaganda, con la provocazione indirizzata, attraversando le geografie dove sono confinati diseredati e disperati, contro i principi stessi della democrazia, contro le loro vergognose alleanze con l’infamia cosmopolita e transnazionale. No, no, abbiamo il coraggio di esserlo con i simpatizzanti che antipatizzano con i lumi e la cittadinanza, e con gli elettori del passato e del futuro, che è ora di distinguere tra aver ragione e avere voti, che è ora di smascherare la leggenda che l’appartenenza a una maggioranza numerica sia condizione sufficiente per rappresentare opinione pubblica e interesse generale, che è ora – e lo è già da un po’ – di rivelare il ridicolo del mito del radicamento territoriale come qualità primaria della testimonianza di bisogni collettivi, che al massimo lo è del corporativismo, della divisione per meglio imperare, della conservazione e della chiusura rispetto all’esigenza di capire e governare complessità, di immaginare altro dell’oggi e dal qui. E che è ora di considerare la democrazia come il contesto pedagogico e persuasivo per il superamento di micragnose istanze personali, per il contrasto dell’indole a approfittarsi della disgrazia altrui per trarne beneficio o semplicemente per sentirsi un gradino più su e difenderlo a ogni vergognoso costo, per l’accettazione delle belle e complicate differenze che animano le nostre vite e agitano la nostra curiosità.
E se per caso voleste una motivazione in più per farlo, è che è ora di isolare chi nega la nostra possibilità di essere felici, esprimendo inclinazioni, modi d’amare, senza essere oggetto di riprovazione, credenze primitive, intolleranza esercitata mediante improbabili sentinelle di un conformismo, quando non superstizione, a un convenzionalismo bigotto, frutti di pregiudizio e assurti a etica pubblica, di vigilantes di una famiglia modellata su modelli consumistici, quando viviamo una guerra contro la saldezza di vincoli solidali e di antichi patti, contro l’ultimo rifugio dove esercitare solidarietà e aiuto, comprensione e assistenza, quando siamo vittime di un attacco ai contesti nei quali si può ancora esprimere somiglianza e unità di intenti, difesa di diritti elementari ma fondamentali, e dignità.
Hanno uno spazio ben consolidato per manifestare il loro abominio: un’ideologia che si rafforza e diventa sistema di governo proprio grazie all’incremento delle differenze, delle disuguaglianze, degli squilibri; l’occupazione della società civile, della cultura, dell’istruzione da parte di una chiesa ormai remota rispetto al suo credo, quanto la classe politica è lontana dalle motivazioni del suo esercizio e dal benessere del popolo, che ha imposto insieme a una morale di parte, una biologia, una scienza e un’antropologia di parte, messasi al servizio dei poteri dominanti e dei suoi format esistenziali: famiglie incluse, sole e difensive, sostitutive dello stato sociale, organizzazioni che escludono chi non si adegua, costumi autorizzati solo a prezzo di conformismo, ubbidienza, ipocrisia; un’ informazione assoggettata che accetta la diversità come fenomeno che fa audience, la disubbidienza se si manifesta come folklore, le minoranze se scelgono il rifugio della capanna dello Zio Tom, della integrazione rinunciataria, o se si convertono in corporazioni, se si adattano alle regole delle lobby, creando altre gerarchie e altre superiorità: parlamentari gay che promuovono leggi ad personam limitate al loro status, donne che anche grazie a un pregiudizio favorevole collaborano a misure punitive della dignità di altre donne, uomini, giovani, vecchi.
Il convegno degli ultras cattolici insieme alla curva sud di Obiettivo Chaire, l’associazione dei volonterosi che sentono la chiamata a offrire aiuto psicologico alle persone “ferite nella propria identità sessuale, in particolare per tendenze di natura omosessuale”, ha ferito invece intelligenza, umanità, civiltà e democrazia, ha oltraggiato tutti noi che pensiamo che nulla e nessuno deve impedire di vivere con libertà e amore i nostri orientamenti sessuali e affettivi, ha offeso i cittadini che sanno che quella è solo una trincea della censura e della repressione e che, se li si lascia fare, la guerra si propaga come un veleno a tutto, contagia ogni contesto. E che sono già avanti, governo e la loro sedicente opposizione, nello smantellare il poco che resta dei principi di una carta spiegazzata e derisa, di una democrazia annientata nel corso di un progetto golpista sovranazionale, di una sovranità beffata ogni giorno con l’espropriazione di diritti e beni comuni. Omosessuali malati o viziosi, oppositori terroristi, immigrati pericolo pubblico, rom ladri e sporchi, clandestini portatori di malattie e pestilenze sociali, donne puttane, vecchi molesti, malati vergognosi: questo è il loro mondo spaventoso, l’incubo che vogliono farci sognare, perché la nostra paura rafforzi la loro potenza. Facciamo come loro, confiniamoli nella loro terra di mezzo, se la meritano.